Il Ps ticinese a congresso

È in programma per domani, sabato 1° febbraio, il Congresso del Partito socialista (Ps) ticinese, che lancia così la volata in vista delle elezioni cantonali del 6 aprile. I lavori, che si svolgeranno al mercato coperto di Giubiasco, si apriranno alle 9. Nel corso della mattinata sono previsti gli interventi della presidente del Ps Anna Biscossa, della consigliera di Stato socialista Patrizia Pesenti, della capogruppo Ps in Gran Consiglio Marina Carobbio, dei consiglieri nazionali Franco Cavalli e Fabio Pedrina e degli altri candidati proposti per la lista per il Consiglio di Stato (Saverio Lurati, Manuele Bertoli e Paolo Bordoli). Nel pomeriggio verrà discusso il programma elettorale, saranno designate le candidature per Consiglio di Stato e Gran Consiglio e si definiranno le alleanze elettorali. Di seguito proponiamo un’intervista di bilancio sul quadriennio che sta per concludersi con la consigliera di Stato Patrizia Pesenti, che risponde in particolare alle domande dei nostri lettori. Proponiamo inoltre le considerazioni della presidente del Ps Anna Biscossa e della capogruppo in parlamento Marina Carobbio. area: signora Pesenti, che nota si dà alla fine di questo quadriennio? Non so darmi le note perché sono molto esigente con me stessa. Preferisco rinunciare. Ammetto però che sono molto contenta di quanto siamo riusciti a fare. area: qual è la realizzazione di questo quadriennio che più la inorgoglisce? Metterei l’accento su tre temi sui quali intendo continuare a lavorare anche in futuro. Il primo è una politica della salute che non evidenzi solo l’aspetto delle cure, ma sottolinei l’influsso del lavoro, delle condizioni sociali e dell’ambiente sulla nostra salute. Il secondo tema è il modo in cui lavoriamo: la politica del lavoro è assolutamente centrale perché sono stati rivoluzionati i modi di lavorare. Infine, sono molto contenta del lavoro che abbiamo svolto nella politica familiare. Con la revisione della legge sugli assegni familiari e con la nuova legge per le famiglie, attualmente all’esame del Gran Consiglio, saremo uno dei primi cantoni ad avere una vera politica familiare. area: e c’è qualche suo progetto che non è riuscita ad attuare? Direi di no, le competenze del nostro Dipartimento le abbiamo sfruttate fino in fondo per realizzare i nostri obiettivi. In Consiglio di Stato mi sono potuta occupare molto di politica fiscale ed economica, che sono temi cruciali soprattutto in un periodo di grave crisi economica come quello che stiamo attraversando. area: nella sinistra ticinese abbiamo passato quattro anni a chiederci se la Patrizia va d’accordo con l’Anna e la Marina oppure no. Sono domande che dovremo porci anche nei prossimi quattro anni o è meglio che pensiamo ad altro? È meglio che ci concentriamo sulle sfide politiche che ci attendono, perché non sarà evidente mantenere lo stesso livello di democrazia e di giustizia sociale. In questo momento storico la sinistra deve interessarsi di argomenti cruciali quali il lavoro, l’economia, il ruolo dello Stato: è il momento di una politica che deve resistere alle continue aggressioni del mercato e per farlo la sinistra deve assolutamente ritrovare la sua capacità di innovazione. area: lei sostiene spesso la necessità per il Ps di partecipare agli esecutivi per riaffermare il ruolo regolatore e redistributore dello Stato. Cosa dice ai molti socialisti che ritengono questo del tutto insufficiente? Che hanno ragione. Ma chiedo loro dove sia la maggioranza per fare altro e di più. In una democrazia occorre una maggioranza, non bastano le velleità. Abbiamo ancora molto da fare per riuscire a formare maggioranze diverse da quelle attuali. Detto questo, pur essendo l’unica rappresentante della sinistra in Governo, ho l’impressione di essere comunque riuscita a fare molto per riaffermare il ruolo sociale dello Stato. Non avremmo potuto impedire tagli di 120 milioni alla spesa pubblica se non fossimo in Consiglio di Stato. Non credo quindi si possa dire che, a queste condizioni, essere o non essere in Governo non cambi nulla. Per la popolazione ticinese fa