Malaedilizia

“Tratta di esseri umani”: il responsabile dell’Ufficio di controllo paritetico dei cantieri per il Canton Ginevra, François Vittori, non usa mezzi termini per descrivere una situazione che vede come vittime alcuni operai italiani, assunti da una società ticinese e inviati a lavorare in riva al Lemano.  “Comportamenti criminali”, “sistema paramafioso”: per il sindacato Unia siamo di fronte ad un nuovo metodo di sfruttamento messo in atto da alcune aziende bucalettere svizzere, create appositamente per abbassare in maniera illegale i costi dei cantieri e aggirare la legge sui lavoratori distaccati.  Un fenomeno sempre più in auge e che vede il Ticino una sorta di avamposto sperimentale per sfuggire alle regole.

Non siamo più di fronte ai casi già riscontrati in passato di frode e di dumping salariale generati dalla classica catena di appalti e subappalti. Qui si va oltre: i datori di lavoro sono società svizzere create ad hoc e che, all’apparenza, propongono salari corretti. Salvo poi diminuirli ingiustificatamente, lasciando agli operai le briciole. Una pratica sempre più corrente e che fa leva sul fatto che i lavoratori, provenienti dall’estero, non conoscono le regole e potrebbero anche accontentarsi di questo salario che in Svizzera è da miseria. Così, fin che nessuno parla e denuncia il malaffare, tutto procede senza controlli e senza intoppi. A Ginevra, però, cinque lavoratori italiani, assunti e sfruttati da un’azienda ticinese, hanno deciso di svuotare il sacco. Ecco cosa è successo.


Da Como a Ginevra, via Melide


Si chiamano Gabriele, Gerardo, Giovanni, Carmine e Antonio. Sono tutti operai esperti che abitano nel Nord Italia. Dopo aver visto un annuncio su Internet o tramite il passaparola di conoscenti, hanno risposto ad un annuncio di lavoro della Ceei Spa, un’azienda della provincia di Como alla ricerca di nuovi piastrellisti, imbianchini e manovali. L’offerta sembrava allettante: lavorare in Svizzera per il doppio dello stipendio percepito in Italia: perché no?, si saranno detti i cinque operai.


Invece che essere assunti direttamente dalla stessa Ceei, agli interessati è stata però proposta l’assunzione tramite una società elvetica, la Astro Investments SA di Melide. È qui che, la scorsa primavera, i cinque lavoratori italiani (ma anche altri) si sono recati per firmare il contratto d’assunzione. Già allora c’era qualcosa che suonava strano, che strideva. Forse la sede dell’azienda: un paio di locali vicino alla Posta, celati da vetrate opache illustrate con effigi di uomini incravattati e muniti di valigetta. Forse anche le parole che si potevano leggere sulla vetrina: “mediazioni”, “contatti commerciali”, “consulenza”, “consulenza fiscale”. Niente insomma che sembrasse dimostrare la presenza di un’impresa edile o artigianale. Una sensazione che abbiamo percepito anche noi, andando a verificare sul posto e controllando sul registro di commercio le varie aziende che qui hanno sede: una carrellata di imprese, dagli scopi sociali più variegati. Tutte aziende amministrate da Gianluigi Valsangiacomo,  un ticinese  attivo tra Melide e il Canton Nidwaldo e che, più che un impresario costruttore, sembra essere piuttosto un consulente finanziario.


Una volta firmato il contratto, gli operai vengono subito trasferiti a Ginevra, impiegati su un cantiere in Rue de la Servette dove è previsto il rialzamento di una palazzina e la creazione di nuovi appartamenti. Il contratto prevedeva (teoricamente) vitto, benzina e alloggio in una camera d’albergo a Divonne, nella vicina Francia, pagato dalla Ceei Spa. Per tutti sembrava un’avventura allettante. Poco importa la lontananza da casa quando, in tempi di crisi, si può guadagnare bene. Poco importa se la Astro Investments appariva priva di mezzi, tanto che l’attrezzatura per lavorare avevano dovuto procurarsela gli stessi operai.


Ad un certo punto, le cose che non quadrano cominciano però ad essere troppe. «Dopo il primo mese non mi è stato versato niente ma mi è stato detto di aspettare; poi ho ricevuto dei soldi in contanti, ma ciò non corrispondeva a quanto era stato pattuito» ci spiega Antonio, piastrellista con 33 anni di esperienza, attivo sul cantiere ginevrino. Per i primi due mesi di lavoro, gli operai assunti dall’azienda ticinese hanno ricevuto 1.300 franchi. Molto meno rispetto a quanto sta scritto sui loro contratti, ossia più di 4.000 franchi al mese. Il resto sembra essersi volatilizzato, sparito dalle loro buste paga sotto la voce “salario mensile rettifica”. Deduzioni e trattenute ingiustificate di oltre 3.000 franchi al mese. Tirando le somme c’è chi a fine mese si è visto recapitare 610 euro. E, tanto per mostrare la serietà dell’azienda, aggiungiamo il fatto che le buste paga presentavano dei numeri Avs fantasia: in realtà erano semplicemente le date di nascita degli stessi operai.
La Astro Investments non è una creazione recente: è stata fondata nel 1997 nel Canton Nidwaldo. Il suo scopo sociale – che prevede, tra gli altri, la possibilità di trasformare e rinnovare ogni tipo di immobile – è stato però modificato all’inizio di quest’anno, in concomitanza con il suo trasferimento in Ticino.

