Società

L'infanzia negata dalla Svizzera

Lo statuto dello stagionale ha segnato intere generazioni di lavoratori. Nuovi studi indicano una presenza maggiore di bambini nascosti

A La Chaux-de-Fonds c’è una scuola che negli anni Ottanta ha partecipato alla resistenza. Il nemico da combattere allora non era il Fascismo, ma lo Statuto dello stagionale. Quella scuola oggi ha come scopo quello di insegnare la lingua francese agli stranieri. È all’apparenza un istituto come tanti che dà forza a quella rete svizzera che ha il compito di facilitare l’inserimento lavorativo e l’inclusione sociale delle persone senza passaporto rossocrociato e arrivate da poco in Svizzera. La sua storia la rende però speciale.

 

Accolti a braccia aperte

Nel 1981, Denise Reymond aprì una piccola scuola privata nel suo appartamento per accogliere le figlie e i figli dei lavoratori stagionali residenti nella cittadina neocastellana di La Chaux-de-Fonds. Si trattava di tutti quei bambini a cui era preclusa una vita normale a causa dello Statuto dello stagionale (1931-2002) che non permetteva, come noto, il ricongiungimento famigliare. L’École Mosaïque, così si chiama la scuola che si trova ancora in rue Numa-Droz 89, ha accolto bambini considerati clandestini fino al 1990, quando, grazie alla modifica della legge cantonale, i figli degli stagionali hanno potuto cominciare a frequentare la scuola pubblica. A Denise Reymond, deceduta nel 2015, e all’École Mosaïque è dedicata parte della bella mostra del Musée d’histoire di La Chaux-de-Fonds Enfants du placard. À l’école de la clandestinité, dedicata alla storia dei cosiddetti bambini nascosti e organizzata nell’ambito di un progetto di ricerca sul tema diretto dalla professoressa Kristina Schulz presso l’Università di Neuchâtel.

 

Pane e cioccolata

L’origine dell’espressione “Enfants du placard”, letteralmente “Bambini dell’armadio”, è difficile da rintracciare. In una scena del famoso film di Franco Brusati Pane e cioccolata (1974), che racconta l’emigrazione italiana in Svizzera durante gli anni del boom, il protagonista interpretato da Nino Manfredi afferma: «Negli armadi degli stagionali, ci sono più bambini che camice», un’espressione divenuta celebre e ripresa in parte in un altro film francese del 1977 intitolato appunto Les enfants du placard. Questo dimostra che il problema dei bambini nascosti era già conosciuto da buona parte dell’opinione pubblica. Alla fine degli anni Sessanta non mancarono infatti le prime denunce pubbliche sulla stampa elvetica. Anche la televisione pubblica romanda si occupò a più riprese del tema con servizi, in parte visibili negli spazi museali, di grande impatto. Nonostante le denunce, il problema dei bambini nascosti è però perdurato ben oltre gli anni Novanta. Soltanto l’introduzione dell’Accordo di libera circolazione (2002) ha posto definitivamente la parola fine al vergognoso Statuto dello stagionale.    

 

Il ritorno d’interesse

Negli anni successivi, le vittime hanno faticato a prendere la parola. Marina Frigerio, psicologa e attivista, è stata tra le prime a raccogliere con estrema fatica e dopo anni di lavoro le testimonianze di alcune di quelle persone che, oggi adulte, hanno subito il dramma della clandestinità. Il suo libro Bambini proibiti (2012) rimane oggi una pietra miliare e un monito a non ripetere gli stessi errori in materia di politiche migratorie. In questi ultimi mesi però abbiamo assistito a un ritorno di interesse rispetto al tema che ha dell’incredibile: mostre, progetti di ricerca, radiodrammi, articoli, servizi giornalistici, iniziative pubbliche di diverso genere hanno riportato l’attenzione su un fenomeno che ha segnato intere generazioni. Per Francesco Garufo, storico del lavoro e delle migrazioni e direttore del Musée d’histoire, «ci sono diverse ragioni che potrebbero spiegare questo fermento. Ce n’è una storiografica: le ricerche dedicate al fenomeno migratorio in Svizzera tendono oggi a porre al centro i percorsi di vita, le traiettorie, le strategie dei protagonisti e un tema come questo si presta molto bene a questa metodologia. Inoltre, molte delle vittime hanno certamente raggiunto una posizione sociale e un grado di maturità che permette loro di parlare più apertamente del proprio dramma. In questo senso anche l’attivismo di Tesoro, associazione che raccoglie parte delle vittime, potrebbe spiegare questo grande interesse da parte dell’opinione pubblica». Tesoro è l’associazione fondata lo scorso anno da alcune delle vittime dello Statuto dello stagionale che chiede delle scuse ufficiali da parte delle autorità pubbliche e un risarcimento alle vittime per i traumi psicologici e morali subiti. Catia Porri, tra le fondatrici dell’associazione Tesoro e una delle prime vittime che si è esposta pubblicamente sul tema, si rallegra per questa rinascita d’interesse, ma sottolinea l’urgenza di non abbassare la guardia rispetto all’oggi: «Nella Svizzera attuale per molti stranieri le cose non vanno per niente bene e ci sono ancora bambini costretti a vivere in clandestinità, penso ai figli dei sans-papiers. È un bene rielaborare questo dramma storico, ma non serve a nulla farlo se si ripetono gli stessi errori».   

 

Nuovi numeri

Anche sul fronte dei numeri, la ricerca sta mettendo in dubbio le stime del passato. In generale, il numero dei bambini nascosti era stimato attorno alle 10.000-15.000 unità. Secondo Toni Ricciardi, storico dell’Università di Ginevra, si tratta infatti di stime al ribasso basate sugli articoli della stampa svizzera e su dati parziali provenienti dai Cantoni. Nuove ricerche mostrano infatti, sulla base di dati cantonali e federali, che nel solo periodo che va dal 1949 al 1975 i bambini nascosti sono stati più o meno 50.000. Oggi sappiamo poi che la storia dei bambini nascosti non è l’unica che ha a che fare con lo Statuto dello stagionale. Migliaia e migliaia di bambini sono stati lasciati all’estero presso nonni o parenti stretti oppure presso istituti per l’infanzia posti spesso poco fuori dai confini svizzeri. Anche questi bambini hanno avuto in qualche modo un’infanzia segnata dalla lontananza da uno o, ancora peggio, da entrambi i genitori. Qui le stime aumentano a dismisura e, nei 68 anni dello Statuto dello stagionale, arrivano a raggiungere addirittura i due milioni di unità.

 

La scheda

Nel loro nuovo documentario, i registi Jörg Huwyler e Beat Bieri accompagnano i protagonisti nei luoghi in cui hanno vissuto come bambini nascosti. S’intitola Im Land der verbotenen Kinder (2023) ed è una delle più recenti testimonianze di un passato che è ancora presente nelle ferite delle tante vittime. Grazie a questo film esploriamo gli stati d’animo dei bimbi di allora, ormai cresciuti, ma possiamo anche confrontarci con le ragioni dei genitori che hanno deciso di portare e nascondere i figli in Svizzera. Nella foto sopra (@Huwyler & Bieri) vediamo i coniugi Fragale, emigrati dalla Calabria negli anni Settanta, e costretti a nascondere per anni i due figli piccoli alle autorità. Proprio uno dei figli, Nino, è tra i protagonisti di questo film molto intenso appena uscito nelle sale cinematografiche svizzere.

Pubblicato il

17.02.2023 16:28
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