Landini alla guida della Cgil, una speranza per i lavoratori

A centododici anni di vita, portati decentemente nonostante gli acciacchi, la Cgil sta giocando una delle sue partite più importanti: è iniziato il percorso congressuale che si concluderà a fine gennaio con la definizione della linea sindacale e l’elezione dei gruppi dirigenti. Più di 5 milioni di iscritti, oltre la metà pensionati dello Spi. È l’organizzazione di massa più grande in Italia, l’ultima sponda sociale a fronte dell’esercito allo sbando della sinistra politica. La vittoria elettorale e la crescita di consenso delle forze populiste, insieme alla crisi verticale del Pd e all’incapacità della sinistra di costruire unità e fare massa critica, mettono la Cgil di fronte a una nuova sfida: il rafforzamento della sua autonomia dai padroni, dai governi ma soprattutto, visti alcuni precedenti non proprio fulgidi, dai partiti di sinistra o sedicenti tali. Dovrebbe valere per il futuro quel pezzo di biografia di Maurizio Landini che racconta di come, al suo primo impiego come saldatore in una fabbrica cooperativa, organizzò uno sciopero per protestare contro le condizioni di lavoro, svolto all’aperto e al freddo. Il presidente della coop lo ammonì: “Ma lo sai che io e te abbiamo la stessa tessera (del Pci, ndr)”? “La tessera sarà la stessa ma io ho freddo ugualmente”. Operaio, delegato Fiom e su su, fino a diventare segretario generale dei meccanici, da un anno nella segreteria nazionale confederale e, da dieci giorni, candidato da Susanna Camusso a prendere il suo posto al vertice della Cgil.


Landini deve fare i conti con un contesto politico e sociale inedito. Le forze del centrosinistra hanno guidato in prima persona l’attacco ai diritti conquistati in decenni di battaglie, al Pd sono attribuiti dai lavoratori la cancellazione dell’art.18, il jobs act che aumenta la precarizzazione del lavoro e la sua frantumazione, la controriforma pensionistica Fornero, l’attacco alla Costituzione fermato dal referendum che ha rimandato a casa Matteo Renzi. Con l’approfondirsi del fossato che divide il Pd (ma anche le forze alla sua sinistra) dal mondo del lavoro, la Cgil rischia di perdere il suo ruolo di rappresentanza, tagliata fuori da tutte le nuove forme del lavoro. L’impegno a riunificare il lavoro e aprire la Cgil ai giovani e alle figure sociali più colpite dalla crisi, rinunciando alle forme di burocratico continuismo con un passato che non c’è più, segna una strada possibile. La candidatura di Landini – emblema della battaglia quasi solitaria della Fiom contro il diktat di Marchionne “o il lavoro o i diritti” – è sostenuta, oltre che dalla segretaria uscente, da 7 dei 9 membri della segreteria. All’opposizione si schiera il segretario del potentato dei pensionati che ha scelto come candidato l’emiliano Colla, per molti cinghia di trasmissione del Pd. Lo scontro sarà duro, con i pensionati arrivati a minacciare la disdetta del patto di solidarietà che vive dai tempi di Trentin, per cui lo Spi elegge la metà dei delegati al congresso rispetto a quelli a cui i numeri darebbero diritto. Come dire che il segretario generale della più importante forza dei lavoratori dev’essere deciso dai pensionati.


L’esito del congresso sarà fondamentale per il futuro della Cgil e potrebbe regalare una speranza all’insieme dei lavoratori e a chiunque avesse voglia di provare a cambiare lo stato di cose presente.

Pubblicato il

18.10.2018 15:05
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