La tradizione umanitaria della Svizzera non conta più nulla. Ogni atto legislativo del nostro Parlamento mira ormai esclusivamente a “diminuire l’attrattività” del nostro Paese e di conseguenza a creare condizioni di vita sempre più dure per molte categorie di stranieri. In questi giorni il Consiglio nazionale ha dibattuto e approvato (con 98 voti contro 49 e 30 astenuti) la quinta revisione (in venticinque anni) della legge sull’asilo. Sicuramente la più brutale e, temiamo, quella che sancirà la svolta definitiva verso lo smantellamento totale. Per provarlo basterebbe citare i nomi dei protagonisti dei lavori parlamentari: il ministro responsabile del dossier è il Consigliere federale Christoph Blocher (e non serve aggiungere altro), il Partito radicale ha incaricato come portavoce il Consigliere nazionale argoviese Philipp Müller (promotore dell’iniziativa popolare, bocciata dal popolo nel settembre 2000, che voleva limitare al 18 per cento la popolazione straniera in Svizzera), i democristiani si sono invece affidati a Ruedi Lustenberger (esponente dell’ala più conservatrice) e l’Udc al proprio “mastino” Hans Fehr (direttore dell’Asni, Azione per una Svizzera neutrale e indipendente). Dal canto loro i socialisti (piuttosto divisi su vari punti) devono convivere con l’imbarazzo di vedere un proprio esponente, l’ex leader del Gruppo per una Svizzera senza esercito Andreas Gross, difendere le proposte della maggioranza della commissione delle istituzioni politiche in qualità di relatore. Di fatto un’opposizione dura è stata esercitata soltanto dai Verdi, dal gruppo “A gauche toute” e da una parte del Ps. Oltre che, ma su un altro fronte, dall’Udc e da altri esponenti borghesi, che hanno sistematicamente tentato di andare addirittura oltre i piani di Blocher. Il risultato conseguito è a dir poco disastroso: nella legge sono stati inseriti solo peggioramenti rispetto alla situazione attuale. L’unica eccezione è data dalla decisione di creare il nuovo statuto dell’ammissione a titolo umanitario, che migliora la posizione giuridica di chi, pur non avendo diritto all’asilo, gode di un permesso provvisorio di una durata prevedibilmente lunga. Si tratta in particolare di persone, il cui allontanamento dalla Svizzera è inammissibile dal profilo del diritto pubblico internazionale, inesigibile, tecnicamente impossibile o per altri motivi gravi. Tutto il resto della legge è di fatto la realizzazione dei postulati contenuti nell’iniziativa popolare dell’Udc, bocciata nel novembre 2002 con il 50,08 per cento di no, pari a poco più di duemila schede. Uno dei punti centrali è costituito dal cosiddetto “principio dello stato terzo sicuro”, che consente di non entrare nel merito di una domanda d’asilo se il richiedente ha soggiornato (per l’iniziativa Udc bastava che vi fosse “transitato”) in un altro paese considerato “sicuro”. Una norma che di fatto consentirà di rifiutare l’asilo a tutti richiedenti che ogni anno si presentano alle nostre frontiere terrestri, cioè al 98 per cento del totale. Sono inoltre stati accorciati i tempi di decisione delle autorità, le quali dovranno stabilire il destino delle persone in soli dieci giorni (invece degli attuali 20). In più i loro ricorsi saranno esaminati da un solo giudice (o da “un collegio di un giudice”, come ipocritamente è scritto nella legge) e non più da tre come attualmente. Le autorità elvetiche potranno anche prendere contatto con il paese d’origine del richiedente per raccogliere informazioni e nel tentativo di recuperare i suoi documenti (poco importa se in quello Stato è perseguitato). E nei confronti di quei paesi che “non collaborano” nell’ambito del rimpatrio dei loro cittadini, la Svizzera sarà autorizzata a “ridurre o eliminare” l’aiuto allo sviluppo. In tre giorni di dibattito, il Nazionale non ha concesso nulla ai diretti interessati: ogni misura volta a migliorare la qualità del loro soggiorno in Svizzera e ad una loro integrazione è stata bocciata. E purtroppo, le decisioni citate (e quello non citate) saranno ulteriormente inasprite nell’ambito del dibattito al Consiglio degli Stati. Christoph Blocher ha già anticipato che prima o poi «la presentazione di un documento d’identità sarà una condizione indispensabile per entrare in materia su una domanda d’asilo» e attraverso la stampa nazionale ha fatto sapere che, in caso di decisione negativa, gli interessati andrebbero incarcerati fino all’espulsione. In più suggerisce di «delocalizzare le procedure di ammissioni direttamente nelle regioni di crisi e di decidere sul posto quante persone potrebbero essere accolte in Svizzera». Già è stata avanzata l’idea di stabilire dei contingenti, come se si parlasse di merce. Mentre andiamo in stampa, al Nazionale iniziava il dibattito sulla revisione della legge sugli stranieri (che proseguirà soltanto in giugno) e anche qui la musica non cambia: l’obiettivo è di trasformare l’immigrazione in un fenomeno elitario e dunque di aprire le nostre frontiere soltanto a “quadri e specialisti” o ad altra forza lavoro qualificata, le cui “capacità di adattamento professionale e conoscenze linguistiche lasciano presumere una buona integrazione nel mercato del lavoro”. Avremo occasione per riparlarne.

Pubblicato il 

07.05.04

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