Lavoro & Giustizia

Nel giro di una settimana, due colpi giuridici importanti sono stati affibbiati alla moderna schiavitù del precariato fondata sulla falsa indipendenza dei collaboratori. La parola schiavitù non è azzardata. «I ciclo-fattorini sono lavoratori subordinati, non schiavi ma cittadini» ha detto il Procuratore capo di Milano, Francesco Greco, nel corso di una conferenza stampa in cui è stata presentata un'indagine su migliaia di ciclo-fattorini. Ora le aziende hanno l'obbligo di assumere i 60mila fattorini coinvolti. 

 

Le indagini condotte dai carabinieri del nucleo "Tutela Lavoro" con il supporto di Inps e Inail hanno verificato che non sussiste la presunta autonomia dei corrieri spacciata dalle aziende. Ora Uber Eats, Foodinho (che in Italia distribuisce per conto di Glovo), JustEat e Deliveroo hanno tre mesi di tempo per assumere 60mila persone, un numero quasi equivalente agli abitanti di Lugano. Assunzione che comporta le dovute coperture previdenziali, la malattia, le ferie, i congedi, l’indennità di malattia, la disoccupazione.

 

«Dalle indagini è emerso» ha detto il Procuratore Capo Greco «che ci troviamo davanti ad un'organizzazione aziendale che funziona attraverso l'intelligenza artificiale. Non c'è più il caporalato che conoscevamo prima, con il caporale che sorveglia i lavoratori, ma in questo caso è un programma a sorvegliarli. E questo è un problema che ha dei risvolti giuridici».

 

L’indagine, partita nel luglio 2019 per i molti incidenti stradali che coinvolgevano i corrieri, si è poi estesa a tutto il territorio nazionale. Nel corso dell’inchiesta è emerso che il problema non riguardasse solo le tutele dei lavoratori, ma anche di sicurezza sul lavoro scaricata sui corrieri dalle agenzie. Nell’ingiunzione emessa dalla Procura milanese, sempre entro il termine di 90 giorni le agenzie dovranno garantire che ai corrieri sia applicata l’intera disciplina in materia di sicurezza sul lavoro, dalle regolari visite mediche alla formazione sui rischi, fino alla dotazione di dispositivi di protezione e strumenti idonei per svolgere l’attività.

 

Alle aziende sono state pure comminate multe per 733 milioni di euro. Se le aziende pagheranno almeno un quarto della cifra massima e si metteranno in regola con le prescrizioni entro tre mesi, i reati contestati «si estingueranno».

 

La settimana prima invece era stato inferto un colpo importante a Uber, l’azienda che ha costruito la sua enorme ricchezza scaricando tutti i rischi sulle spalle dei lavoratori. Con una sentenza storica emessa il 19 febbraio, la Corte suprema del Regno Unito ha stabilito che gli autisti di Uber devono essere trattati come lavoratori dipendenti e non come autonomi.

 

La sentenza britannica ha sancito in questi casi, senza alcuna ambiguità, l’esistenza di un «rapporto gerarchico» tra un datore di lavoro e un subordinato. Oltre al fatto che la remunerazione degli autisti è fissata da Uber, quest’ultima esercita un controllo sui lavoratori attraverso la sorveglianza algoritmica. La decisione dei giudici supremi britannici costringerà l'azienda a garantire contratti e tutele rafforzate agli autisti, come invocato da tempo da sindacati e autorità locali.

 

In Svizzera, la situazione è variegata a seconda dei differenti cantoni. In Ticino, aziende che si ispirano al modello di pseudo-indipendenza dei collaboratori, continuano a fare impunemente ottimi affari grazie alla pandemia, in attesa che le autorità cantonali concludano i «loro approfondimenti».

 

Più avanzata invece la questione giuridica a Ginevra e Vaud. In entrambi i cantoni romandi, le corti cantonali d’appello hanno già definito dipendenti i collaboratori di Uber. Ora si attende che il Tribunale federale si esprima in maniera definitiva sul ricorso inoltrato dalla multinazionale americana. Nel frattempo però a Ginevra si è già registrato un successo. Uber eats ha assunto come dipendenti a tutti gli effetti i suoi collaboratori ginevrini.

Pubblicato il 

25.02.21
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