Guerra preventiva allo stadio

Ricorda molto la “filosofia” della guerra preventiva la via scelta da Consiglio federale e Parlamento per combattere il fenomeno della violenza negli stadi. La legge anti-hooligan che sarà definitivamente approvata al termine della sessione primaverile delle Camere è infatti un insieme di misure repressive, liberticide e inefficaci. Ma non solo: come già recentemente capitato con la revisione della Legge sull’asilo, i nostri rappresentanti a Berna non si sono fatti scrupoli nell’adottare norme contrarie alla Costituzione. Inutile si è rivelato martedì durante il dibattito in Consiglio degli stati il tentativo dell’ex giudice federale (radicale) Thomas Pfisterer di riportare i colleghi alla ragione: la legge elaborata dal dipartimento di Christoph Blocher e già approvata in dicembre dal Nazionale è stata confermata in pieno. L’unica correzione è stata quella di limitare la validità delle norme più controverse, che resteranno in vigore solo fino alla fine del 2009, in modo che nel frattempo si chiariscano i “problemi” di costituzionalità, candidamente ammessi anche dallo stesso ministro di giustizia e polizia. Per Blocher si tratta però di «una via pragmatica che garantisce equilibrio tra le esigenze di sicurezza [soprattutto in vista dei campionati europei di calcio che si terranno in Svizzera e Austria nel 2008, ndr] ed eventuali violazioni della Carta costituzionale». Per rendersi conto dell’inammissibilità delle misure basta sottolineare che esse sono state inserite nella Legge federale per la salvaguardia interna. Una legge che dà alla Confederazione il potere di adottare misure preventive «per rilevare o combattere tempestivamente i pericoli dovuti alle attività terroristiche, di spionaggio, di estremismo violento» e, con l’adozione delle norme anti-hooligan, «di violenza in occasione di manifestazioni sportive». L’accostamento delle fattispecie già dimostra la pericolosità della decisione che la lettura delle singole norme conferma. In sostanza esse non vanno a colpire gli autori di atti di violenza ma coloro che potrebbero commetterli: basterà la semplice presenza di un sospetto o di qualche indizio per pronunciare misure privative della libertà personale o per schedare un individuo in una banca dati consultabile dalle polizie cantonali, dall’Osservatorio svizzero dell’hooliganismo, dalle autorità doganali e dalle società sportive. Di fatto la legge crea le condizioni per consentire alla polizia, attraverso un atto amministrativo di pronunciare una sanzione che nessun giudice penale potrebbe decidere per mancanza di prove. La misura più lieve, applicabile già ai bambini a partire da dodici anni, consiste nel vietare fino a un anno la penetrazione in una determinata area in prossimità di una manifestazione sportiva a «chiunque abbia preso parte ad atti di violenza» in questo ambito. Ad una persona che dovesse venir meno al rispetto di una tale imposizione o che ha un comportamento tale da «far pensare» che prenderà parte ad atti di violenza in occasione di una manifestazione sportiva all’estero potrà invece essere impedito di lasciare la Svizzera. In caso di mancato rispetto di questo divieto o se «fatti concreti recenti lasciano supporre che altre misure non servirebbero a dissuadere» il soggetto dal commettere violenze, l’autorità potrà ordinare l’obbligo di presentarsi in polizia in concomitanza di ogni evento sportivo. La misura più drastica e più scandalosa prevista (applicabile già ai ragazzini di quindici anni) è quella del fermo preventivo fino a ventiquattro ore, che potrà essere pronunciato contro una persona se «elementi concreti e recenti indicano che prenderà parte ad atti di violenza gravi contro persone o cose in occasione di una manifestazione sportiva». A tutto questo si aggiunge il diritto di polizia e autorità doganali di sequestrare «qualsiasi tipo di materiale propagandistico» il cui contenuto incita in maniera «concreta e seria» all’uso della violenza. Si tratta insomma di disposizioni che spalancano le porte a decisioni arbitrarie, che inevitabilmente produrranno a loro volta un diffuso senso di ingiustizia e, inevitabilmente, reazioni violente.

Pubblicato il

10.03.2006 02:00
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