una differenza. Quando riesco a salvaguardare 120 milioni di spesa a favore della popolazione ticinese, so che ho potuto garantire i sussidi di cassa malati, le borse di studio, la qualità delle cure e così via. So di aver fatto qualcosa di necessario per tutti i ticinesi. Un lettore: il Dss è lottizzato come gli altri Dipartimenti? Un “leghista buono” ha delle chances di essere assunto da lei? Dal mio arrivo al Dss non ho cambiato i funzionari dirigenti a parte i due collaboratori strettamente personali. Ho infatti trovato delle persone eccezionali e molto competenti. Il Dss non è un dipartimento monocolore, anzi parecchi alti funzionari non sono dello stesso partito del Consigliere di Stato. A nessun funzionario ho mai chiesto la tessera d’appartenenza politica e mai la chiederò. Chiedo invece competenza, creatività e onestà. Un lettore: e quando cesserà del tutto la lottizzazione? L’antidoto migliore non è far ruotare i funzionari, ma far ruotare i Consiglieri di Stato. Bisogna cioè arrivare ad una effettiva rotazione dei Dipartimenti. È malsano che le finanze o l’educazione siano nelle mani dello stesso partito da così tanto tempo. Ma lo stesso può essere detto anche per il Dss. In questa legislatura abbiamo finalmente modificato il Regolamento interno del Consiglio di Stato, introducendo un diritto di opzione ogni volta che un Dipartimento è vacante secondo l’ordine di anzianità di servizio, come avviene per il Consiglio federale. area: molti socialisti vedrebbero però male che il Ps rinunciasse alla direzione del Dss. Personalmente infatti non intendo cedere sanità e socialità. Soprattutto in questo momento abbiamo da affrontare problemi enormi per garantire il finanziamento. Secondo me, i socialisti svizzeri hanno commesso un grosso errore nell’aver ceduto proprio adesso gli Interni, un dipartimento in cui nei prossimi dieci anni si giocheranno le più grandi sfide politiche del Paese. E dico questo nella convinzione che il principio di rotazione abbia in sé qualcosa di sano per la gestione dello Stato. area: ottimista per il Ps in vista del 6 aprile? Sì, perché saremo capaci di cogliere questo momento. Si è conclusa un’epoca ventennale di rivoluzione di destra. Dalla fine degli anni ’70 siamo stati martellati dal pensiero unico neoliberista: un miscuglio tra ideologia, pessima economia e interessi personali. È giunto il momento che lo Stato si riappropri del loro ruolo regolatore del mercato e garante della giustizia sociale. Un lettore: signora Pesenti, i primi responsabili dei costi della salute non siamo tutti noi, consumatori di sanità in questa illusoria civiltà del benessere? È vero. Consumiamo troppa medicina, anche se non ci fa stare meglio. Abbiamo incredibili aspettative e una fiducia cieca nella medicina. Oggi l’offerta di prestazioni sanitarie e di medicina è impressionante e ci induce a medicalizzare tutto, dalla nascita all’adolescenza, dalla sessualità alla menopausa, per non parlare della vecchiaia. Condizioni normali dell’esistenza diventano malattie da curare. Recentemente ho visto il lancio di una campagna pubblicitaria per dei farmaci contro la timidezza. Questo provoca un sovraconsumo di medicina che è non solo inutile, ma anche dannoso. Oggi si sono rovesciate le priorità: "There is a ill for every pill", cioè si inventa una malattia per ogni pillola che si produce. Del resto, quello della salute in Svizzera è un mercato di circa 45 miliardi di franchi. Si deve fare il possibile per frenare questa evoluzione, usando per esempio strumenti pianificatori. Penso alla moratoria sull’apertura di nuovi studi medici, utile per il Ticino dove la densità medica è molto alta. Da noi ci sono circa 20 medici ogni diecimila abitanti, in Svizzera orientale 15. Questa offerta maggiore la ritroviamo nel premio che paghiamo. Per esempio, noi, rispetto ad esempio ai grigionesi, paghiamo 90 franchi in più al mese di premio, e non possiamo certo dire che la nostra salute sia migliore della loro. Consumare di più non ci rende più sani ma più poveri. area: un suo successo di legislatura è la pianificazione ospedaliera. Quanta fatica le è