L'inefficienza della Banca nazionale

Due “avvertimenti” apparsi negli scorsi giorni meritano riflessione, anche perché hanno un denominatore comune (politica monetaria, tassi di interesse).


1) Un rapporto federale di una sessantina di pagine ci dice, in sintesi, che il sistema della previdenza professionale (casse pensioni) rimane stabile, nonostante i deboli rendimenti sui mercati finanziari e la conseguente riduzione del tasso di copertura (differenza tra fondi a disposizione e rendite distribuite). Si avverte, un poco contraddittoriamente, che riforme sono necessarie «a causa della redistribuzione agli assicurati». Un fatto non si può comunque ignorare: le casse pensioni subiscono gli effetti negativi dei tassi di interesse, bassissimi o addirittura negativi e non si prevede per il momento un’ inversione di rotta. In altre parole: mentre i salariati (con le imprese) riempiono con i loro contributi il barile del cosiddetto secondo pilastro, tanto che sfiora ormai i mille miliardi di franchi, dalla metà del 2016 quel barile perde soldi a causa della politica monetaria della Banca Nazionale (difesa del franco, delle esportazioni, del turismo). Quei soldi sono il risparmio dei salariati. Le casse pensioni sono così invitate a imporsi altri sacrifici per necessarie cure di riassestamento (riduzione del tasso tecnico di conversione ritenuto troppo generoso, continue proposte di aumento dell’età pensionabile, revisione contributi e rendite).


Due osservazioni non fatte andrebbero fatte. La prima: del sacrificio (per l’economia nazionale) richiesto al risparmio dei salariati non si tiene conto, forse perché ritenuto invisibile o “dovuto” nel loro stesso interesse (occupazione). Si ragionasse così anche per i dividendi! La seconda: bisognerebbe forse dare altre finalità al consistente barile della stessa Banca Nazionale, che dispone pure di mezzi straordinari (700 miliardi iscritti nel suo bilancio, investiti in valute varie): ci si potrebbe ad esempio chiedere perché li investa, in massima parte, in società straniere, soprattutto americane, o perché non dovrebbe compensare, innanzitutto, le perdite subite dalla massa dei salariati-risparmiatori e dalle casse a causa degli interessi negativi (Qui “prima i nostri” non conta).


2) Il Fondo Monetario Internazionale avverte la Svizzera che sta correndo grossi rischi con il mercato ipotecario. L’autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) recepisce e se ne preoccupa. Il Consiglio federale smorza per evitare che il mercato immobiliare si allarmi, provocando un drammatico crollo dei prezzi. Forse ritiene, secondo prassi dominante, che mercato e banche finiranno per autoregolamentarsi. In realtà, ciò che preoccupa è anche qui la politica dei tassi di interessi negativi attuata dalla Banca Nazionale. Che si dimostra piuttosto inefficiente sia nell’indebolire il tasso di cambio del franco sia nel garantire la stabilità finanziaria dell’economia, uno dei suoi compiti essenziali. L’attuale politica dei tassi di interesse è infatti un incentivo per le banche a estendere il volume delle ipoteche in modo da compensare l’interesse negativo sui loro depositi obbligatori presso la Banca Nazionale. È un circolo vizioso. Ne risultano una eccessiva offerta di immobili residenziali e un crescente numero di appartamenti sfitti, senza che le pigioni diminuiscano. Una ulteriore dimostrazione che il mercato non è razionale come si vuol far credere. Si stanno dunque creando tutte le condizioni per lo scoppio di una crisi immobiliare tale da compromettere anche la stabilità finanziaria dell’economia. Capitò alla fine degli anni Ottanta e ci volle un decennio per uscirne (ma si sa che anche la storia non conta).

Pubblicato il

21.05.2019 19:05
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