I M5S crolla e il PD stupidamente esulta

E anche la Sardegna, i Caraibi d’Europa, è persa. Lo striptease italiano continua a ritmo frenetico, via il Friuli, Trento e Bolzano, l’Abruzzo, il Molise, anche l’isola più bella ha lasciato il centrosinistra per gettarsi, o ritornare dopo una pausa democratica, tra le braccia delle destre. L’artefice dell’incubo italiano ha nome e cognome: Matteo Salvini, una specie di cannone spara-odio che sta trasformando un paese ospitale, una volta si sarebbe detto catto-comunista, in una giungla dove vige la legge del più prepotente. Eppure, dopo il 6 a 0 elettorale nel Pd tira un’aria soddisfatta perché quello che ritengono il nemico principale è crollato nelle urne sarde, più ancora che in Molise, o a Bolzano: i 5 Stelle sono riusciti a far evaporare in meno di un anno i tre quarti dei loro voti, 300mila sui 400mila raccolti nell’isola alle politiche, dal 42,5% a meno del 10%, da primo a quarto partito dopo il Pd, la Lega e il Partito sardo d’azione alleato alla destra salviniana. Senza pudore si dice in casa Pd che è meglio la vittoria dei razzisti e fascisti che non dei grillini. L’altro penoso motivo di soddisfazione tra gli eredi di Renzi è che il loro partito è il primo in Sardegna con poco più del 13%, quasi la metà sulle ultime regionali e un terzo nell’arco di meno di 10 anni. I voti del M5S non sono tornati al Pd ma hanno preso la via della destra, o del mare, dato che ha votato la metà degli iscritti alle liste elettorali. Se la lista di centrosinistra ha raggiunto il 33%, contro il 47 delle destre unite, lo si deve all’effetto Zedda, bravo sindaco di Cagliari di provenienza Sel che ha messo insieme tutta la sinistra con la sola eccezione di Rifondazione che ha voluto sfidare le urne raccogliendo uno 0,6% che dovrebbe far riflettere.


Dal 4 marzo scorso i figliocci di Grillo hanno dilapidato un patrimonio trasformandosi in portatori d’acqua per la Lega, pur avendo Di Maio il doppio dei parlamentari di Salvini che è stato bravissimo a silenziare il dramma economico (l’Italia è in recessione), occupazionale e sociale inventandosi un nemico: lo straniero, il migrante, il nero, il rom. Il messaggio sta passando. Inseguire i razzisti non ha favorito il M5S, la fotocopia, bensì l’originale, la Lega. E ora Di Maio tenta di rinviare la resa dei conti interna con una mossa del cavallo, trasformando il movimento in un partito, con tanto di comitato centrale e una pratica ancor più stalinista verso il crescente dissenso. Un dissenso che però arriva anche dal padre nobile Grillo e dal fratello nobile Casaleggio. Chiamare democrazia diretta un imbroglio online non ha pagato. Se la lista di Salvini in Sardegna non ha raggiunto il 12% è perché la coalizione di destra ha rivitalizzato anche i morti (Berlusconi vicino al 9%), i sardisti e i fascisti targati Meloni. Ma il leader razzista giura che a Roma non cambierà alleanza, un portatore d’acqua fa comodo e dalle vasche di Di Maio ha ancora tanto da pescare e da portare a destra. Si aprirà un periodo di ulteriori conflitti nel governo, sul Tav, sulla flat tax stile Putin che penalizzerebbe operai e pensionati, sulla sciagurata autonomia che la Lega vuole concedere alle regioni più ricche con effetti devastanti sulla sanità, cioè sulla salute dei cittadini meridionali. Ma fino alle europee il “contratto” Lega-M5S probabilmente reggerà, in parallelo all’alleanza di natura opposta di Salvini con le altre destre che sta governando gran parte delle regioni. Reggerà, come ha dimostrato il salvataggio di Salvini dal processo per sequestro di migranti operato da Di Maio e condiviso online dal 60% dal popolo eletto da Casaleggio.

 

La Cgil di Landini unica diga
L’assenza di un’alternativa di sinistra regala il rancore sociale degli esclusi al populismo di destra e l’odio è una malattia contagiosa: il maestro di Foligno insulta il bambino con la pelle nera e lo offre al pubblico ludibrio dei bimbi bianchi che per fortuna non ci stanno e denunciano la discriminazione; la famiglia lombarda che accoglie un migrante è insultata e minacciata dai vicini sovranisti, il consigliere di Amelia alla cantante Emma che chiedeva di aprire i porti urla di aprire invece le sue cosce, magari a pagamento. I casi di esclusione, dalla scuola o magari dalla mensa, dei bambini immigrati, fioccano, la tenuta democratica vacilla.
Nel Pd domenica prossima si deciderà il nome del segretario. In pole position c’è il presidente del Lazio, Zingaretti, un buon amministratore che per vincere è disposto ad alleanze spregiudicate; dietro il fratello di Montalbano battono i piedi gli orfani di Renzi. Il quale sembra Berlusconi per come affronta i guai giudiziari della sua famiglia, non grida al complotto ma usa sinonimi. Contestualmente, va verso il ko il tentativo del sindaco di Napoli De Magistris di mettere insieme per le europee la galassia politica e sociale che si muove a sinistra del Pd. Non resta che sperare nella tenuta della diga rappresentata dalla nuova Cgil guidata da Maurizio Landini.

Pubblicato il

26.02.2019 19:11
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