costata? Molta. Ora capisco perché in passato si sia trascinata così a lungo. È stato difficile . Il fatto è che se la popolazione ha l’impressione che le si sottraggano prestazioni sanitarie, reagisce con decisione. C’è voluto un grande lavoro, informazione e concertazione per ridurre del 20 per cento il numero di letti, chiudendo sei cliniche private e un ospedale pubblico, per passare da 2 mila 500 a 2 mila letti complessivamente. Di questa riduzione dell’offerta, la salute dei Ticinesi non ne ha minimamente risentito, anzi. Ora dovremmo poter fare a meno di ulteriori 300 letti circa. In Ticino abbiamo uno dei tassi di ospedalizzazione più alto di tutta la Svizzera. Andiamo di più all’ospedale e ci restiamo più a lungo. È soprattutto nel settore delle convalescenze e delle lungodegenze che in Ticino c’è ancora una marcata sovrabbondanza di offerta rispetto ai reali bisogni. E questi letti li dovremo convertire in posti di degenza per anziani, settore nel quale, invece, rispetto alla media svizzera, siamo ancora carenti. area: quello della popolazione anziana sarà il grosso problema della sanità e della socialità dei prossimi anni. Come affrontarlo? Dal 2010 la generazione dei cosiddetti babyboomer (nati tra il 1945 e il 1965) comincerà ad andare in pensione. Di conseguenza fino al 2040 vi saranno gravi problemi di finanziamento della sanità e della socialità. Non ho dubbi che dovremmo creare ora le premesse finanziarie per affrontare questa emergenza, mettendo da parte qualche riserva. Invece si continua a proporre sgravi fiscali che vuotano le casse del cantone. area: ora va in pensione una generazione che dal punto di vista della sicurezza sociale è ben messa sia rispetto alle generazioni precedenti, che rispetto a quelle che la seguono. Ai trentenni di oggi lei può garantire lo stesso livello di sicurezza sociale di chi oggi ha 65 anni? No, non mi sento di garantirlo. La generazione che oggi raggiunge o sta per raggiungere la pensione ha costruito lo Stato sociale, e questa sicurezza se l’è ampiamente meritata. Il compito delle generazioni più giovani consiste nel non smantellare le conquiste raggiunte e nel garantirle a sé stesse e alle future generazioni. Ma non bisogna essere troppo ottimisti, visto come gli svizzeri sono riusciti a ridursi le prestazioni dell’assicurazione disoccupazione quando già erano in piena crisi economica. Un lettore: con i soldi che si spendono per psichiatria e handicap, non si potrebbero chiudere i manicomi e valutare soluzioni molto più adeguate? Il disagio psichico in Ticino come altrove è purtroppo in aumento. Oltre alla Clinica psichiatrica cantonale e al Centro abitativo, abbiamo una rete di servizi ambulatoriali e differenziati sul territorio che rispondono ai bisogni della popolazione toccata da diverse forme di disagio psichico: servizi psico-sociali, servizi per minorenni, centri educativi e servizio di psichiatria medica. Nell’ultimo anno abbiamo potenziato di 26 unità il personale dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale, migliorando (come per tutto il settore socio-sanitario) le condizioni di lavoro e di salario per preservare la qualità degli interventi. Questa è la psichiatria pubblica. Non ha nulla a che vedere con un “manicomio”. Un lettore: il caso Realini ha insegnato qualcosa? Credo non abbia insegnato nulla che già prima non si potesse sapere. A volte però anche queste tristi vicende sono necessarie per risvegliare la coscienza dei rischi quando viene meno un attento controllo a tutela dei pazienti. Un lettore: sono un pensionato dell’edilizia e con l’Avs e la pensione fatico a pagare cassa malati più franchigia e partecipazione alle cure. Non crede che la Lega, con l’iniziativa per una Cassa cantonale pubblica, ha almeno il merito di proporre qualcosa di utile? Considerata la drammaticità dell’aumento dei costi sanitari, ogni proposta per diminuirli è benvenuta. L’iniziativa della Lega non propone una vera cassa malati pubblica ma un immenso sussidio pubblico. Il cantone sarebbe infatti costretto a sovvenzionare la cassa malati pubblica per garantire i premi bassi