Iva, un'imposta "quasi" sociale

Fra una settimana il popolo svizzero sarà chiamato alle urne. Dovrà pronunciarsi, tra gli altri oggetti in votazione (pacchetto fiscale e 11a revisione dell’Avs), anche sull’aumento dell’Imposta sul valore aggiunto (Iva). Aumento che serve, nelle intenzioni del legislatore, a garantire il finanziamento di due assicurazioni sociali: l’Assicurazione invalidità (Ai) e l’Assicurazione vecchiaia e superstiti (Avs). Ma non tutti sono concordi sulla presunta “socialità” di un aumento dell’Iva. Il testo in votazione prevede di modificare la Costituzione federale affinché sia possibile aumentare l’aliquota Iva a favore del finanziamento di Avs e Ai. Nel caso dell’assicurazione invalidità la necessità di maggiori introiti si manifesta da tempo. L’Ai è infatti deficitaria da molti anni e i conti 2003 si sono chiusi con un passivo di 4 miliardi e 500 milioni franchi. Per questo motivo Consiglio federale e Parlamento propongono di aumentare l’Iva di 0,8 punti percentuali (che corrisponderebbero a maggiori entrate per 2 miliardi e 300 milioni di franchi) già a partire dal 2005. L’Iva passerebbe così dagli attuali 7,6 agli 8,4 per cento. Le finanze dell’Avs sono invece ancora in attivo, nonostante ciò il Consiglio federale prevede che per continuare a garantirne la solidità potrebbe rivelarsi necessario aumentare di 1 punto percentuale l’Iva. «Questo però solo in futuro, prevedibilmente non prima del 2009», si legge nell’opuscolo informativo per le votazioni del 16 maggio. Il governo ritiene che gli introiti supplementari provenienti dall’Iva permetteranno, insieme all’11a revisione dell’Avs – sempre che passi in votazione –, di garantire il finanziamento dell’Avs fino al 2015. In seguito sarà necessario provvedere con un’ulteriore revisione, fa notare il Governo. Votando “sì” in definitiva si permetterebbe quindi al Consiglio federale unicamente di proporre l’aumento del 1 per cento dell’Iva al Parlamento per quanto riguarda l’Avs (mentre per l’Ai l’aumento sarà effettivo a partire dal 2005). Contro la decisione del Parlamento potrà essere lanciato il referendum. Quello dell’aumento dell’Iva è un oggetto che vede spaccarsi i partiti, sinistra e sindacati compresi. Da una parte c’è chi ritiene l’Iva un’imposta iniqua che colpisce nella stessa misura sia gli alti che i bassi redditi. L’Iva è infatti un’imposta generale sul consumo. L’aumento dello 0,8 per cento del prezzo di una birra tocca nella stessa misura l’avvocato e l’operaio che l’acquistano. «Un motivo sufficiente per dire no ad un aumento dell’Iva» ci ha detto Saverio Lurati (vedi intervista sotto), segretario della sezione Ticino e Moesa del Sindacato edilizia e industria (Sei). D’altra parte molti vedono l’aumento dell’aliquota Iva come l’unica soluzione per finanziare le assicurazioni sociali e per non permettere una drastica riduzione delle prestazioni. Questo sia nell’immediato presente per risanare i disastrati conti dell’Ai, che nel futuro per garantire il funzionamento delle assicurazioni sociali. Di questa opinione è Serge Gaillard, segretario dell’Unione sindacale svizzera (Uss), che nell’intervista che riportiamo di seguito ci ha detto che «in futuro le assicurazioni sociali avranno bisogno dell’Iva. È l’unica alternativa realistica e redditizia ai prelievi percentuali sui salari». La stessa ex consigliera federale Ruth Dreifuss ha recentemente spiegato che permettere al governo di destinare ulteriori introiti derivanti da un’imposta che tocca tutti, come quella sul consumo, è una misura che ha certamente un carattere sociale. A fronte del consistente aumento del numero di beneficiari Ai e Avs che si sono registrati nel tempo, l’aumento dell’Iva sarebbe pertanto una risposta solidale ai cambiamenti della struttura della società a detta di Dreifuss. Il giudizio spetta ora alle urne. "L'unica alternativa possibile" Serge Gaillard, l’Unione Sindacale Svizzera (Uss) è per l’aumento dell’Iva per finanziare Ai e Avs. Perché, visto che l’Iva non è una tassa che si possa definire particolarmente sociale? L’Ai ha urgentemente bisogno di soldi. Un aumento dell’Iva è l’unica strada realisticamente percorribile e veloce per dare all’Ai i mezzi necessari. Altrimenti la prossima revisione dell’Ai sarà sottoposta a insopportabili pressioni per contenerne i costi. Ma ci sono anche considerazioni più di fondo. Le assicurazioni sociali hanno bisogno di una pianificazione finanziaria a lungo termine. Per questo non si possono modificare i principi del loro finanziamento a dipendenza dell’opportunità politica. L’Uss da 10 anni sostiene una linea coerente sul tema del finanziamento delle assicurazioni sociali. Abbiamo sempre detto: i contributi alle assicurazioni sociali devono essere prelevati in modo tale da essere sufficienti e da crescere con l’aumento delle uscite delle assicurazioni sociali. Per questo i prelievi percentuali sui salari e gli aumenti dell’Iva vincolati ad uno scopo ben preciso sono particolarmente indicati per le assicurazioni sociali. Ma l’Iva non colpisce proporzionalmente di più i bassi redditi? L’Iva grava proporzionalmente sui redditi fino a 130 mila franchi. Perché chi guadagna meno consuma anche di meno. Soltanto al di sopra dei 130 mila franchi di reddito l’Iva ha un effetto leggermente degressivo, perché chi percepisce alti redditi risparmia di più e i risparmi non sono