Indagine fra i banchi della vendita

Lavoro su chiamata, orari flessibili, aperture festive e turni che, soprattutto per le donne, rendono difficile l’armonizzazione fra vita familiare e impegni lavorativi. Il settore vendita sempre più ingloba nel suo panorama commerciale questi scenari, sinonimo di stress e ritmi pressanti per la stragrande maggioranza delle venditrici e dei venditori. Un mondo sempre più fluido e che tenta di sottrarsi alle leggi esistenti (vedi Legge del lavoro sugli orari di chiusura dei negozi) con mille deroghe e scappatoie. Per capire cosa ciò stia comportando per tutto il personale, che subisce questi cambiamenti, il sindacato Unia ha deciso di promuovere un vasto sondaggio in Ticino fra i 7.565 lavoratrici e lavoratori (dati Ustat 2000) occupati nel settore, sia nelle grandi superfici di vendita come nei piccoli commerci o stazioni di servizio. Si tratta di un’inchiesta su larga scala sulla base della quale Unia fonderà il suo lavoro sindacale futuro a favore del personale del settore. L’inchiesta, intitolata “Condizioni di lavoro e flessibilità”, è stata commissionata all’Ufficio studi Fondazione Ecap (Ente per la formazione, la riqualificazione professionale e la ricerca) di Lamone. Per capirne meglio la portata, ne abbiamo parlato con la ricercatrice Tatiana Lurati, responsabile dello studio e con Luca Gatti, segretario sindacale regionale Unia. «Questa ricerca vuole essere uno strumento – spiega Luca Gatti – che aiuti Unia a fotografare la realtà attuale del settore del commercio al dettaglio in Ticino e che possa servire da base del lavoro sindacale dei prossimi anni. La ricerca permetterà al nostro sindacato di disporre di tutti quei dati essenziali per un eventuale dialogo con il padronato, con la Federcommercio, con gli altri sindacati e con il Governo». Affinché il sondaggio sia rappresentativo in termini territoriali, di tipologia di vendita, verrà condotto tra il personale sia dei più grandi gruppi commerciali che dei piccoli negozi cittadini. «Ci siamo riproposti – prosegue Gatti – di far compilare circa 1200 formulari. Si tratta di un obiettivo ambizioso ma confidiamo di poterlo raggiungere anche grazie alla collaborazione di alcuni dipendenti del settore che fungeranno da “fiduciari” (si veda box, ndr) per la raccolta di dati presso i colleghi. Forse, nelle grosse superfici di vendita, salvo alcune eccezioni, potremmo incontrare delle resistenze presso i dipendenti interpellati vuoi perché stressati, vuoi perché esiste il timore di fare qualcosa di non gradito ai datori di lavoro». Diviso in tre parti, il questionario si preoccupa di scandagliare ogni angolo della vita lavorativa degli intervistati e le ripercussioni sulla vita privata. «Per far sì che il campione preso in considerazione – ci spiega la ricercatrice Tatiana Lurati – sia veramente rappresentativo abbiamo utilizzato dei criteri severi e scientifici, premurandoci di assicurare l’assoluto anonimato degli interpellati. Per la rielaborazione dei risultati poi ci baseremo su dei programmi di tipo statistico. Sebbene alcuni dati siano già conosciuti, abbiamo preferito puntare su un’indagine che spazi a 360 gradi. In una prima parte, perciò, raccogliamo i dati socio-anagrafici degli intervistati (sesso, anno di nascita, cittadinanza, provenienza…), poi indaghiamo quanto tempo impiega un dipendente dal proprio domicilio a raggiungere il posto di lavoro, informazioni che ci permettono di capire come riescono a gestire, soprattutto le donne (che sono in maggioranza nel settore), il carico familiare a fronte, ad esempio, di un prolungamento degli orari di lavoro.» Una seconda parte del questionario sonda la condizione e le esperienze professionali acquisite: «Cerchiamo di sapere – prosegue Lurati – se la posizione occupata dalle venditrici e dai venditori sia influenzata dal titolo professionale, come pure dall’esperienza lavorativa o dall’età. È importante anche sapere se queste persone hanno avuto anche una formazione specifica oppure hanno imparato il mestiere sul campo; o ancora, verificare se la qualifica acquisita con la formazione è stata poi riconosciuta e corrisponde al ruolo esercitato. Attraverso questo scandagliare, la ricerca condotta accoglie tutta una serie di indicazioni attraverso le quali il sindacato potrà verificare quali rivendicazioni espresse dagli intervistati siano da sostenere». Nella terza parte del questionario si approda al punto dolente delle problematiche del settore: la questione degli orari. «Qui si apre il capitolo – afferma la ricercatrice – della flessibilizzazione degli orari di lavoro: chiediamo agli intervistati che cosa ne pensano, cosa comporta questa fluidità dei turni nella loro vita privata. Il tutto tentando di focalizzare la posizione di coloro che operano su chiamata o fanno turni part-time particolari e che sono inglobati in quella che oramai è una tendenza sempre più diffusa».

Pubblicato il

23.09.2005 03:00
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