La musica stonata della politica italiana

Né funerale di Stato né pietà per le 366 vittime, e neppure la possibilità per i sopravvissuti di assistere alla cerimonia, tenuti prigionieri in un carcere chiamato ipocritamente “Centro di prima assistenza” a Lampedusa. Alla cerimonia, invece, è stato invitato con tutti gli onori di Stato il rappresentante di quel regime totalitario eritreo da cui la popolazione sta fuggendo, a ogni costo e in qualsiasi condizione di tempo e di mare. C’era l’ambasciatore dell’Eritrea, ma non c’erano i morti e i salvati eritrei ad Agrigento, lontano da Lampedusa ma accanto alla villa del vicepremier italiano Angelino Alfano.

Contemporaneamente il premier Letta se la prendeva con l’Europa, a cui il governo della larghe intese sta consegnando gli ultimi avanzi di welfare italiano e la pelle di giovani, pensionati e (ex) lavoratori, chiedendo in cambio qualche soldo per tenere i migranti lontani dalle nostre coste.


Eppure, persino dalla sua Agrigento Alfano è stato costretto a scappare in fretta e furia, sommerso dai fischi e dalle proteste. Perché l’Italia, ancorché malconcia, impoverita, incattivita, non è ancora un paese piegato. Sono in tanti a voler cambiare musica e musicisti, legge elettorale e la famigerata Bossi-Fini contro i migranti e la Fini-Giovanardi contro i tossicodipendenti. Sono in tanti a difendere la Costituzione e a chiederne finalmente la piena applicazione.


Lo si è visto in ben tre grandi manifestazioni che hanno riempito la città di Roma tra sabato 12 e sabato 19 ottobre, organizzate da forze diverse ma unite nella critica alla politica data e nel tentativo di dimostrare che un’altra Italia è possibile, proprio sulla base del dettato costituzionale: riempire i granai e svuotare gli arsenali puntando sul lavoro, la salute, la cultura, i beni comuni, i diritti. Nel paese dei proprietari di case c’è una folla crescente di nuovi poveri costretti a dormire sotto i ponti, o a occupare le tantissime case sfitte e sono ormai 5 milioni gli italiani che per mangiare fanno ricorso alle mense dei poveri. La Fiom con i giuristi, i sindacati di base affamati di lavoro con chi si oppone alle grandi opere come la Tav proponendo al contrario piccole, indispensabili opere, fondamentali per uscire dalla crisi sociale ed economica in direzione di un diverso modello di sviluppo e di valori, socialmente ed ecologicamente sostenibile.


Il problema è la politica. A Palazzo Chigi come a Montecitorio e a Palazzo Madama si accelerano i tempi per stravolgere la Costituzione, modificandone addirittura l’articolo – il 138 – che fissa le regole per effettuare dei cambiamenti, in direzione di una repubblica presidenziale per completare la sterilizzazione di tutte le istanze territoriali e istituzionali. Nessuna fretta, invece, nella scrittura di una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini un minimo di libertà di scelta, o di una legge sulla rappresentanza e la democrazia nei posti di lavoro. Il governo di larghe intese guidato da Letta (e Napolitano) è ancora nelle mani di Berlusconi, l’immortale dio del male salvato ogni volta, da vent’anni, da chi racconta di essergli avversario.

 

Il Cavaliere di Arcore – disarcionato dalla magistratura e che sta per perdere il titolo onorifico per aver gravemente leso leggi, principi e morale del Paese – ha di nuovo avviato una campagna acquisti per impedire alla maggioranza del Senato di votare la sua decadenza. È riuscito a spaccare il suo partito-azienda tra “lealisti” e governisti, nonché il centro di Monti-Casini-Fini, mentre a spaccare il Pd ci pensano da soli gli eredi del Pci e della Dc. C’è chi sogna una nuova alba democristiana, e del resto, non lavorano già di concerto il vecchio Gianni Letta e il giovane Enrico di lui nipote?


La legge di stabilità, che pure sarà stravolta dal lavoro delle lobbies parlamentari, è il prodotto di una compagine governativa contro natura: non punta sullo sviluppo e l’occupazione ma sul pareggio di bilancio, prende in giro lavoratori e piccole e medie imprese, non frena la fuga all’estero di capitali, tecnologie, saperi, brevetti e fabbriche, anzi la favorisce. Persino dei sindacati “responsabili” e troppo sensibili all’appello all’unità nazionale, come Cgil-Cisl e Uil, sono stati costretti ad annunciare uno scioperetto di 4 ore, gestito nei territori e senza manifestazione a Roma per non disturbare troppo i manovratori, al punto che il segretario della Fiom Maurizio Landini è stato messo in condizione di precisare: i metalmeccanici aderiscono, ma questo non può che essere un primissimo passo.

Pubblicato il

23.10.2013 14:17
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