Il Crédit Suisse: "noi gli utili non li sposteremo"

Nelle ultime settimane area si è occupata a più riprese degli oggetti in votazione l’8 maggio, in particolare dell’iniziativa popolare “I soldi ci sono” del Movimento per il socialismo (Mps). Lo ha fatto proponendo una serie di approfondimenti sia sulla proposta stessa dell’Mps, sia sulle questioni di fondo che essa solleva in materia di politica fiscale ed economica: dall’esempio del canton Zurigo (che smentisce la tesi secondo cui un fisco esoso fa fuggire le imprese) a un Gerhard Schröder arrabbiato con aziende che licenziano malgrado gli stimoli fiscali di cui hanno goduto, dalle forze e dai soldi in gioco nella campagna per il voto in Ticino all’impatto trascurabile degli aumenti di imposte prospettati sulle piccole e medie imprese del Cantone. In questo dossier ci soffermiamo invece su due tesi sostenute con particolare vigore dai contrari all’iniziativa “I soldi ci sono”: che in caso di sì milioni di utili di banche e grosse società lasceranno in un batter d’occhio il Ticino; e che il gettito delle persone giuridiche è cresciuto in questi ultimi anni proprio grazie agli sgravi fiscali. Due tesi fallaci. Vediamo perché. Prima “i soldi non c’erano”, ora invece “ci sono ma hanno gambe e si spostano da un cantone all’altro nel lasso di un nanosecondo”. Si può riassumere così la deriva semantica (e strategica) di queste ultime settimane del fronte contrario all’iniziativa “I soldi ci sono” del del Movimento per il socialismo (Mps). Mps che, come è ormai risaputo, vuole aumentare la pressione fiscale sulle persone giuridiche. Ma ora che è crollata – a suon di utili miliardari annunciati dalle stesse imprese – la tesi secondo cui le aziende non possono sopportare un maggior sacrificio semplicemente perché le loro casse sono vuote, i fautori del “sì-no” (sì al preventivo 2005 e no all’iniziativa Mps) cambiano strategia e puntano il dito sul pericolo di una fuga massiccia di denaro dai circuiti della finanza ticinese. Come per incanto e in un «nanosecondo», come dice il presidente pipidino Fabio Bacchetta-Cattori, la piazza finanziaria cantonale verrebbe dissanguata di preziosi capitali che oliano “l’azienda-Ticino”. Le conseguenze sarebbero – ci dicono – devastanti sia per il tessuto economico cantonale che per i lavoratori ma anche per le smunte casse del governo che non gioverebbero affatto dell’aumento delle aliquote. Facili equazioni e “affinità elettive” fra sgravi e crescita economica difficilmente dimostrabili (come ci spiega l’economista Ronny Bianchi nell’articolo della pagina a fianco). Ma restiamo al “nanosecondo”. Chi porterà via i soldi dal Ticino per spostarli in altri cantoni fiscalmente più generosi? Dove andrà il denaro uscito dal borsellino nostrano? Prima di tutto possiamo logicamente escludere le persone fisiche: non saranno toccate l’8 maggio anche se passa il doppio sì. Dal mazzo delle persone giuridiche possiamo invece tranquillamente togliere, come visto nell’ultimo numero di area, le piccole e medie imprese (Pmi) in quanto loro non possono “votare con i piedi”. Spieghiamoci meglio. Le Pmi sono talmente radicate nel territorio che non sono in grado, e non gli conviene, di fare baracca e burattini per spostare la produzione altrove (per andare dove tra l’altro? Di certo non a Zurigo dove il fisco è molto meno generoso di quello ticinese). Inoltre le stesse Pmi ammettono che l’effetto dell’aumento dell’aliquota sull’utile netto dal 9 al 13 per cento e del capitale dall’1,5 al 3 per mille sarà sì un aggravio finanziario ma sicuramente non così “insopportabile”. Nessun effetto “tsunami” quindi per le Pmi (vedi area n.15). Ma questo, come abbiamo detto, è già storia nelle argomentazioni della campagna di centro-destra. Riprendiamo il filo, di chi saranno allora i soldi in fuga dal Ticino? Abbiamo escluso la maggior parte dei contribuenti che non possono, e non vogliono, scappare in altri cantoni fiscalmente più vantaggiosi. Chi resta? Il pensiero va subito alle banche che, è vero, contribuiscono in maniera importante al totale del gettito delle persone giuridiche (vedi tabella sotto). Ad esempio prendiamo il caso