chiesti dall’iniziativa. Tanto vale allora fare un passo più in là e finanziare con soldi pubblici la sanità, come fanno tra l’altro tutti i paesi occidentali. Occorre farlo a livello federale, un cantone non è purtroppo autonomo in questo ambito. Certo però non bisogna illudere la popolazione che con una cassa malati pubblica la sanità costerà meno. Perché se non riusciamo a frenare l’offerta e il consumo di sanità i costi continueranno a salire. area: lei ha anche espresso dubbi sull’iniziativa del Pss per premi proporzionali al reddito, in quanto parte dei premi verrebbe finanziata dall’Iva. Sì, perché l’Iva è certamente la tassa meno sociale che esista perché la paghiamo su ogni acquisto e penalizza soprattutto i bassi redditi. Oltretutto in un momento di recessione l’Iva è l’ultima tassa che si dovrebbe alzare perché frena il consumo. Per contro, avrei fatto un passo più in là: il finanziamento della sanità attraverso la fiscalità generale. Tra l’altro questo avviene con gli ospedali pubblici: l’Ente ospedaliero cantonale è finanziato per metà dallo Stato. Tramite la fiscalità ognuno paga davvero in base alla sua forza finanziaria. Un lettore: signora Pesenti, sono un funzionario dello Stato, orgoglioso di esserlo. Ma con il tempo il nostro ruolo si è sempre più meccanizzato e i rapporti umani non esistono più: l’aumento della competitività comporta gelosie interne danneggiano l’immagine dello Stato e la tanto decantata “assertività” verso l’utente. Quale futuro ci riserva metterci a disposizione dello Stato? Sottolineo due priorità. Innanzitutto si devono salvaguardare le condizioni di lavoro e di salario di chi lavora per lo Stato: e questo non è sempre facile tanto più che il parlamento cantonale avalla qualsiasi risparmio sulle spalle del personale. Secondo si deve contrastare in ogni modo la demagogia della destra menostatista che in Ticino non ha perso occasione per demonizzare lo stato e per screditare i funzionari come se il loro lavoro fosse un lusso di cui possiamo fare a meno. Il miglior modo per contrastare questa demagogia è mantenere un elevato livello di qualità dei servizi dello Stato. Del resto i cittadini non si lasciano abbindolare e hanno a più riprese ultimamente dimostrato di saper riconoscere il valore del servizio pubblico. Ma nelle ultime due legislature il Consiglio di Stato non ha saputo far altro che mortificare i suoi stessi funzionari con continue misure di risparmio. Vi è una protesta corale per i licenziamenti di Posta e Swisscom, ma nessuno dice nulla per la recente decisione del Parlamento di licenziare 350 dipendenti statali nei prossimi anni. area: pensando alle vostre diverse concezioni dell’importanza e della dignità dello Stato, come si trova a lavorare con Marina Masoni e con i suoi più stretti collaboratori? Abbiamo due concezioni dello Stato diametralmente opposte. Per me lo Stato deve essere in grado di porre regole all’economia, deve garantire l’equità di accesso a dei servizi fondamentali come la sanità, la scuola, la mobilità, la giustizia e il mantenimento della pace. E la qualità delle prestazioni fornite dallo Stato in questi ambiti va mantenuta costantemente. Certo, a volte non è facile convivere con posizioni neoliberiste e menostatiste così estreme ma nell’attività quotidiana di Governo la collegialità ci obbliga a collaborare. Da quando, negli ultimi 20 anni, il dogma neoliberista si è imposto, si può certamente dire che non stiamo meglio di prima. Se ripenso al masoniano “dobbiamo cambiare”, si può solo concludere che abbiamo cambiato in peggio. Non solo il mondo è diventato più povero, ma le disuguaglianze economiche stanno aumentando anche in Svizzera. L’ideologia del “laissez-faire” si è rivelata disastrosa, proprio in campo economico, producendo una crisi da cui non si vede ancora come usciremo. Ma si sa, alcuni restano attaccati alla loro ideologia, anche quando la sua traduzione nella pratica si rivela disastrosa. Un lettore: recentemente lei ha espresso la sua pubblica ammirazione per l’ultimo libro di Gino Strada “Buskashì, viaggio dentro la guerra”. Quando legge Strada le vengono