Palazzo & dintorni

Perché il Dipartimento di Norman Gobbi ha consumato 31mila franchi di spese di rappresentanza, mentre gli altri Dipartimenti ne hanno utilizzati mediamente meno di 2.500? Per rispondere alla domanda, area ha inoltrato al Consiglio di Stato richiesta di accesso ai dati sulla scorta della Legge Trasparenza. L’accesso è stato negato «poiché si tratta di una richiesta di informazioni generalizzata con finalità esplorativa», scrive il Consiglio di Stato.

area aveva richiesto la documentazione relativa ai cinque Dipartimenti per la medesima voce contabile, così da poter stilare un confronto. Visto il diniego, in Commissione di mediazione formuliamo una proposta di compromesso: di poter consultare almeno la documentazione dei due dipartimenti che consumano maggiormente nelle spese di rappresentanza, Territorio e Istituzioni.

Tanto più che questi due dipartimenti nel preventivo di quest’anno hanno indicato una spesa di ben 71mila franchi nelle Istituzioni, di 40mila invece in quello diretto da Claudio Zali. Su queste cifre in rete erano subito partite illazioni, visto l’anno elettorale. Non pochi utenti insinuavano che i numerosi pranzi offerti dalla Lega dei Ticinesi in questa campagna elettorale potessero essere stati pagati dai contribuenti. Il deputato Matteo Pronzini aveva pure interpellato il governo sul tema. area voleva dunque verificare se le illazioni avessero o meno un fondamento, per riportare la risposta al pubblico.


Niente da fare, il governo nega l’accesso anche al compromesso dei due dipartimenti. Non ci resta che tentare la lunga strada della giustizia per poter vedere come i Dipartimenti spendano i soldi pubblici.

Argo 1, secondo niet
Purtroppo, di ricorsi ne dovremo preparare due. Perché il Consiglio di Stato ci ha negato l’accesso anche ai rapporti del Controllo cantonale delle Finanze (Ccf) relativi al caso Argo 1. Quando scoppiò lo scandalo, Paolo Beltraminelli aveva dichiarato in Gran Consiglio che il Ccf aveva segnalato delle anomalie sul mandato ad Argo 1 prima che la Magistratura facesse scattare le manette. Si voleva dunque verificare se l’organo di controllo sui conti pubblici fosse riuscito a smascherare le irregolarità nei suoi compiti di routine, senza la successiva tensione mediatica sul caso.


Verificare l’efficacia o meno del Controllo cantonale delle finanze è d’interesse generale, poiché rassicura il cittadino di una analisi indipendente sulla bontà delle spese pubbliche. Niente da fare nemmeno in questo caso. Il governo ci ha negato l’accesso alla documentazione poiché nello specifico vi erano dei procedimenti aperti, ossia le indagini della Magistratura e della Commissione parlamentare d’inchiesta. Una volta chiusi i procedimenti però, il Consiglio di Stato ha negato ugualmente l’accesso ai rapporti del Ccf. Da qui il nostro secondo ricorso, di cui potremo darvi riscontro tra un anno.

L’utilità di controlli trasparenti
Il compito del Controllo cantonale delle finanze è d’importanza centrale nella fiducia dei cittadini verso i governanti e le istituzioni. Nel Canton Ginevra questa funzione è ricoperta dalla Corte dei conti, che pubblica regolarmente i suoi rapporti a beneficio di cittadini e media. È grazie a un suo rapporto se i ginevrini hanno scoperto che il loro municipale Guillaume Barazzone spendeva soldi pubblici in bottiglie di champagne nei night o 17mila franchi in telefonate, andando ben oltre le indennità già contemplate dal regolamento. «A seguito del rapporto della Corte dei conti», ha dichiarato il portavoce di Barazzone, «il municipale non si ricandiderà nel 2020».

L’approccio federale differente
A livello nazionale, il medesimo organo si chiama Controllo federale delle finanze (Cff). Anche lui pubblica regolarmente i suoi rapporti sulle spese dei vari Dipartimenti federali. Per citare l’ultimo dei suoi rapporti che ha fatto scalpore, gli scarsi controlli sulle armi esportate e una prassi di autorizzazione piuttosto favorevole alle imprese belliche. Sul suo sito si legge: “Per il Controllo federale delle finanze, la trasparenza gode della massima priorità. Chiunque può accedere al programma e al rapporto annuale. Dal 2014, pubblica annualmente diverse decine di rapporti di verifica”. Una cultura della trasparenza lontana anni luce dal Ticino.

Chiedi mele, arrivano pere
Significativo di quanto l’approccio alla trasparenza non sia stato assimilato nel Cantone, lo spiega un terzo caso a cui è stata confrontata area. Alla domanda di accesso a documenti sulla scorta della Legge Trasparenza, il governo chiede 15 giorni di proroga «per la difficoltà nel reperire la documentazione richiesta». Risollecitata alla scadenza del mese, la Cancelleria invece della documentazione, invia la risposta governativa a un’interrogazione di un deputato. Risposta già pubblica e facilmente consultabile su internet, per ottenere la quale non serve certo far ricorso alla Legge Trasparenza. Si chiedono mele e il governo risponde pere. Senza imbarazzo.

Pubblicato il 

21.03.19