La ruota del tempo: intervista a Peter Bodenmann

L’ex-presidente dei radicali svizzeri, l’urano Franz Steinegger, l’aveva definito "un albergatore in crisi d’astinenza politica". In effetti, Peter Bodenmann, ex-presidente del Partito socialdemocratico svizzero (Ps), non ricopre più alcuna carica politica significativa. Ma come un ayatollah in esilio, continua a scrivere articoli, a rilasciare interviste, a prendere posizione sui temi d’attualità politica. Non ancora cinquantenne (è nato nel 1952), questo avvocato e notaio di Briga proviene da una famiglia tradizionalmente democristiana, fedele al Ppd. Aveva 33 anni quando, nel 1985, venne eletto nel parlamento cantonale del Vallese e, due anni dopo, per la prima volta deputato al Consiglio nazionale. Nel 1990 assunse la presidenza del Ps. Dopo appena sette anni, tra la sorpresa generale Peter Bodenmann lasciò la presidenza del partito. Venne quindi eletto, primo socialdemocratico, membro del governo vallesano, conquistando con un brillante risultato un seggio tradizionalmente occupato da un democristiano. Nell’esecutivo cantonale ha ricoperto la carica di ministro della sanità. Si è però ritirato due anni dopo, per occuparsi dell’albergo che, a Briga, aveva costruito con suo fratello. Agli avversari politici che allora gli contestavano un conflitto d’interessi, ha risposto denunciando una campagna del Ppd senza precedenti contro la sua famiglia. Per la sua esperienza, ma anche per la sua forte personalità politica, segnata da posizioni incisive che hanno sempre raccolto un notevole seguito nel partito, Bodenmann è ancora uno degli uomini più consultati ed ascoltati della sinistra svizzera. Quando al suo posto di presidente del Ps venne eletta la zurighese Ursula Koch, si parlò di sconfitta dei suoi fedelissimi. A lui — che qualche mese fa aveva definito il partito "un bazar con uomini ed opinioni molto diversi" ed aveva parlato di una "sciagurata era Koch" — abbiamo rivolto nella seguente intervista qualche domanda su alcuni temi con i quali la sinistra ed il Ps, sul quale continua ad allungarsi la sua ombra, devono confrontarsi. Signor Bodenmann, come giudica le due presidenze, quella di Ursula Koch e quella di Christiane Brunner, che dal 1997 le sono succedute alla guida del Ps? Per quanto concerne Ursula Koch, il problema non era lei. Il problema erano le persone che prima hanno eletto Ursula Koch alla presidenza, e poi non hanno sviluppato insieme con lei una politica. Per questo, gli anni della sua presidenza sono stati anni persi. Christiane Brunner è in carica da otto mesi. Seguo con curiosità ciò che vuole conseguire rispetto ai contenuti. Non è frustrante per lei restare da parte, a Briga, lontano dalla politica e senza poter praticamente influire sul Ps? Ho fatto politica attivamente per quasi un trentennio. E questo, per il momento, è più che sufficiente. La libertà di poter dire e scrivere ciò che si pensa, lontano da incarichi che invece la limitano, non è frustrante. È il contrario. Rientrerebbe oggi in politica? E se rientrasse, quali questioni affronterebbe subito all’interno del Partito socialista? Nessuno sa che cosa farebbe se potesse, e in pari tempo volesse, far girare all’indietro la ruota del tempo. Lei ha sostenuto che "la sinistra dovrebbe far avanzare il cambiamento delle strutture" dell’economia. Oggi la sinistra vuole invece il mantenimento del "service public" (Ffs, Posta, elettricità) ed i sindacati prendono a volte la difesa dei cartelli protezionistici. Chi ha ragione? Da un buon decennio la mia posizione era, è e rimane approssimativamente la stessa: Confederazione, Cantoni e Comuni devono essere proprietarie, con profitto, delle ferrovie, della Posta, della Swisscom, delle centrali elettriche e della rete di distribuzione dell’elettricità. Questa situazione è nell’interesse degli occupati nelle rispettive aziende, a condizione che queste non frenino ma portino avanti il cambiamento delle strutture. Chi vuole salvare il settore pubblico impedendo il cambiamento delle strutture, si scava la fossa con le proprie mani. Tuttavia, oggi sembra che vi sia un conflitto tra la difesa dei lavoratori e quella dei consumatori. Quale di questi due interessi deve prevalere? Le consumatrici ed i consumatori si attendono dal "service public" prestazioni a prezzi convenienti che coprano tutto il territorio nazionale. Dalla Posta, per esempio, tariffe ragionevoli per le lettere ed i pacchi. Dalla Swisscom, efficienti linee Adsl [per la navigazione veloce in Internet, ndr] su tutto il territorio, che facciano parte integrante dell’offerta di base. E da una banca pos[tale, che deve essere realizzata, condizioni bancarie convenienti. Inoltre, poiché le aziende pubbliche ricevono crediti agevolati e non devono produrre profitti a vantaggio di azionisti e manager, accanto a prezzi convenienti esse sono in grado di offrire anche condizioni di lavoro corrette. In effetti, senza lavoratrici, lavoratori ed impiegati motivati, qualsiasi azienda va a fondo. Con la votazione sulla legge militare, Christoph Blocher ha dovuto subire il 10 giugno una pesante battuta d’arresto. Secondo lei, Blocher e la sua politica sono un fenomeno in declino? Blocher è ormai al di là della sessantina. Si stancherà. E l’Udc non dispone di un altro personaggio con uguale carisma. Il problema non è Blocher. Il problema sono il Ppd e il Plr, che oggi in questioni decisive di politica europea ed economica rappresentano le stesse posizioni di Blocher. Ruth Dreifuss e Moritz Leuenberger vengono spesso criticati per le posizioni che difendono nei rispettivi campi della politica federale. Lei li sostituirebbe? O porterebbe il Ps fuori dal Consiglio federale? Ambedue sono stati eletti in Consiglio federale durante la mia presidenza del Ps. Ambedue, nella posizione che ricoprono, potrebbero fare di più. Ma è stato così per la maggior parte dei consiglieri federali del Ps. E negli esecutivi cantonali la situazione non è molto diversa. Persino l’ex-trotzkista Jospin è oggi un bravo socialdemocratico. Sono gli apparati che modellano i politici. E non viceversa. Il "popolo di Seattle" contesta tutto: globalizzazione, Omc, vertici europei, Davos, G8, eccetera. Secondo lei, è soltanto — come dicono — un problema di comunicazione tra il potere politico-economico e questa nuova generazione di contestatori? Ogni generazione sperimenta con profitto una piccola sollevazione contro gli equilibri dominanti. Nel confronto-scontro con il sistema la nuova generazione impara a cavalcare la tigre. Ma anche a non riuscirci. Invece che di un’artificiosa agitazione, oggi c’è bisogno di discutere sulla questione di fondo: quali sono le contraddizioni che muovono il mondo e in quale direzione.

Pubblicato il

06.07.2001 02:00
Silvano De Pietro
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