delle grandi e fiscalmente più interessanti banche presenti in Ticino: Ubs e Crédit Suisse. Queste banche sposteranno in un “nanosecondo” gli utili dalla sede di Lugano a quella di Zurigo o Ginevra all’indomani dell’8 maggio se il popolo li chiamerà alla cassa? Eluderanno davvero l’erario cantonale e si chiameranno fuori facendola “pagare ai ticinesi”? Difficile da credere. Da una parte perché Zurigo e Ginevra sono e resteranno, nonostante l’8 maggio, fiscalmente meno generosi del Ticino. L’indice dell’onere fiscale elaborato dal Segretariato di Stato dell’economia (Seco, 2003) dice infatti che se a livello Svizzero una banca paga in media 100 franchi di imposte, a Zurigo città ne sborsa 133, nel canton Ginevra 130 mentre in Ticino ne paga 93 (vedi anche area della scorsa settimana). D’altra parte c’è però anche un’altra domanda da porsi: se le banche seguissero davvero l’ottimizzazione fiscale a tutti i costi allora perché all’indomani dei vari pacchetti di sgravio ticinesi non sono accorse in massa coi loro utili al meridione delle Alpi? O ancora, a rigor di logica ci si dovrebbe chiedere perché non le si trova tutte concentrate a far figurare gli utili a Zugo oppure a Svitto dove pagherebbero le imposte più basse della Svizzera. La verità è che non è successo nulla di tutto ciò checché se ne dica. Le banche tengono e terranno le radici laddove possono fare affari, e Lugano resta pur sempre la terza piazza finanziaria elvetica per importanza. Ma basta con le congetture, area ha voluto tagliare la testa al toro. Abbiamo girato le domande ai diretti interessati: Ubs e Crédit Suisse hanno davvero intenzione di eludere il fisco ticinese dopo l’8 maggio? Se così fosse, la riterrebbero una mossa eticamente accettabile? Mentre Ubs ci ha scritto che preferisce non rispondere alle domande ricevute, il Cs ha invece accettato di pronunciarsi sulle stesse. E le risposte della loro portavoce Gabriela Cotti Musio, riportate nel riquadro nella pagina a fianco, dimostrano che le banche non sposteranno gli utili dal Ticino. Gabriella Cotti Musio [portavoce del Crédit Suisse, vedi articolo a lato], nel corso del 2004 il Crédit Suisse (Cs) ha conseguito un eccellente utile netto: 5,6 miliardi di franchi. La piazza finanziaria luganese è terza per importanza a livello svizzero. Ci può quantificare l’utile netto ottenuto in Ticino da Cs? Prima di tutto bisogna specificare una cosa: i 5,6 miliardi di risultato 2004 riguardano l’intero gruppo Cs e sono stati ottenuti a livello mondiale. Non sono quindi da attribuire tutti alla Svizzera. Per quanto concerne l’utile netto ottenuto in Ticino non forniamo questo tipo di cifre. Posso dirle però che ci atteniamo al diritto fiscale che ha delle chiare leggi sulla chiave di ripartizione intercantonale degli utili delle banche. Alcuni politici ticinesi affermano che potete spostare gli utili da un cantone all’altro a vostro piacimento e in un “nanosecondo”. Dicono che la chiave di ripartizione degli utili dipende dalla pressione fiscale. È vero? No, noi ci atteniamo strettamente a quanto viene definito a livello di direttive per la ripartizione fiscale. Le ripeto che esistono delle leggi fiscali in questo ambito sia a livello intercantonale che internazionale e noi le osserviamo. Avete già spostato degli utili da un cantone all’altro? La risposta non può che essere negativa. No, non l’abbiamo fatto. Non utilizziamo questo tipo di “escamotage”. L’8 maggio in Ticino potrebbe aumentare l’aliquota sull’utile netto e sul capitale delle persone giuridiche. In questo caso farete figurare gli utili in altri cantoni? No. Il Cs crede fermamente nella piazza finanziaria ticinese, saremo presenti anche in futuro. D’altro canto però è ovvio che qualsiasi aumento d’imposta diminuisce l’attrattività di un cantone. Questo non vale solo per noi ma per tutti i tipi di imprese. Spostare gli utili crede che sia un’operazione eticamente accettabile? Non vi sembra un “ricatto” nei confronti del cittadino? Visto che le ho risposto che non facciamo questo genere di operazioni la domanda è superflua.

Pubblicato il

22.04.2005 03:00
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