in mente i suoi quattro colleghi di governo, che rappresentano, a livello paesano, tutte le facce della logica che obbliga il signor Strada a curare le vittime della conseguente, immonda mattanza? No, leggendo Strada non mi sono mai venuti in mente i miei quattro colleghi di governo. Però penso all’assurdità di questa “guerra preventiva”, annunciata con arroganza dagli Stati Uniti semplicemente per mettere le mani su importanti giacimenti di petrolio. area: c’è spazio nella politica cantonale e nel suo lavoro di governo per opporsi a questa logica? Credo ci sia spazio nella vita di ogni cittadino per opporsi a quanto sta avvenendo. Tra l’altro la globalizzazione dei mercati in quanto tale non è malvagia. Malvagia è semmai l’invasione dei mercati altrui per trarne guadagni spropositati. Credo sia un dovere per i cittadini interessarsi a quanto accade nel mondo e che ci siano diversi livelli dove ognuno può intervenire nella realtà. Tra l’altro proprio noi, appartenendo al mondo industrializzato, facciamo parte di una fascia della popolazione mondiale che ha tutti i mezzi e le possibilità per interessarsi di questi temi. In questo senso, occuparsene è una responsabilità. Del resto credo che tutta la critica espressa in questi anni contro gli eccessi del mercato in definitiva ha contribuito a capire i rischi insiti nelle politiche del Fondo monetario e, in misura minora, nella Banca mondiale. L'obiettivo è di rafforzarsi di Sabina Zanini La lista per il Consiglio di stato è già nota. Non rimane da presentare che la lista per il Gran consiglio. Ufficialmente i nomi dei candidati si sapranno nel prossimo congresso del Partito socialista che si terrà domani, sabato primo febbraio. Con Marina Carobbio, attuale capogruppo dei socialisti in Gran consiglio, abbiamo fatto un bilancio dell’attività svolta nella corrente legislatura che ormai volge al termine. Ma non si tratterà di guardare solo al passato ma pure al futuro, visto che siamo nel pieno della campagna elettorale ed è dunque naturale cercare di mettere a fuoco i propri obiettivi. Che voto darebbe al lavoro svolto dal gruppo socialista in Gran consiglio nella legislatura che sta terminando? Non tocca a me esprimere dei giudizi di valore, ma posso dire che il gruppo ha lavorato bene. Ha discusso molto al suo interno ed è stato propositivo. Si pensi alle proposte per migliorare la scuola pubblica, le proposte fiscali , quelle per aumentare i sussidi per le casse malati, per il notariato di Stato,a favore dei trasporti pubblici o per una vera politica regionale. Contemporaneamente è stato necessario difendere lo stato sociale e il servizio pubblico (ad esempio, il gruppo Ps si è più volte espresso per la difesa dei posti di lavoro delle aziende pubbliche in Ticino o contro la trasformazione dell’Aet).Ci sono sempre margini per un ulteriore miglioramento, ma un buon voto il gruppo Ps se l’è sicuramente meritato. Come ha lavorato il gruppo al suo interno? Nell’approfondire i temi ci siamo a volte confrontati con opinioni diverse. Io trovo ciò positivo: la dialettica interna fa crescere la cultura politica. Abbiamo così potuto presentare ai cittadini posizioni emerse da approfondimenti e discussioni, che hanno alla fine trovato il consenso nell’insieme del gruppo. Com’è stata la collaborazione con gli altri gruppi politici in Gran consiglio? Ci siamo spesso trovati isolati perché la legislatura è stata caratterizzata da una salda coalizione di centro-destra. D’altra parte c’è stato un lavoro intenso all’interno delle commissioni e le nostre posizioni sono state quantomeno ascoltate. Un esempio recente: il rapporto sull’iniziativa della Lega per una cassa malati pubblica cantonale che abbiamo elaborato in commissione congiuntamente a Laura Sadis del Partito liberale radicale. Vorrei anche ricordare il rapporto sulla vicenda Cardiocentro, critico verso la Fondazione e la gestione dell’istituto e condiviso da quasi tutti i gruppi. Quali sono gli obiettivi, anche numerici, che vi ponete per le prossime elezioni? L’obiettivo è quello di rafforzare il partito e dunque anche il gruppo parlamentare, spostando