La favola della Svizzera Paese del Bengodi

Ormai da circa un decennio i media italiani tornano spesso a citare il numero dei così detti “cervelli in fuga” che, annualmente, se ne vanno via dall’Italia per un posto di lavoro all’estero, inesistente per loro in patria oppure sottopagato, denunciando il danno economico che ne consegue per lo Stato italiano per i costi che ha dovuto sostenere per farli studiare senza poi poter usufruire delle loro intelligenze. Nel 2022, per esempio, si sono iscritti all'AIRE oltre 80mila italiani, meno comunque degli anni precedenti che furono in costante crescita fin dal 2006 con un picco, raggiunto nel 2020, quando gli espatriati arrivarono a 130.000 per poi ridursi soprattutto a causa del Covid. Numeri impressionanti che, peraltro, non tengono conto di tutti coloro che se ne vanno all’estero in cerca di un lavoro senza iscriversi all’AIRE per svariati motivi.


Un fenomeno quello dell’emigrazione italiana che ciclicamente si ripete, purtroppo. Ed anche l’emigrazione definita dei “cervelli” è sempre esistita. Infatti, mentre oggi espatriano anche persone laureate come medici, chimici, ricercatori, ingegneri e similari, in passato - quando laurearsi in Italia era una possibilità per pochi - accanto alla classica manovalanza che cercava un lavoro all’estero, vi erano pure camerieri, cuochi, muratori, falegnami, elettricisti, saldatori e meccanici. Ovvero quelli che erano i cervelli dell’epoca, quando ancora non esistevano le macchine a controllo numerico né, tantomeno, le attuali macchine con automatizzazione robotica.


Gli stessi media giustificano queste fughe dall’Italia raccontando di ricchi stipendi che vengono offerti all’estero a questi “cervelli in fuga” rispetto a quelli miseri che si possono ottenere in Italia a condizione, oltretutto, di trovarvi un’occupazione. Tra le destinazioni di questi “cervelli in fuga” non poteva, ovviamente, mancare la Svizzera uno dei Paesi più ricchi al mondo e da sempre meta storicamente preferita dai flussi migratori italiani, essendoci fin dagli anni ’40 del secolo scorso una cronica mancanza di manodopera per ogni tipologia di lavoro. Una situazione confermata dal numero di 18.729 nuovi immigrati italiani che vi sono arrivati nel 2022 e dall’aumento costante che, ormai da decenni, vi è anche nel settore del frontalierato. Tuttavia dobbiamo sfatare, ancora una volta, la novella che la Svizzera sia davvero il Paese del bengodi favoleggiando: di camerieri che a Zurigo guadagnano 17mila euro al mese, facendo di un filo d’erba un fascio; di impieghi a tempo indeterminato senza però precisare che in Svizzera si può essere licenziati con un preavviso massimo di tre mesi a secondo dell’anzianità di lavoro; di salari superiori ai 5mila euro mensili tacendo sulla diversità delle voci che compongono la busta paga nei due Paesi. Dimenticando, infine, di citare l’alto costo della vita che vi è nella Confederazione rispetto all’Italia. Dopo di che vanno, ovviamente, valutati diversi aspetti positivi che offre un Paese molto sviluppato come la Svizzera: una qualità della vita certamente tra le più alte al mondo con una burocrazia molto efficiente ed una disoccupazione quasi inesistente. Ma da qui a descrivere la Confederazione come il Paese del Bengodi ce ne corre, basta informarsi con i comuni mortali che ci vivono!

Pubblicato il

05.02.2024 14:01
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