La falegnameria ha rifatto il tavolo

«Sì c’è la possibilità di trovare delle soluzioni, ma non si tratta certo di regali, è chiaro. Le trattative saranno ancora dure». Così Franz Cahannes, co-direttore del settore “Artigianato” del sindacato Unia, commenta, da noi interpellato, il fatto che dopo mesi di vuoto contrattuale il co-presidente di Unia, Vasco Pedrina, ed il presidente centrale dell’Asfms (l’Associazione dei fabbricanti di mobili e serramenti), Hansjörg Zimmerli, hanno concordato la ripresa dei negoziati per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro (Ccl) dei falegnami. La notizia ha sorpreso un po’, sia per la tensione e le ripetute proteste che ultimamente hanno agitato il settore, sia perché poco dopo l’annuncio è stata annullata la manifestazione di protesta già in programma a Zofingen per questo sabato 26 febbraio. All’inizio di gennaio un volantino di Unia denunciava le «inaccettabili precondizioni per le trattative» dettate dal padronato e le sue contemporanee proposte di peggioramento rispetto ad un nuovo Ccl. L’Asfms chiedeva un aumento di mezz’ora del tempo di lavoro settimanale, una maggiore flessibilizzazione degli orari di lavoro (sulla base del numero di ore lavorative annuali), salari iniziali più bassi per i lavoratori ausiliari e per i falegnami con attestato. Il padronato voleva inoltre escludere i lavoratori con oltre 60 anni di età dagli aumenti salari e far pagare a tutti un punto percentuale in più per l’assicurazione d’indennità giornaliera di malattia. Opinione dell’Asfms era anche che i quadri con un salario lordo superiore a 6 mila franchi avrebbero dovuto lavorare ogni settimana fino a 50 ore senza diritto ai relativi supplementi, e le persone il cui rendimento non fosse considerato “normale” non dovrebbero più aver diritto agli aumenti salariali. Inoltre, l’Asfms proponeva di eliminare anche la protezione dal licenziamento per i giovani falegnami. Come si vede, un vero e proprio programma di smantellamento dei diritti contrattuali dei lavoratori, ovviamente respinto da Unia. Da un’inchiesta svolta lo scorso anno tra 2’500 falegnami, al sindacato risulta invece che occorrerebbe ridurre l’orario di lavoro, fissare uno scadenzario per il prepensionamento ed apportare un miglioramento nell’ambito delle vacanze. Si dovrebbe inoltre: assoggettare gli apprendisti al Ccl; estendere il raggio di applicazione contrattuale alle aziende per la posa di parquet; stabilire misure incisive a favore della sicurezza sul lavoro e della protezione della salute; introdurre un registro professionale. Per finire, le richieste dei lavoratori si completavano con una compensazione del rincaro dell’1,5 per cento ed un aumento del salario reale dello 0,5 per cento. Ma vista la tensione che si era venuta a creare, Unia faceva all’Asfms una triplice proposta: accantonare, da ambedue le parti, le rispettive rivendicazioni e rimettere in vigore il vecchio Ccl fino alla metà del 2006; trovare una soluzione per l’aumento salariale del 2005 ; aprire un tavolo negoziale per le questioni ancora aperte. Lo scopo di tale proposta era evidentemente quello di avere il tempo per negoziare un nuovo contratto, senza lasciare scoperti nel frattempo i lavoratori e potendo disporre rapidamente di un’efficace protezione contro il dumping salariale da parte di aziende straniere o svizzere. Le cose però non sono andate così. Un paio di settimane dopo, l’Asfms reagiva molto male al fatto che Unia aveva informato e messo in agitazione i lavoratori delle falegnamerie a proposito dei piani e delle intenzioni dei padroni, minacciando di trattare soltanto con il sindacato cristiano Syna. Per tutta risposta, Unia programmava una grossa manifestazione di protesta per fine febbraio. La situazione sembrava davvero arrivata ad un punto di rottura, di non-ritorno. Ma all’improvviso il 10 febbraio un comunicato congiunto dell’Asfms e di Unia annunciava che il giorno prima i rispettivi vertici s’erano messi d’accordo su una procedura da seguire per la ripresa del negoziato, «al fine di modificare positivamente i già inaspriti rapporti tra le due parti». Inoltre – prosegue il comunicato – «nel difficile momento dell’applicazione degli accordi bilaterali si tratta di impedire tentativi di sfuggire alle norme svizzere di diritto del lavoro». Anche rispetto alla lotta al dumping salariale le due parti hanno espresso la volontà di collaborare. E con il sindacato Syna si è potuto concordare la data di ripresa del negoziato. Un primo incontro c’è già stato a metà mese, «e per la prima volta si può dire che il negoziato ha preso la piega giusta», dice Franz Cahannes. Però – obiettiamo – questo non è ancora un risultato. Allora, perché rinunciare alla manifestazione di sabato a Zofingen? «Per due motivi», spiega il funzionario sindacale. «Perché avevamo sentito che l’Asfms non voleva più trattare con noi; e perché nel frattempo il loro massiccio pacchetto di pretese è stato ridotto a tre questioni: orario di lavoro, salari e indennità giornaliera di malattia. Per quest’ultime, formuleremo concrete proposte in ambito salariale. Ora la palla è nel nostro campo». Come dire: non possiamo strepitare prima ancora di aver detto che cosa vogliamo. Questione di “fair play”.

Pubblicato il

25.02.2005 02:00
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