Islam, la nostra ignoranza

Tutti abbiamo la percezione di quanto siano delicati i rapporti fra le culture e di quanta prudenza ci voglia affinché dall’incontro e confronto fra Islam e Occidente non si degeneri nello scontro. Per questo ci si aspetterebbe, da chi ha alte responsabilità politiche ed istituzionali, che almeno i giudizi pubblicamente espressi siano frutto di conoscenza e di ponderazione, e non di avventatezza o pregiudizio. Già sappiamo quanto male possa fare un’affermazione come quella di Silvio Berlusconi sulla “innegabile superiorità della civiltà occidentale rispetto a quella musulmana”: una affermazione, quella del premier italiano, e una civiltà, la nostra, che al più tardi nel carcere di Abu Ghraib hanno trovato il loro capolinea. Purtroppo però ad emettere giudizi avventati ci si è messo anche il consigliere federale Pascal Couchepin. Che venerdì scorso, in un intervento all’Istituto universitario europeo di Firenze, ha tra l’altro detto: «il cristianesimo, l’evoluzione recente lo conferma, è la religione dell’uscita della religione dalla politica. Non si può dire altrettanto dell’Islam oggi. Il cristianesimo (…) è la sola religione, a mia conoscenza, che è stata capace di pensare e di vivere l’autonomia dal politico. Da cui lo spirito di laicità che presiede alla vita in comune delle nazioni europee. Questi valori sono confermati o minacciati dall’integrazione di un paese come la Turchia?». Se Couchepin ha ragione nel ricordare la propensione del Cristianesimo a separarsi dalla politica (è nato di fatto in opposizione al potere secolare dell’Impero romano), sbaglia quando nega all’Islam (ricco di moltissime componenti, la maggioranza delle quali tutt’altro che fondamentaliste) la capacità di fare altrettanto: ad esempio la Bosnia e la Turchia sono Stati laici, e lo stesso sarebbe la Palestina se le si desse la possibilità di sopravvivere. Ma soprattutto non si capisce come Couchepin possa ignorare la storia recente della Turchia, che da Kemal Atatürk ha fatto della separazione dalla religione un dogma: tant’è che nel 1926 lo stesso Atatürk impose alla Turchia l’intero Codice civile svizzero proprio per la sua matrice di fondo laica. Ed è di questa settimana una sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che dà ragione alla Turchia per aver proibito ad una studentessa universitaria di portare il velo islamico a lezione (una sentenza sciagurata in quanto nega ad una donna adulta il diritto all’autonomia individuale e alla libertà religiosa). I problemi della Turchia di oggi non sono dovuti all’Islam, ma al potere secolare autoritario, di cui è per lo meno complice la Nato. Attribuirne le colpe all’Islam è forse comodo ma certamente irresponsabile.

Pubblicato il

02.07.2004 00:30
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