Il poker dell’Unione “svizzera”

Per la prima volta gli italiani all’estero potranno prendere parte alle elezioni politiche in Italia senza essere obbligati a rimpatriare. Non è un semplice voto per corrispondenza, utile ai candidati della rispettiva provincia o regione d’origine, spesso perfettamente sconosciuti a chi da decenni vive all’estero, ma è un voto per eleggere 12 deputati e 6 senatori tra i candidati di una nuova circoscrizione elettorale costituita fuori d’Italia e divisa in quattro grandi ripartizioni. All’Europa sono assegnati 6 deputati e 2 senatori. Nelle liste per il nostro continente, l’Unione (l’alleanza di sinistra guidata da Romano Prodi) ha inserito 4 candidati provenienti dalla Svizzera: 3 nella lista per la Camera ed uno in quella per il senato. In ambedue i casi, gli “svizzeri” sono capolista: per la Camera, Franco Narducci, presentato dalla Margherita; per il Senato, Claudio Micheloni, presentato dai Ds. Gli altri due candidati alla Camera sono Dino Nardi (Ds) e Alberto Sipione (Prc, Partito della Rifondazione comunista). Correndo dalla stessa parte, questi quattro candidati hanno molto in comune, eppure sono molto diversi. Per cominciare, tre di loro (Micheloni, Nardi e Sipione) sono membri del sindacato Unia, con il quale hanno legami più o meno stretti. Claudio Micheloni, 53 anni, di Neuchâtel, è presidente della Federazione delle Colonie Libere italiane in Svizzera, è segretario generale del Forum per l’integrazione delle e dei migranti (Fimm) della Svizzera, è membro del Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie, organismo eletto dai Comitati degli italiani all’estero, Comites, di tutto il mondo), di cui presiede una commissione, ed è uno dei dirigenti dei Ds in Svizzera. Dino Nardi, 63 anni, di Wetzikon, è direttore del patronato Ital (consulenza previdenziale) del sindacato italiano Uil, è membro del comitato di presidenza del Cgie, è il coordinatore delle associazioni dei toscani in Europa e collabora con area. Alberto Sipione, 38 anni, di Basilea, è infermiere in una clinica psichiatrica e ricopre la funzione di segretario del circolo di Basilea del Prc. Un profilo diverso è invece quello di Franco Narducci, 59 anni, di estrazione democristiana, è dirigente del sindacato interprofessionale Syna, è segretario generale del Cgie ed è stato direttore per la Svizzera dell’Enaip, istituto di formazione professionale del movimento cattolico Acli. Tutti e quattro i candidati, come si vede, sono fortemente impegnati nell’ambito delle politiche italiane per l’emigrazione, ricoprendo cariche e funzioni differenti nei ruoli e nelle responsabilità, ma molto simili nei contenuti. Diventa quindi interessante sentire da loro quali differenze esistano tra loro nelle motivazioni che li hanno spinti a candidarsi. «Faccio politica dal 1985, quando ancora vivevo in Sicilia», racconta Sipione. «Qui in Svizzera, ho militato dal 1993 in Rifondazione comunista e per dieci anni ho fatto parte anche di un’organizzazione della sinistra alternativa, il “Revolutionärer Aufbau”, avendo così modo di conoscere anche la politica svizzera. Mi è sembrato importante, nel momento in cui per la prima volta gli italiani hanno il diritto di votare all’estero e la possibilità di farsi rappresentare al parlamento italiano, accettare la candidatura da parte del mio partito per le prossime elezioni, così da poter rappresentare in prima persona sia gli interessi degli italiani residenti nella circoscrizione europea, sia gli interessi della classe operaia di cui me sento facente parte e legato da rapporti “storici”». Narducci dice invece di candidarsi «perché la traiettoria della mia vita, in Italia e in emigrazione, è coerente con questa scelta. Nel senso che ho operato, da quando vivo in Svizzera, quindi da trent’anni, sempre nel mondo dell’emigrazione e sempre con questo spirito di servizio. Poi, da segretario generale del Cgie, ho avuto la fortuna di poter vedere da vicino le nostre comunità in ogni parte del mondo e