Eurovisioni

Da Bruxelles sono arrivati dei professionisti altamente preparati: il commissario europeo Johannes Hahn vuole portare a conclusione senza indugi i negoziati per un Accordo istituzionale con la Svizzera. Da Berna è arrivato invece Ignazio Cassis con il suo entourage: lui ha meno fretta, è chiamato solo a difendere la “linea rossa” tracciata dal Consiglio federale nel mandato negoziale, che tra l’altro comprende la questione della protezione dei salari in Svizzera. L’incontro si tiene a Zurigo, nel lussuoso Hotel Savoy, sulla centralissima Paradeplatz. Era il 23 novembre 2018. Oggi, grazie a una ricerca della Nzz am Sonntag (del 26 giugno), giunge conferma della resa dei conti consumatasi in quell’occasione. Una storia talmente penosa, che la maggioranza dei media la sottace.


Hahn detta il ritmo sin dall’inizio: oggi deve essere raggiunto un accordo, altrimenti l’Ue romperà i negoziati. E si deve fare in fretta, perché il suo volo di rientro a Bruxelles è già nel pomeriggio. Passo dopo passo, Hahn e Cassis discutono dunque delle divergenze esistenti sul progetto di trattato. Durante la pausa pranzo, i professionisti di Bruxelles redigono una versione finale che poi sottopongono agli svizzeri, colti di sorpresa. Un gioco da ragazzi per i negoziatori europei: Cassis cede! Il ministro degli esteri non ha la certezza che il Consiglio federale approvi quel testo ma glielo sottoporrà. Fine delle trattative, strette di mano e via: Hahn prende l’aereo di ritorno come programmato e informa l’Europa che l’intesa con la Svizzera è stata trovata.


Semplicemente imbarazzante per Ignazio Cassis, che ha negoziato come un apprendista. Se un segretario sindacale si lasciasse prendere in giro in questo modo da un padrone perderebbe l’incarico. Successivamente in Consiglio federale voteranno tutti contro il documento che i professionisti di Bruxelles hanno redatto in modo unilaterale durante la pausa pranzo, ma ci vorranno oltre due anni perché il governo, sulla base di quel medesimo testo, interrompa le trattative.


I giochi di potere di Johannes Hahn non sono una novità. Lui è infatti un esponente dello zoccolo duro dei fondamentalisti europei per i quali le libertà del mercato rappresentano il valore supremo. Per costoro lo smantellamento del sistema elvetico di protezione dei salari era già da tempo un obiettivo. Una ricerca di Unia ha dimostrato già anni fa la rete di cui disponevano questi fondamentalisti in Austria e Germania, in particolare attraverso un padronato sempre pronto a sparare contro le misure anti-dumping della Svizzera. Questione affrontata più volte da queste colonne. «Teorie complottistiche», affermava un “Euroturbo” elvetico. Il racconto dei fatti dell’Hotel Savoy dimostra ora come la politica dipenda molto dalle persone.

Pubblicato il 

26.08.21

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