 

Secondo chi ha studiato il caso siamo di fronte ad una struttura societaria dormiente che, a partire da quest’anno, è stata messa a disposizione della società comasca Ceei Spa, quale veicolo per potere impiegare manodopera in Svizzera. Una conchiglia vuota, insomma, che non possiede né mezzi di produzione né il savoir-faire necessario per operare sui cantieri e che si è resa complice di dumping e sfruttamento. Il tutto grazie anche alla solita catena di appalti e subappalti e ai susseguenti rimpalli di responsabilità.


La catena dei subappalti
Vediamo di ricapitolare. Sul cantiere di Ginevra opera un’impresa generale, poco conosciuta nel ramo e anch’essa ticinese: la Hsd High Standing Design Sa di Lugano. Questa ditta ha sede in centro città, lontana da macchinari e magazzini. I suoi  coinquilini sono altre società finanziarie mentre il suo unico amministratore è Bruno Chastonay, consulente finanziario e esperto di servizi manageriali. È la Hsd che ha dato mandato alla comasca Ceei Spa di realizzare dei lavori a basso costo sul cantiere ginevrino. Non avendo manodopera a sufficienza, quest’ultima ha postato su Internet degli annunci di lavoro. Ma per impiegare i propri dipendenti in Svizzera oltre i 90 giorni consentiti dalla legge, la Ceei Spa ha dovuto creare un indirizzo in Svizzera. Ed è qui che è intervenuta la Astro Investments di Valsangiacomo, una bucalettere utilizzata appositamente per aggirare la legge e per  prendersi gioco degli operai, ai quali senza ritegno viene taglieggiata la busta paga.


Per José Sebastiao, il sindacalista di Unia che ha seguito la vicenda, non vi è alcun dubbio: «Non si tratta di un errore ma siamo di fronte ad una strategia chiara, criminale, studiata a tavolino da queste persone per sfruttare i lavoratori facendo leva sulla loro vulnerabilità». Venuto a conoscenza di queste gravi irregolarità, il sindacato ha deciso di intervenire e denunciare la situazione. Il 4 agosto François Vittori, il responsabile del controllo dei cantieri, decide che così non si può più andare avanti: «Ci siamo recati sul posto su segnalazione del sindacato e abbiamo parlato con gli operai arrivati dall’Italia, i quali ci hanno dichiarato di lavorare più di 200 ore al mese per uno stipendio di 600 franchi. Abbiamo ottenuto i loro fogli paga e notato delle trattenute indecenti». La prova che qualcosa non funzionasse, Vittori l’ha vista in diretta, sotto i propri occhi: «Un camion proveniente dalla Germania è arrivato sul cantiere con delle cucine che i lavoratori di Astro avrebbero dovuto montare negli appartamenti fino a mezzanotte. Deve essere chiaro che a Ginevra non c’è posto  per gli schiavisti e per chi opera in questo modo. Ho così immediatamente bloccato il cantiere, lasciando solo la possibilità di coprire le cucine rimaste sul marciapiede e che il camionista tedesco non voleva più portare indietro».

Sfruttati e licenziati


L’intervento sindacale si è rivelato efficace: Astro Investments è stata costretta a rispettare i contratti e a versare i circa 60.000 franchi di salari arretrati e a dichiarare  una quindicina di lavoratori all’Avs. Ma per i cinque operai usciti allo scoperto la vicenda si è conclusa con il licenziamento. A Gerardo, Giovanni, Carmine, Antonio e Gabriele questo è stato giustificato con il fatto che il cantiere volge al termine e il committente non ha più assicurato nuove commesse. In realtà, il cantiere è lungi dall’essere concluso (sono arrivati sul posto nuovi lavoratori) e la disdetta è indirizzata soltanto alle persone che hanno deciso di esporsi e denunciare gli abusi. Questo nonostante le rassicurazioni esternate da Gianluigi Valsangiacomo al giornalista di le Matin Dimanche che ha scritto un articolo sulla vicenda. Il termine di licenziamento era inoltre troppo breve, tanto che dopo l’intervento di Unia è stato posticipato di un mese. Nel frattempo, in seguito alle mancate promesse da parte della Astro Investments, François Vittori è stato costretto a bloccare nuovamente il cantiere per qualche giorno.


Questo modo di operare si diffonde sempre più in Svizzera: i casi segnalati dall’inizio dell’anno sono sempre più numerosi. Le associazioni padronali e le aziende potrebbero depositare denuncia per concorrenza sleale ma non lo fanno, legittimando con la loro indifferenza questo sistema. A pagare sono quindi sempre i lavoratori che quando escono allo scoperto vengono licenziati. Nella totale impunità.

Pubblicato il 

08.09.16
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