I danni della revisione della Legge disoccupazione

Ogni anno in Svizzera circa 30.000 persone senza lavoro esauriscono il diritto alle indennità di disoccupazione. Nei cinque anni successivi alla fine di tale diritto, la maggioranza di queste persone, cioè 7 su 10, ritrova comunque un lavoro. Anzi, quasi 5 sono già occupate nei primi dodici mesi. Delle restanti 3, solo una è ancora disoccupata dopo cinque anni, mentre le altre due si sono ritirate dal mercato del lavoro. A dirlo è uno studio dell’Ufficio federale di statistica (Ust) che aggiorna la precedente analisi su questo tema effettuata nel 2009 e conferma a grandi linee le tendenze osservate dall’inizio degli anni 2000, incluse le ripercussioni sui salari e sui redditi.

 

Le cifre vanno viste anzitutto nel quadro dell’evoluzione della disoccupazione. In Svizzera – dove la statistica considera i disoccupati registrati presso gli Uffici regionali di collocamento e conteggia separatamente quelli che hanno perso il diritto all’indennità – tra il 2000 e il 2013 il tasso di disoccupazione è passato dall’1,8% al 3,4%. Un andamento analogo a quello registrato nell’Ue (dal 9,3% al 10,7%). Tuttavia, in Svizzera c’è stato un calo tra il 2006 e il 2008; ma il tasso è poi risalito in seguito alla crisi finanziaria mondiale.


La stessa oscillazione si ripete riguardo al numero delle persone che hanno esaurito il diritto alle indennità di disoccupazione. Se nel 2001 queste persone erano 13.226, nel 2005 sono già 38.048; e dopo una discesa a 19.912 nel 2008, si tocca il massimo nel 2011 con 46.216. Due anni dopo, nel 2013, il loro numero è ancora elevato: 34.679. Tali variazioni sono dovute non soltanto all’andamento della congiuntura, ma anche alla revisione della Ladi (legge sull’assicurazione contro la disoccupazione) del 2003, che ha ridotto il numero delle indennità giornaliere per i disoccupati.


Tutto questo vuol dire che la condizione delle persone arrivate alla fine del diritto alle indennità senza aver trovato un lavoro è notevolmente peggiorata. Intanto, chi sono queste persone? Osservando la suddivisione sociodemografica, certi gruppi di popolazione vi appaiono più numerosi di altri: la categoria dai 45 ai 64 anni d’età ne rappresenta il 44%; i più giovani (dai 15 ai 29 anni) ne costituiscono invece soltanto il 19%. Rispetto al livello d’istruzione, il gruppo più rappresentato (52%) è quello con una scolarizzazione di grado secondario II (formazione professionale elementare, scuola di formazione generale, apprendistato, scuola professionale a tempo pieno, maturità). Le donne sono il 48%. Le persone sole (19%) e le coppie con uno o più figli (42%) sono le situazioni familiari più colpite rispetto ad altre. Infine, quasi uno su due (45%) non ha la cittadinanza svizzera.

 

Quale reinserimento?

Ma chi riesce a trovare nuovamente un lavoro? Secondo lo studio dell’Ust, è tornato nella condizione di occupato il 61% di coloro che avevano perso il diritto all’indennità tra il 2009 e il 2013. Ciò significa che quasi il 40% di quelle persone fanno molta fatica a reinserirsi nel mercato del lavoro. Di queste ultime, solo la metà si possono ritenere persone attive ma senza lavoro, mentre l’altra metà sono ormai da considerare non attive che hanno abbandonato il mercato del lavoro. E data l’alta percentuale sia dei 45-64enni sia degli stranieri e delle persone con bassa qualificazione professionale, se ne deduce che sono proprio questi gruppi a trovare maggiore difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro. Per contro, le minori difficoltà di reintegrazione le trovano i più giovani e i meglio qualificati.


Per queste valutazioni, lo studio dell’Ust si è basato su dati derivati dalle informazioni fornite da 1260 partecipanti alla rilevazione annuale sulle forze di lavoro in Svizzera (Rifos) ed aventi esaurito il diritto all’indennità tra il 2009 e il 2013.


La conclusione è che una lunga fase di mancanza di un’attività lavorativa lascia delle tracce nella vita delle persone che ne sono colpite. In altre parole, la loro reintegrazione nel mercato del lavoro diventa tanto più difficile quanto più si prolunga la loro emarginazione. Come detto, circa la metà di coloro che hanno esaurito il diritto all’indennità ritrova un lavoro entro un anno. Ma che tipo di lavoro ed a quali condizioni?
Intanto, la percentuale di chi, in questo gruppo di persone, si mette per conto proprio (14%) è più alta della proporzione (13%) dei lavoratori indipendenti rispetto alla popolazione attiva. Le forme di lavoro flessibile (interim, lavoro su chiamata) vi sono più estese che nel resto della popolazione attiva. E mentre a beneficiare di un contratto a tempo indeterminato è l’86% delle persone che hanno ripreso a lavorare dopo aver esaurito il diritto alle indennità, nel resto della popolazione salariata tale percentuale è del 92%. Le proporzioni dei lavoratori su chiamata sono rispettivamente del 12% e del 5% e quelle delle persone collocate e pagate da un’agenzia sono del 5% e dell’1%.

 

Più flessibilità, meno salario

Queste forme di lavoro atipiche possono tuttavia essere, a volte, una soluzione adeguata per reinserirsi nel mercato del lavoro. In effetti, la lunga mancanza di attività lavorativa è sovente anche la causa di perdita di know-how, cioè delle proprie capacità o competenze precedentemente maturate. E questo si ripercuote inevitabilmente sulla busta paga. Mentre il salario lordo mediano in Svizzera si è situato l’anno scorso in media sui 36,20 franchi all’ora, esso scende a 27,50 franchi nel caso delle persone che hanno ripreso a lavorare dopo aver esaurito il diritto alle indennità, con una differenza, come si vede, di 8,70 franchi. Il fatto che tra di esse vi siano sovrarappresentati determinati gruppi, come le donne e chi ha una formazione bassa, non basta a spiegare questo scarto salariale medio.


Tale differenza, in effetti, si riscontra indipendentemente dalla suddivisione sociodemografica considerata, poiché appare particolarmente marcata nelle posizioni professionali superiori. La si ritrova quindi più elevata tra i cittadini svizzeri e tra gli uomini. Rispetto all’età, la differenza è maggiore (11,30 franchi) tra chi ha più di 45 anni, si riduce (10,50 franchi) fra i 30-44enni ed è minima (2,80 franchi) per i giovani di 15-29 anni. A risentirne sono ovviamente i redditi. Solo un terzo (35%) di queste persone versa contributi alla previdenza professionale (3° pilastro), mentre lo fa il 61% della popolazione attiva occupata; quasi la metà (45%) riceve il sussidio sui premi dell’assicurazione malattia, contro il 24% della popolazione attiva nel suo insieme; e il 14% riceve un sussidio per l’affitto di casa o l’aiuto sociale, contro il 2%.

Pubblicato il

23.11.2014 20:19
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