di potermi rendere conto dei problemi, dei grandi valori intrinseci alla nostra presenza nel mondo, per un progetto che è quello dell’Italia come sistema, come una rete di presenza molto diffusa nel mondo e dai nodi molto collegati tra di loro». Abbastanza simili sono le motivazioni citate da Nardi: «Sicuramente il fatto che da 30 anni mi occupo dei problemi degli italiani all’estero e della difesa dei loro diritti, sia a livello professionale, essendo io un sindacalista ed operatore di patronato, sia per i ruoli che ho ricoperto e che ricopro tutt’oggi nell’ambito dell’associazionismo. Ma anche perché da sempre sono stato più o meno all’interno degli organismi di rappresentanza democratica dell’emigrazione, come per esempio i Comites, il Cgie, e nell’ambito dell’associazionismo toscano. E quindi mi è sembrata una cosa naturale che, nel momento in cui si è raggiunto, dopo 50 anni di lotte, questo diritto al voto per corrispondenza, di accettare la candidatura che mi è stata offerta per la Camera dei deputati in questa prima applicazione del voto all’estero». Più articolate, infine, appaiono le motivazioni indicate da Micheloni, per il quale «il voto all’estero è un mezzo per mantenere forte il legame con le nostre radici culturali delle prime generazioni, ed un’opportunità per le nuove generazioni nate all’estero di sviluppare un nuovo rapporto con l’Italia, basato non più su problemi di tipo pensionistico/assistenziale, ma più culturale, fatto cioè di scambi ed arricchimenti culturali ed anche di rapporti economici. L’altra cosa che mi motiva è che verso l’Italia finalmente avremo, con gli eletti della circoscrizione all’estero, gli strumenti necessari per poter intervenire sui problemi che abbiamo chiamato “pacchetto emigrazione”. Sono i problemi che denunciamo da decenni, con le associazioni, con i Comites, con il Cgie, ma senza poter intervenire concretamente sui fatti, che sono: i servizi consolari, la fiscalità sulle nostre case in Italia, i passaporti, i problemi dei nostri anziani, le strutture di patronato, la lingua e cultura». In giro per tutta l’Europa a caccia di voti Sono 2 milioni e 840 mila gli elettori residenti all’estero che voteranno per la Camera, e poco meno, cioè 2 milioni e 566 mila quelli che voteranno per il Senato. Per la Camera si può votare infatti al compimento del 18° anno d’età, mentre per il Senato occorre avere 25 anni d’età. Il più alto numero di votanti riguarda l’Europa, con un milione e 615 mila elettori per la Camera e un milione e 445 mila per il Senato. È insomma un collegio elettorale piuttosto vasto, non solo numericamente, ma anche geograficamente, il che significa un notevole sforzo d’impegno personale e finanziario per i candidati. Per Alberto Sipione: «Non è come essere candidati a Milano, dove si prende il metrò per andare a in un teatro ad incontrare il pubblico». Sipione, che è il candidato più giovane ma anche quello che ha minori mezzi a disposizione, essendo un lavoratore dipendente e non uno stipendiato da un ente che può ottenere dei vantaggi dall’elezione di un proprio funzionario, confessa che non è proprio così facile riuscire a farcela: «Ogni candidato dell’Unione ha a disposizione 7 mila euro, che bastano appena a coprire le spese di viaggio ed a stampare la propaganda elettorale. Ognuno di noi candidati della sinistra deve quindi farsi un suo budget. Per quanto mi riguarda, tra qualche giorno apriremo anche un conto corrente postale, sul quale sarà possibile versare dei contributi». Ma fanno ampiamente capo a comitati di sostegno soprattutto gli altri tre candidati, che hanno alle spalle grandi organizzazioni. Claudio Micheloni si appoggia sulle Colonie Libere; Franco Narducci sul sistema delle Acli e della Margherita, a cui fanno capo «una quarantina di comitati di sostegno»; e per Dino Nardi «ci sono strutture delle associazioni che sostengono la mia candidatura e che hanno dato dei contributi per finanziare la mia campagna elettorale». E mentre Nardi, Narducci e