gravati dall’Iva. È vero anche per i redditi più bassi? Chi vuole sopravvivere deve far fronte ai suoi bisogni vitali, e su questi paga l’Iva. Anche i prelievi percentuali sui salari gravano proporzionalmente sui redditi più bassi. Differenze ce ne sono soltanto se qualcuno dispone di entrate che non sono salario. Questo per i redditi bassissimi, per persone che in buona parte vivono dell’aiuto sociale, può portare ad un’imposizione maggiore con l’Iva. Ma d’altra parte non si può dimenticare che chi vive soprattutto di redditi derivanti dal patrimonio viene pure lui gravato dall’Iva, ma non paga prelievi percentuali sul salario. Nel complesso comunque l’imposizione attraverso i prelievi percentuali sul salario è molto simile a quella dell’Iva: questo almeno quando i prelievi percentuali sul salario sono limitati verso l’alto, come è il caso dell’Assicurazione disoccupazione. A intervalli regolari il dibattito interno al sindacato sull’Iva riprende vigore. Dopo la votazione del 16 maggio verrà riesaminata l’ormai decennale posizione dell’Uss, secondo cui l’Iva è una buona fonte di finanziamento secondaria per le assicurazioni sociali? In futuro le assicurazioni sociali in Svizzera avranno bisogno dell’Iva. È l’unica alternativa realistica e redditizia ai prelievi percentuali sui salari. E non si deve dimenticare che un giorno la Svizzera dovrebbe entrare nell’Unione europea (Ue). Nell’Ue l’Iva è al 15 per cento. In questa evenienza abbiamo tutto l’interesse a far sì che gli aumenti dell’Iva siano impiegati per le assicurazioni sociali. Questo vorrebbe dire meno prelievi percentuali sui salari. E di questo di nuovo approfitteranno i lavoratori e le lavoratrici. L’alternativa sarebbe una riduzione delle imposte dirette. E questo non lo vogliamo. Perché significherebbe fare regali soprattutto ai redditi molto elevati. "Malati da lavoro, non invalidi" Saverio Lurati, l’Unione sindacale svizzera (Uss) è favorevole all’aumento dell’Iva per finanziare l’Assicurazione invalidità e l’Assicurazione vecchiaia e superstiti mentre la sezione Ticino e Moesa del Sindacato edilizia e industria si dice contraria. Quali sono le ragioni del vostro no? L’imposta sul valore aggiunto è iniqua, colpisce tutti nella stessa misura, è una cosa che tengo a ribadire. Penalizza sicuramente i bassi redditi per rapporto a quelli alti. E questo, per noi, è già un motivo sufficiente per dire no all’aumento dell’Iva. Le finanze dell’Ai preoccupano tutti i partiti, sinistra compresa. Non è politicamente più saggio accettare un aumento dell’Iva piuttosto che veder tagliare le prestazioni agli invalidi? A me interessa poco se è politicamente o meno praticabile. L’aumento dell’Iva serve per soccorrere l’Ai che è finanziariamente a terra. Bisogna chiedersi il perché di questo grosso deficit. Gli invalidi negli ultimi anni sono aumentati di parecchio e questo perché un numero sempre maggiore di persone si ammala sul posto di lavoro, a causa dello stress, del mobbing, delle condizioni lavorative e di tutta un’altra serie di motivi. Ma queste sono malattie professionali, si tratta di “malati da lavoro” e non di invalidi. Il controsenso è che finiscono comunque a carico dell’assicurazione invalidità. Si traslano così i costi dai datori di lavoro alla collettività. A me sembra che se i costi dell’invalidità sono provocati dal lavoro è l’impresa che deve assumerseli, è lei che li ha prodotti. Non si tratta quindi di tagliare le prestazioni ma di rivedere i principi che regolano Suva, assicuratori professionali privati e Ai. Se il 16 maggio uscisse un “no” dalle urne all’aumento dell’Iva si dovrà trovare una soluzione al finanziamento dell’assicurazione invalidità. Quali sono le vostre proposte? Sono le imprese che provocano i danni e non la collettività. Devono quindi essere le prime ad assumersi i costi che provocano. Il punto centrale è che al giorno d’oggi troppe poche malattie sono riconosciute come malattie professionali, le regolamentazioni della Suva, ma anche quelle degli assicuratori privati, sono troppo rigide. Non essendo riconosciute come malattie professionali finiscono a carico dell’Ai. Se una persona si rovina la schiena a causa del lavoro non è la Suva a farsene carico ma l’invalidità e questo ci sembra insensato. Ma anche il mobbing e lo stress provocato da un’impresa finisce a pesare sui conti dell’invalidità, sulle tasche di tutti. In questo senso la nostra proposta è quella di rivedere cosa è malattia professionale e cosa è invalidità. È chiaro comunque che bisognerà aumentare la partecipazione dei datori di lavoro, ribadisco che sono loro a provocare i costi. Inoltre perché non imporre ad aziende di un certo calibro l’obbligo di impiegare personale parzialmente invalido? Si conterrebbero i costi e si permetterebbe a delle persone di continuare a svolgere un’attività anche se il mercato non le vuole. Quindi la sezione Ticino e Moesa del Sei parte da presupposti diversi da quelli dell’Uss… Sì, per noi l’aumento dell’Iva non entra neppure in considerazione. Non è giusto che invalidi e coloro che si sono ammalati per colpa del lavoro siano nuovamente chiamati a contribuire con un’imposta che grava anche sul loro consumo. Sarebbe come essere gabbati due volte, diventi invalido e in più ti tocca risanare l’invalidità.

Pubblicato il

07.05.2004 01:30
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