La voglia di partecipazione dei diversamente giovani

Sono pensionato (per meglio dire beneficiario dell’Avs) da quattro anni e sono nel sindacato da oltre quarant’anni (ho cominciato alla Flel, per poi passare al Sel e al Sei ed approdare infine a Unia).
Sono presidente del Gruppo pensionati di Unia Ticino e Moesa da pochi mesi ed ho accettato questo incarico con l’intenzione di sviluppare nel sindacato, grazie anche a questa nuova rubrica di area, un dibattito in grado di produrre una visione nuova sul ruolo dei gruppi d’interesse.

 

Sì, perché se è vero che la loro istituzione all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso era animata dalle migliori intenzioni ed ha prodotto anche qualche importante risultato concreto, è altrettanto se non più vero che poi si è rivelata un esercizio alibi dal momento che i gruppi hanno finito per diventare dei ghetti all’interno dell’organizzazione. Bisogna dunque cambiare e se necessario anche in maniera drastica, ben coscienti del fatto che non sarà facile e che non mancheranno forti resistenze.
Noi pensionati abbiamo la legittima pretesa di poter partecipare attivamente alla vita del sindacato, di essere ascoltati per quello che valiamo in termine di esperienze fatte e conoscenze acquisite, come pure per quello che rappresentiamo in una società nella quale il peso degli anziani – anzi, dei diversamente giovani – sarà sempre più importante, persino determinante nelle scelte politiche che dovranno essere compiute, in particolar modo quelle riguardanti il sistema pensionistico e il suo finanziamento.


Un interessante articolo pubblicato dalla Neue Zürcher Zeitung che cita un’analisi dell’Ufficio federale di statistica indica che nel 2030 si conteranno in Svizzera 1,6 milioni di ultrasettantenni, ovvero 500'000 in più degli attuali.
Ma non è tutto. Questa fascia d’età dispone di un importante potere d’acquisto. Si calcola che nei Paesi dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico di cui anche la Svizzera fa parte, più di un terzo della ricchezza prodotta sia in mano a persone d’età superiore a 65 anni, percentuale che sale addirittura al 65% se viene considerata anche la fascia d’età tra 55 e 64 anni. Certo, si può discutere su cosa gli statistici intendano per ricchezza; ma non si può negare l’evidenza, ovvero che oggi la generazione dei nonni sta meglio di quella dei padri e meglio ancora di quella dei nipoti.


Ci impegneremo come Gruppo pensionati di Unia Ticino e Moesa per contare di più nel sindacato e far compiere allo stesso un significativo salto di qualità; e con il sostegno delle istanze regionali potremo porre il problema anche a livello nazionale. Unia forte, che tutti noi vogliamo, è anche questo. Per questo lo faremo e ce la faremo.

Pubblicato il

10.09.2014 21:40
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