In nome dell'interesse superiore

I tempi stringevano, l’estate si avvicinava a grandi passi e il 25 settembre, quando si voterà sull’estensione della libera circolazione delle persone ai nuovi paesi membri dell’Ue, era ormai dietro l’angolo. Così, dopo un mese di interruzione delle trattative avviate a metà marzo, in meno di due settimane si è prodotto il disgelo. Sindacati e padronato hanno siglato giovedì scorso l’accordo per il rinnovo del Contratto nazionale mantello dell’edilizia e del genio civile (Cnm), un compromesso che «permette di evitare che il conflitto abbia ripercussioni negative sull’esito della votazione», indica una nota congiunta. In questo modo le parti (a meno di sorprese alle conferenze professionali di Unia e Syna e all’assemblea dei delegati dell’associazione padronale) hanno messo la parola fine a un conflitto che stava giungendo al bordo dello sciopero. Il compromesso riguarda unicamente una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro e un aumento salariale generalizzato del 2 per cento (106 franchi mensili nel 2006). Accantonate per il momento, sia da parte sindacale che da parte padronale, tutte le altre rivendicazioni. L’accordo prevede però che si torni a parlarne durante il periodo di vigenza della Cnm, fissato a tre anni con opzione di prolungamento di un anno. Alla vigilia della conferenza professionale dell’edilizia di Unia che si terrà domani a Zurigo, area ha sentito il parere di Jacques Robert, membro del comitato direttivo di Unia e responsabile del settore edilizia per la Romandia. Jacques Robert, l’accordo prevede tra le altre cose una maggiore flessibilità degli orari di lavoro. Concretamente cosa significa? Il contratto attuale prevede una flessibilità di 15 ore mensili e 75 ore annuali, che verranno portate rispettivamente a 20 e a 100 ore.1 Un aumento, certo, ma nel contempo avremo un sistema più trasparente per quel che riguarda i conteggi delle ore di lavoro e i supplementi salariali. È difficile dire quale impatto questo aumento di flessibilità avrà sui cantieri. Non siete preoccupati? Le 20 ore flessibili mensili e le 100 annuali sono dei tetti, delle soglie oltre le quali non è possibile andare. È molto difficile dire quante imprese e quanti lavoratori si sentono con le mani legate a causa dei limiti attuali, e quindi quanti in futuro approfitteranno della possibilità di sfruttare quest’aumento di flessibilità. Il padronato sulla questione ha mantenuto un discorso ideologico, ma personalmente dubito che tale aumento avrà un impatto significativo sulle ore effettivamente lavorate in futuro. Che ne è del sabato lavorativo, una delle richieste avanzate dalla Società svizzera impresari costruttori (Ssic)? A mio avviso su questo punto il risultato è neutro. Il Cnm attuale prevede che le imprese intenzionate a lavorare il sabato lo annuncino alla Commissione paritetica, e che questa possa opporsi. La facoltà data alla Commissione di opporsi viene abolita. Ma d’altro canto sussiste il principio del sabato quale giorno non lavorativo, viene mantenuto l’obbligo di annuncio alla Paritetica, è stata aggiunta un’indennità del 25 per cento per ogni ora lavorata al sabato, ciò che dovrebbe avere un effetto dissuasivo. Infine, in un protocollo addizionale alla Cnm è stata iscritta la possibilità per tutte le Commissioni paritetiche di fissare dei criteri che permettono a un’impresa di lavorare il sabato: se questi criteri non vengono rispettati la Paritetica potrà opporsi. Sul terreno, a mio avviso, non cambiera granché. Il comunicato congiunto Ssic/Unia/Syna parla solo di orari di lavoro e aumenti salariali. Che ne è delle altre rivendicazioni della base (maggiore sicurezza e tutela della salute sui cantieri, ecc.)? Padronato e sindacati hanno deciso di differire nel tempo tutte le rivendicazioni in gioco e di accordarsi solo su una maggiore flessibilità degli orari di lavoro (voluta dalla Ssic) e un aumento salariale (voluto dai sindacati). Per quel che ci riguarda, durante la vigenza del nuovo Cnm torneremo a mettere sul tavolo le questioni – collegate tra loro – della sicurezza, della salute e delle intemperie, così come quella della protezione contro i licenziamenti, rivendicazioni che al momento abbiamo messo da parte nell’interesse superiore dell’economia nazionale. Non pensa che Unia stia sacrificando le legittime rivendicazioni dei lavoratori sull’altare dell’«economia nazionale», solo per salvare un’estensione della libera circolazione che per di più prevede delle misure di accompagnamento sull’applicabilità delle quali – visto cosa sta capitando – è lecito avere seri dubbi? Non c’è una gran differenza tra ciò che abbiamo ottenuto e ciò che era realisticamente possibile ottenere. Se non ci fossimo messi d’accordo adesso, saremmo andati verso un grosso conflitto nel mese di settembre. Con ogni probabilità ci sarebbe stato un intervento deciso del Consiglio federale, che ci avrebbe spinti a prolungare l’attuale Cnm di un anno. Non sono sicuro che in uno scenario del genere l’esito della vertenza tra padronato e sindacati sarebbe stato differente. Intanto però la popolazione avrebbe detto “no” all’estensione della libera circolazione... A mio avviso la libera circolazione è importante. Anch’io penso che le misure di accompagnamento sono appena sufficienti, ma toccherà anche a noi come sindacato batterci sul terreno denunciando eventuali abusi e intervenendo per fare applicare tali misure. Una parte del gioco è nelle nostre mani, e io trovo positivo che la libera circolazione possa spingerci verso una maggior presenza e combattività sindacale sui luoghi di lavoro. Non crede che lanciare appelli allo sciopero e poi fare marcia indietro nello spazio di qualche giorno possa demotivare una base che si era detta pronta alla lotta, e che ciò sia in contraddizione con la «maggior combattività sindacale» di cui parla? La maniera per evitare di frustrare i lavoratori sarebbe non più reagire con veemenza alle proposte inaccettabili dei padroni, come del resto fanno molti sindacati. Però secondo me bisogna essere pronti a lottare. Quando si ha una lista di rivendicazioni come quella che la Ssic ci aveva presentato, siamo tenuti a preparare la lotta, informando e coinvolgendo i lavoratori, mettendo in atto varie misure per far salire la pressione. Se si arriva a un accordo, non c’è bisogno di andare oltre. È ciò che è successo in questo caso. L’accordo raggiunto non ha nulla di straordinario, ma se pensiamo alla situazione di partenza possiamo parlare di un buon risultato. Cosa si aspetta dalla conferenza professionale di domani? Presenteremo l’accordo, ne discuteremo e spero che alla fine la maggioranza accetti il risultato. In Ticino l’accordo è stato accolto con profondo scetticismo (vedi “Scritti per area” a pag. 4). Lo so. E lo capisco: non è un risultato che può fare l’unanimità. Ma è importante che venga approvato, così presto potremo tornare al tavolo dei negoziati con le altre rivendicazioni. 1 Il Cnm prevede una durata settimanale del lavoro compresa tra 37,5 ore (inverno) e 46,5 ore (estate). In caso di intemperie o di lavoro ridotto, le imprese possono attingere a una riserva di 75 ore “flessibili” da inserire nel calendario annuale. In Ticino di fatto le 75 ore “flessibili” sono integrate nell’orario di lavoro normale all’interno di un calendario annuale (che prevede un orario di lavoro giornaliero vincolante) approvato dalla Commissione paritetica.

Pubblicato il

03.06.2005 02:00
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