l’asse politico cantonale a sinistra. Oggi siamo in 15, se fossimo qualcuno in più potremmo lavorare meglio all’interno delle commissioni e difendere con più forza le nostre proposte. È necessario consolidare la presenza delle donne, anche se oggi il gruppo socialista è quello che ne ha un maggior numero. Ritengo inoltre che i futuro il nostro gruppo dovrà sapersi ulteriormente profilare sui temi del lavoro, della socialità o dell’ambiente, senza temere di essere accusato di essere fermo sulle proprie posizioni. Il maggior successo politico ottenuto nella passata legislatura? Sicuramente la difesa della scuola pubblica, ottenuta non tanto in parlamento ma nel paese. Mentre in Gran Consiglio, vale la pena citare il consolidamento degli assegni familiari. Il più grande rammarico? Non essere stati ascoltati sui pericoli della politica fiscale, portata avanti a vantaggio solo di pochi e che ha indebolito le risorse dello stato a favore dei cittadini. È una battaglia che abbiamo condotto in solitaria che oggi si è dimostrata necessaria, visto che davvero lo Stato si ritrova con le finanze erose per via di sgravi che hanno favorito soprattutto i ceti medio-alti e le persone giuridiche. Eravamo una voce isolata in parlamento, ma credo che oggi i cittadini e le cittadine ticinesi si rendano conto dei limiti e dei pericoli della politica finanziaria portata avanti dalla maggioranza che governa il cantone. Le altre forze politiche hanno ingannato i cittadini illudendoli che c’era davvero spazio per degli sgravi fiscali. Come giudica il rapporto di collaborazione con la consigliera di Stato, Patrizia Pesenti? Ci sono state delle posizioni diverse, il che è anche normale. la consigliera di Stato sugli sgravi fiscali e sui tagli alla spesa pubblica ha assunto le posizioni del gruppo parlamentare. In futuro il lavoro comune andrebbe comunque ulteriormente migliorato e intensificato, anche per avere una visione più diretta della strategia dell’esecutivo. E la collaborazione con la presidente, Anna Biscossa? La presidente collabora strettamente, partecipando anche attivamente alle attività del gruppo parlamentare, e viceversa. Secondo lei come sta evolvendo il livello del dibattito in Gran consiglio? Io sono in parlamento da dodici anni e ho notato un impoverimento del dibattito politico. I deputati sono più tesi a farsi notare che ad approfondire i temi. Contemporaneamente a volte manca da parte dei media una valutazione critica dei lavori parlamentari. Con l’approvazione della recente riforma è previsto accresciuto ruolo del parlamento. Ciò significa non solo maggiori diritti da parte dei deputati, ma anche precisi doveri da parte dei deputati stessi e dei partiti o dei gruppi politici, che sulle loro liste candidano coloro che verranno poi eletti. Il parlamento questa riforma deve anche meritarsela, dimostrando maggiore attenzione ai lavori parlamentari o commissionali, ma soprattutto anteponendo sempre e l’interesse pubblico all’interesse personale. Ha inciso in qualche modo la presenza della Lega sullo scadimento del dibattito politico? Il primo anno che sono arrivata in Gran consiglio la Lega s’era appena imposta e certamente ha contribuito a deteriorare il dibattito politico. Da parte degli altri partiti c’è stata una corsa a posizionarsi sui temi leghisti, talvolta abbandonandosi all’improvvisazione. Anche se era necessario dare uno scossone al mondo politico, la Lega non ha portato benefici tali da poter dire che il Cantone sia migliorato da quando i leghisti hanno fatto il loro ingresso sulla scena politica, anzi a seguito delle politiche di destra portate avanti negli ultimi anni qui come altrove si è messo i pericolo lo Stato sociale, il lavoro è più precario mentre la disoccupazione così come gli squilibri sociali e regionali aumentano. La porta è aperta di Sabina Zanini La campagna elettorale è stata varata e procede. Il porto, la data delle elezioni politiche cantonali, è sempre più nitido all’orizzonte. A tre mesi da aprile, domani, è previsto il congresso del Partito socialista (Ps) ticinese in cui verrà pure presentata la lista coi 90 