Micheloni sono abituati a gestire un’agenda fitta d’impegni e di viaggi, per Sipione, che deve prendersi giorni liberi dal lavoro, ogni incontro è quasi un’impresa, ma anche una preziosa occasione per imparare a conoscere una realtà molto sfaccettata: «Dobbiamo girare tutta l’Europa, ma questo ci arricchisce, perché ci fa conoscere i bisogni degli italiani residenti negli altri paesi europei, con tutte le loro specificità. Per esempio, in Francia ho incontrato un pubblico di giovani italiani, emigrati tre o quattro anni fa, che non hanno a che fare con i primi emigrati qui in Svizzera: è totalmente un’altra emigrazione, fatta di “cervelli” che studiano o lavorano nelle università come ricercatori, e che si rapportano all’Italia e all’emigrazione con tutt’altri temi». Il programma comune, ma poi... Ma che cosa promettono in concreto questi candidati ai loro elettori? Tutti si dichiarano impegnati in primo luogo a realizzare il programma comune dell’Unione. «Ovviamente il programma dell’Unione è onnicomprensivo», dice Nardi, «e chi viene eletto rappresenta tutti gli italiani, non solo chi gli ha dato il voto. Ma per noi candidati all’estero non possiamo non farci carico delle problematiche che interessano in particolare gli italiani nel mondo, che sono quelle classiche: i servizi consolari, che non sono assolutamente in grado di garantire quei servizi che la nostra comunità richiede; i problemi di carattere sociale, quali la tutela e l’assistenza, specialmente per le fasce più deboli di italiani all’estero, che ci sono ovunque, anche nei paesi ricchi come la Svizzera; i problemi che riguardano la scuola, la formazione, la cultura, la promozione e la difesa della lingua italiana; i problemi relativi alla fiscalità, per cui gli italiani all’estero non beneficiano di nessun riguardo per esempio rispetto alla proprietà della casa». «Agli elettori prometto soprattutto un impegno anche nel parlamento con la determinazione con cui ho assolto il compito di segretario generale del Cgie», s’impegna Narducci, che al problema dei servizi della rete consolare aggiunge quello dell’assistenza «intesa non più come semplice servizio di patronato, ma come opportunità da creare e per promuovere». In altre parole, «io credo che i patronati e le Camere di commercio in questo discorso del “sistema Italia” abbiano un ruolo importante che non è più quello specifico del loro campo, ma anche quello di promuovere e diffondere la lingua e la cultura italiana». Micheloni ha una risposta sintetica: «I candidati dell’Unione per la circoscrizione all’estero s’impegnano, se saranno eletti, per i problemi specifici dell’emigrazione: un di più rispetto al programma dell’Unione in Italia, al quale siamo tutti legati». L’elenco dei problemi specifici dell’emigrazione diventa a questo punto una ripetizione delle cose già dette. Originale, invece, e decisamente politica la risposta data da Sipione: «Alla base c’è il programma dell’Unione, che spiega anche nei minimi particolari quello che faremo se vinceremo le elezioni. Ovviamente ci sono le politiche speciali, come quelle gli italiani all’estero. Per quanto riguarda la Svizzera, per esempio, una delle cose che mi stanno a cuore è la mancanza del diritto di partecipare alla vita politica e sociale, in occasione sia delle elezioni che delle votazioni referendarie. Nel parlamento italiano porterei anche tale questione, nel senso che l’Italia faccia pressione sulla Svizzera affinché venga riconosciuto ai cittadini italiani il diritto di voto. Un’altra rivendicazione che porterei avanti è quella di far bloccare la privatizzazione in atto delle scuole italiane in Svizzera, come per esempio la scuola elementare di Zurigo. Un terzo tema che mi sta a cuore è il parallelismo delle leggi razziste che ci sono in Svizzera e in Italia: qui bisogna combattere contro la legge Blocher sull’immigrazione, e in Italia contro la legge Bossi-Fini».

Pubblicato il

10.03.2006 01:30
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