I rapporti con partner privati intaccano la credibilità del CICR

La conclusione di partenariati con imprese e istituzioni controverse, la presenza del suo presidente nel Consiglio di fondazione del World Economic Forum, oppure il finanziamento delle attività tramite delle “obbligazioni umanitarie”: la direzione presa dal Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) sotto la presidenza di Peter Maurer interroga. Per alcuni osservatori l’indipendenza e la neutralità della più prestigiosa istituzione umanitaria internazionale è messa a rischio. Così come la sicurezza dei delegati sul terreno.

 

Lagos, Nigeria, ottobre 2016.Durante una visita dopo il rilascio delle studentesse rapite da Boko Haram, Peter Maurer firma un accordo di partenariato con la società Lafarge Africa Plc. Tra gli argomenti menzionati si legge: «Rafforzare la posizione di Lafarge sul mercato del cemento nel nord-est della Nigeria». Una ragione, quest’ultima, che come riportato da Le Temps, ha provocato un’aspra discussione all’interno del Cicr al punto che, pochi giorni dopo, l’intesa è stata bloccata. Un anno più tardi, a seguito dello scandalo legato al denaro versato dal gruppo cementifero allo Stato islamico, sarà l’intero partenariato con Lafarge-Holcim a essere sospeso dall’organizzazione basata a Ginevra. Ma il danno d’immagine per il Cicr, oltretutto impegnato nel conflitto in Siria, era già fatto. La multinazionale franco-svizzera apparteneva al Corporate Support Group, un’istanza che raggruppa una dozzina tra aziende e fondazioni private che s’impegnano a donare all’istituzione tre milioni di franchi per un periodo di sei anni. Di questo gruppo fa parte “la crema” del capitalismo svizzero: Abb, Credit Suisse, Novartis, Roche, Zurich, Vontobel, Swiss Re, Lombard Odier, Adecco nonché Avina, la Fondazione di Stephan Schmidheiny, l’ex patron della Eternit ben noto ai lettori di area. Lafarge-Holcim, il cui principale azionista è Thomas Schmidheiny, fratello di Stephan, come detto è stata invece esclusa dalla congrega. Alcune persone legate a queste società fanno, o hanno fatto, parte dell’Assemblea del Cicr, l’organo supremo dell’istituzione: Rolf Soiron, presidente per vent’anni di Holcim; Christoph Franz, membro del Cda di Zurich e di Roche; Hugo Bänziger, fino ad ottobre uno degli associati della banca Lombard Odier, lo stesso istituto di cui fa parte Thierry Lombard, altro membro dell’Assemblea. La banca privata ginevrina, attualmente sotto inchiesta da parte del Ministero pubblico della Confederazione per una vicenda legata ai fondi della figlia del defunto dittatore uzbeko Islom Karimov, afferma «d’intrattenere delle relazioni privilegiate con il Cicr sin dalla sua creazione». Proprio in partenariato con la Lombard Odier, l’organizzazione ha lanciato di recente delle “obbligazioni ad impatto umanitario” che promettono degli interessi fino al 7% ai privati che intendono investire in alcuni progetti sociali in Africa. È opportuno, per il Cicr, avere dei partenariati con delle imprese i cui rappresentanti sono membri del Consiglio dell’Assemblea? La questione è delicata, il conflitto d’interessi così come il danno reputazionale sono dietro l’angolo. «Nessuno mette in discussione la necessità di lavorare con il settore privato soprattutto se controllati correttamente» ci spiega David Forsythe, professore emerito dell’Università del Nebraska e autore di diverse pubblicazioni sull’organizazzione. Per l’esperto i dubbi possono però sorgere «quando la cooperazione con un’impresa ha come obiettivo quello di permettere a quest’ultima di fare business in contesti fragili; non è compito del Cicr farsi promotore del profitto».

 

Il doppio ruolo del presidente
Vi è un altro punto che ha suscitato grande dibattito, tanto all’interno che all’esterno dell’istituzione: la presenza di Peter Maurer, dal 2014, nel Consiglio di fondazione del World Economic Forum (Wef). Questa organizzazione, che realizza il tradizionale incontro di Davos, accoglie industrie di ogni tipo (comprese quelle degli armamenti) ed è un simbolo della globalizzazione neoliberale. Ma il cuore della diatriba non è di natura ideologica, bensì pratica.