candidati al Gran consiglio, per poi essere ratificata insieme a quella per il Consiglio di Stato. «Un congresso molto importante», osserva Anna Biscossa, presidente del Ps. «Stiamo vivendo quotidianamente, nelle difficoltà dell’economia, nell’impennata dei fallimenti, nella crescita della disoccupazione e del lavoro precario il fallimento delle promesse fatte in ambito economico dall’attuale maggioranza in Consiglio di Stato e Gran Consiglio: avevano sostenuto che gli sgravi fiscali avrebbero dato forza e competitività alla nostra economia e avrebbero reso i cittadini più indipendenti dagli aiuti statali». Questa promessa si è però sciolta come neve al sole. «Una semplice radiografia della società dimostra che è accaduto esattamente il contrario», spiega Biscossa. D’accordo, la congiuntura economica è difficile a livello internazionale, tuttavia «è la struttura economica del nostro Cantone ad essere oggi più fragile, col risultato che i cittadini vivono peggio, l’economia è in grossissime difficoltà e in più, fatto nuovo, le casse pubbliche sono vuote». Queste cose non sono accadute a causa di un fato avverso. Ci sono delle responsabilità politiche, giusto? «Sono sotto gli occhi di tutti. Quella maggioranza politica che ha sistematicamente giocato al rialzo sui tagli fiscali a pioggia, ritenuti l’unico strumento efficace per fare politica», risponde Biscossa. Eppure i socialisti gli effetti nefasti di questa politica li avevano denunciati in tempi non sospetti. «Ora chiediamo ai cittadini di accordarci fiducia e di credere che altre politiche possono essere più paganti rispetto a quelle vane promesse». Un’altra cosa va sottolineata, il Ps non si è limitato solo a dire no, ha puntualmente proposte altre strategie d’intervento politico: «abbiamo proposto un’altra politica fiscale decisamente più mirata o l’utilizzo di strumenti più puntuali della fiscalità per sostenere le persone in difficoltà; abbiamo chiesto una differenziazione del sostegno fiscale all’economia privilegiando il tessuto produttivo radicato sul territorio e con un approccio più sociale, premiando cioè le aziende che formano personale, che assumono disoccupati o che si insediano in zone discoste». Alla luce di queste proposte avanzate a favore di uno sviluppo sostenibile, anche dal profilo ambientale, «riteniamo che sia giunto il momento di proporre ai cittadini di questo Paese di cambiar rotta». Chi condivide il bisogno di un cambiamento forte non ha che da votare per il fronte progressista in modo da proiettare in avanti l’asse politico ticinese. Quale sarà dunque l’obiettivo del Ps per il Gran consiglio? «Sicuramente miriamo ad accrescere numericamente la nostra rappresentanza; anche per il Consiglio di Stato intendiamo dare un segnale forte di avanzamento» auspica Biscossa. Il principio di cui si è tenuto conto nel raccogliere le candidature per il legislativo cantonale è stato di equa rappresentanza tra donne e uomini. E qui Biscossa esprime un po’ di rammarico, «sono dispiaciuta che non sia stato possibile raggiungere appieno questo obbiettivo, sebbene nella nostra lista le donne siano meglio rappresentate rispetto a quelle degli altri partiti». Quali altri criteri sono stati considerati? «La lista vuole rappresentare tutte le regioni del cantone e, nel limite del possibile, tutte le categorie professionali, dipendenti e indipendenti, nonché persone attive in associazioni, movimenti e sindacati». È una lista che offre uno spaccato della società ticinese. Il Gran consiglio non può essere pure una buona palestra politica per le giovani leve? «Sì», conferma Biscossa, «in effetti abbiamo anche una presenza di giovanissimi che certifica un interesse concreto nel nostro partito». E politicamente cosa ne dice la presidente dell’eterna querelle sull’essere più o meno profilati a sinistra? «Chi ha voglia di far politica troverà senz’altro la porta del Ps aperta e verrà accolto con la propria sensibilità, con le proprie peculiarità, con la propria storia».

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31.01.2003 02:00
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