L’edilizia ticinese torna a farsi rovente

L’associazione cantonale degli impresari esige più flessibilità oraria dagli operai. Se non sarà accettata, minacciano di far saltare il Ccl cantonale

«Dobbiamo monetizzare». Così gli impresari ticinesi giustificano l’attacco a settant’anni di diritti acquisiti e di specificità territoriali riassunti nel contratto collettivo di lavoro cantonale dell’edilizia. Se le proposte padronali non dovessero essere accettate, tanto peggio per il Ccl. In cambio dell’aumento pattuito a livello nazionale, il padronato ticinese vorrebbe allungare il tempo di lavoro degli operai in modo flessibile, spiega Dario Cadenazzi di Unia. L’esatto contrario per cui gli edili ticinesi si erano mobilitati in autunno.

Il 17 ottobre tra le vie di Bellinzona sfilarono 2.500 edili a difesa del contratto nazionale mantello (Cnm) chiedendo una riduzione delle giornate lavorative, in opposizione all’estensione preconizzata dalla Società svizzera degli impresari costruttori (Ssic). Ora la sezione ticinese degli impresari vorrebbe allungare le giornate lavorative sui cantieri ticinesi, abolendo le specificità cantonali riassunte nel Ccl locale per abbracciare la maggiore flessibilità contenuta nel Cnm. Se operai e sindacati ticinesi non dovessero accettare, tanto peggio per il contratto cantonale e il settore passerebbe sotto quello nazionale.


Il Ccl ticinese in realtà sarebbe già scaduto, ma è stato riattivato in extremis martedì tra le parti per un periodo di quattro mesi, a fine aprile. Quattro mesi di trattative serrate, di cui è già stato stabilito un calendario di sei incontri, per raggiungere un accordo sul rinnovo del Ccl ticinese. «Gli impresari ticinesi si sono presentati in modo deciso e molto aggressivo a inizio anno, avanzando proposte che prevedevano il completo smantellamento dell’impianto contrattuale ticinese da discutere in tre settimane, dopo aver ignorato per mesi le nostre richieste di avviare delle trattative» spiega Dario Cadenazzi, responsabile edilizia Unia Ticino. «Si sono detti disposti a cancellare il Ccl ticinese se il loro pacchetto rivendicativo non fosse stato accettato. Dobbiamo monetizzare, dicono. Fingono di dimenticarsi che il Ccl ticinese è un condensato di storia di accordi presi a salvaguardia delle specificità cantonali, introducendo misure favorevoli alle imprese e alle maestranze. D’altronde è un obbligo legale. Il Ccl cantonale può legalmente esistere solo se migliorativo al contratto nazionale».


In altre parole, nell’attuale dirigenza dell’associazione padronale ticinese, la necessità di monetizzare ha la precedenza sul partenariato sociale e la responsabilità sociale delle imprese. «Se in Ticino sindacati e padronato erano concordi sul principio che il sabato non si lavorasse oppure che al lavoro temporaneo andassero posti dei limiti, ci saranno stati dei motivi validi» prosegue Cadenazzi. Insomma, le specificità contrattuali ticinesi hanno una loro logica, radicata nel territorio.


«Se pensano che i muratori ticinesi accetteranno facilmente settimane lavorative con possibilità di avere tre giorni da dieci ore e due giornate da nove ore come previsto dal Cnm, s’illudono. A difesa dei diritti acquisiti a livello cantonale in settant’anni di storia, saranno usati tutti gli strumenti a disposizione del movimento operaio» avverte il sindacalista. Al momento, come detto, è stata concordata una sorta di tregua di quattro mesi al cui termine si vedrà se le trattative partoriranno un accordo o del conflitto.

 

In questi quattro mesi, il tempo di lavoro sarà determinato da un calendario mensile base. Le eventuali differenze di ore saranno contabilizzate in un apposito contatore allestito dall’azienda. Le modalità precise saranno comunicate nei prossimi giorni dalla Commissione paritetica. Inoltre, in questo periodo il supplemento per il lavoro domenicale sarà adeguato al Cnm nazionale, passando dal 100 al 50%. Il cambiamento vale solo nel caso di  lavori edili operanti per la manutenzione ferroviaria. La problematica deriva dal fatto che le Ffs riconoscono alle imprese un supplemento del 50% per lavoro domenicale come da Cnm e non il 100% previsto invece nel Ccl cantonale. Per il resto, valgono le normative cantonali sul lavoro domenicale.


Nel frattempo, Unia ha in calendario delle assemblee con gli operai a fine febbraio, mentre alla metà di  marzo il comitato degli edili ticinesi si riunirà per valutare l’esito delle trattative col padronato. «Purtroppo abbiamo perso tempo prezioso per condurre delle trattative in condizioni migliori. I due sindacati avevano incontrato l’associazione padronale già la scorsa primavera chiedendo a chiare lettere l’inizio di trattative. Hanno risposto di no, preferendo aspettare l’esito delle trattative nazionali. Ora siamo riusciti a scongiurare il vuoto contrattuale cantonale prolungandolo per quattro mesi. Noi avevamo proposto di prolungarlo per un anno, dando così il giusto spazio temporale alle trattative. Ma la Ssic ha rifiutato» conclude Cadenazzi. La voglia di monetizzare sembra dunque prevalere su tutto. A sbarrar loro la strada, potrebbero essere delle nuove mobilitazioni operaie.

Pubblicato il

16.02.2023 08:42
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