Quando durante un discorso al Wef di Dubai, Peter Maurer ha ringraziato gli Emirati Arabi Uniti «per il loro sostegno al Cicr nel mondo e soprattutto in Yemen» in molti hanno temuto possibili rappresaglie sul terreno. Gli Emirati, legittimati dal Wef al punto che a Dubai organizza un Forum annuale, hanno un ruolo attivo nel conflitto yemenita dove contribuiscono ad aggravare la catastrofe umanitaria. D’altra parte, il Cicr è il solo attore in grado di dialogare con tutte le parti in causa. Per molti il fatto che il presidente del Cicr è formalmente associato al Wef pone dei rischi ai delegati attivi sul terreno. In Yemen, ma non solo. Prendiamo la Siria: nel momento in cui dei delegati del Cicr – presieduto da Peter Maurer – dialogano con i gruppi jihadisti, ecco che il Wef – nel cui organo supremo siede Peter Maurer – pubblica un documento intitolato «Tre modi per sconfiggere lo Stato islamico». Il problema è evidente, al di là del giudizio negativo che ognuno di noi può avere sull’Isis. «Vi è un conflitto d’interesse tra la natura politica del Wef e il diritto umanitario e la strategia d’azione del Cicr» afferma il professor Forsythe. Per l’esperto, Peter Maurer dovrebbe rimanere distaccato da questi giudizi politici: «Se degli attori locali, come delle milizie di estrema sinistra, venissero a sapere di questo doppio mandato del presidente, ciò potrebbe diventare un problema serio! Inoltre, se alcuni paesi come la Russia cercano una scusa per non cooperare con il Cicr potranno utilizzare il ruolo di Maurer nel Wef dato che quest’ultimo ha approvato alcune sanzioni contro delle personalità russe». Un’opinione condivisa anche da un altro professore americano, Daniel Warner, dal 1972 basato a Ginevra e grande conoscitore di politica umanitaria. In un suo recente scritto sul suo blog, Warner scrive che «l’appartenenza di Peter Maurer al Consiglio di fondazione del Wef mette in discussione il mandato umanitario del Cicr e l’essenziale separazione dell’attività umanitaria da quella economica e politica».

 

Un dibattito sordo
Il Cicr vive una crisi etica, come titolava Le Monde lo scorso mese di dicembre? Oppure intrattiene legami pericolosi con il settore privato, come invece scriveva Le Temps in primavera? Quello che è certo è che negli ultimi mesi in molti si sono interrogati sulla direzione presa dalla più prestigiosa delle organizzazioni internazionali. Dietro a questa mobilitazione vi è un uomo, Thierry Germond, un delegato in pensione con alle spalle 35 anni di lavoro in giro per il mondo. Lo incontriamo in una terrazza a Lugano, dove è in visita privata. Ci spiega come, dopo aver letto un’intervista in cui Peter Maurer afferma di avere incontrato alcuni clienti di una banca svizzera per consigliarli sul tipo di mercato di questo o quel paese, ha deciso di reagire: «L’azione del Cicr non è più concepita nella prospettiva di proteggere le vittime della guerra ma piuttosto come uno strumento che permette di favorire l’apertura di nuovi mercati all’economia, soprattutto quella svizzera». Nel 2015, Germond scrive direttamente a Maurer, criticando la sua presenza nella più alta istanza del Wef.


L’azione di Germond non è rimasta isolata. Nel dicembre 2017 un gruppo di 25 ex alti dirigenti scrive una lettera intitolata «L’indipendenza e la neutralità del Cicr sono in pericolo». L’ex capadelegazione Marguerite Contat è tra queste persone: «In passato il Cicr ha sempre ricevuto dei finanziamenti privati – spiega ad area – ma oggi siamo andati oltre la semplice filantropia, con una politica del dare-dare (win-win) che mette in pericolo l’indipendenza, la neutralità e la credibilità dell’organizzazione». L’obiettivo del “gruppo dei 25” era di aprire un dialogo, in particolare sull’appartenenza di Peter Maurer al Consiglio di fondazione del Wef. Ma per Marguerite Contat questo scopo è stato mancato: «Dopo un primo incontro con la Vice-presidente, una seconda riunione era stata programmata per affrontare il tema. Nel frattempo, però, l’Assemblea del Cicr aveva già preso la decisione di autorizzare il suo presidente a rinnovare il suo mandato in seno al Wef. Una decisione, quest’ultima, che non è stata oggetto di nessuna comunicazione interna o esterna e che, di fatto, rendeva vana la seconda riunione fissata». Agli articoli citati segue l’interpellanza in Parlamento della consigliera nazionale Lisa Mazzone. Nella sua risposta arrivata lo scorso 13 febbraio, il Consiglio federale scrive di essere convinto che «il Cicr non violi il proprio mandato». Una risposta attesa da Marguerite Contat che si rattrista «dell’assenza di un vero dibattito pubblico e della quasi indifferenza politica verso questa evoluzione preoccupante».
Intanto, al Wef di Davos Peter Maurer ha dato la prima risposta pubblica sul suo doppio ruolo: «Sono convinto che i partenariati con l’economia, con altri attori del sistema umanitario, siano importanti. Il Cicr ha preso le precauzioni necessarie per gestirli in modo responsabile». Poco prima aveva lanciato, in qualità di presidente del Cicr e di membro del Wef, l’Humanitarian Investing Initiative, un’iniziativa che riunisce i principali attori umanitari e dello sviluppo, nonché rappresentanti della comunità degli investitori e delle imprese.

Pubblicato il

26.02.2019 20:04
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