A briglie sciolte

L’ultima domenica di settembre saremo chiamati ad esprimerci su diversi oggetti, tra cui in particolare l’iniziativa Udc furbescamente chiamata “Per un’immigrazione moderata”. In realtà l’obiettivo della destra populista è di sopprimere quei pochi diritti che i lavoratori di questo paese hanno conquistato con le misure d’accompagnamento.

 

Anche se involontariamente, l’ha riconosciuto addirittura la Signora Martullo Blocher, che su ordine del padre ha ora la funzione di sergente maggiore nella conduzione dell’Udc, ha detto che grazie al Sì si riuscirà a diminuire drasticamente il numero dei contratti collettivi di lavoro. Il doppio gioco dell’Udc raggiunge delle punte che farebbero arrossire addirittura un bugiardo patologico come Donald Trump.

 

Prendiamo per esempio l’editoriale un po’ sgrammaticato del Presidente del Consiglio di Stato (!) Norman Gobbi, che notoriamente porta entrambe le casacche Udc e Lega, editoriale che domina la prima pagina del corposo giornale straordinario che grazie ai milioni del miliardario Blocher abbiamo tutti ricevuto nella nostra bucalettere. Bontà sua, Norman Gobbi riconosce che la pandemia ha dimostrato come dipendiamo per la nostra salute da medici e infermieri frontalieri. Aggiunge però: guai a voler risolvere, con la scorciatoia della libera circolazione, questo problema.


Ora, se c’è partito che sia a livello federale che dei cantoni si è strenuamente sempre battuto per obbligarci a risolvere con la libera circolazione l’acuta mancanza di medici, questo è proprio l’Udc, grande paladino del numero chiuso nelle facoltà di medicina, per cui ogni anno formiamo meno della metà dei medici di cui abbiamo bisogno, che dobbiamo poi rubare ai paesi vicini. E perché lo fa l’Udc? Perché formare un medico costa quasi un milione di franchi e quindi è molto più vantaggioso, soprattutto per tener basse le imposte dei ricchi, farli formare all’estero e poi attirarli da noi.


Molto simile è poi il comportamento dell’Udc per quanto riguarda le infermiere: da noi quelle frontaliere rappresentano grosso modo il 40% (poco più del 20% all’Eoc) della forza lavoro, nell’arco lemanico addirittura il 50%. È quindi evidente che bisogna investire massicciamente nella formazione di più infermiere e soprattutto migliorare di molto le loro condizioni di lavoro, in quanto più della metà abbandona la professione dopo poco più di dieci anni, a causa dello stress eccessivo e del salario troppo basso.

 

È quanto vuole l’iniziativa popolare “Per cure infermieristiche forti” dell’Associazione Svizzera delle Infermiere (Asi), ora in discussione alle camere federali. E cosa fa l’Udc? Dapprima propone addirittura, per fortuna senza successo, di non entrare in materia. Poi fa di tutto per ridurre ai minimi termini il controprogetto formulato dal centrosinistra, proponendo, udite udite, di ridurre la somma da investire nella formazione e lasciando ai cantoni la libertà di usare o no questi soldi. E naturalmente: nessun miglioramento delle condizioni di lavoro e di contratti collettivi obbligatori non se ne parla neanche. In questo doppio gioco si è particolarmente distinto il nuovo presidente dell’Udc Marco Chiesa.

 

In campagna elettorale aveva sottolineato che egli aveva firmato l’iniziativa dell’Asi. Al Consiglio degli Stati l’ha poi bocciata. Ora anche il Pierino di Viganello capisce che se non formiamo un numero ben maggiore di medici e di infermieri, non potremo che compensare la loro mancanza attraendoli con la libera circolazione. A meno di voler lasciar morire senza cure i nostri ammalati.

Pubblicato il 

10.09.20
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