Lavoro & Dignità

Edilizia, si va verso lo scontro totale. Fumo nero all’ultima tornata del 16 settembre delle trattative nazionali per il rinnovo del Contratto nazionale mantello (Cnm) dell’edilizia principale, in scadenza a fine anno. Un contratto che regola i rapporti di lavoro di 91.000 persone e, indirettamente, di altre 210.000 dell’edilizia secondaria.

Da un lato del tavolo negoziale, le risposte emerse da un sondaggio sindacale al quale avevano partecipato 15.000 muratori del paese scegliendo le rivendicazioni principali per migliorare le condizioni di lavoro in un contratto che da anni non conosce dei progressi concreti.


Aumenti salariali, regole chiare in caso di intemperie, giornate lavorative più corte, maggiore protezione per i lavoratori edili più anziani e tempo di viaggio interamente retribuito sono le cinque rivendicazioni essenziali portate sul tavolo negoziale con la Società svizzera degli impresari costruttori (Ssic). «Proposte migliorative bellamente ignorate dal padronato, senza mai degnarsi di entrare nel merito» spiega Dario Cadenazzi, responsabile Unia Ticino per il settore e partecipante al tavolo delle trattative nazionali.


Sull’altro fronte del tavolo, le proposte padronali per un «contratto snello e moderno». Nell’ultimo comunicato, l’associazione degli impresari ha precisato i contenuti della sua proposta. «Il nuovo calendario di lavoro annuale dovrà essere limitato alla definizione di ferie, festività e giorni di compensazione» si legge. Le imprese potrebbero così spalmare le 2.112 ore annuali dell’operaio a loro piacimento. «Detto in termini corretti, vuol dire lavoro su chiamata. L’abolizione degli orari giornalieri e dei calendari mensili, nel contesto di concorrenza estrema e di pressione sui tempi di consegna che oggi si vive sui cantieri, significherebbe sacrificare sull’altare delle aziende la vita fisica, sociale e familiare degli operai. Un calendario vuoto equivale a gettare gli operai in pasto alle aziende» spiega Cadenazzi.


L’aspetto curioso della posizione padronale è che sostiene di aver a cuore i bisogni degli operai (più dei sindacati) e di aver modellato la proposta contrattuale sulla scorta di queste necessità. «Partiamo dagli interessi comuni, aveva esordito il presidente della Ssic Gianluca Lardi al tavolo negoziale» racconta il sindacalista. «Prendiamo il caso dei lavoratori più anziani, licenziati a pochi anni dalla pensione. Qual è la soluzione padronale? Abolire il vincolo di qualifica professionale quando si cambia impresa. Per l’operaio più anziano significa che, dopo esser stato licenziato, potrà essere riassunto a una paga inferiore perché avrà perso le qualifiche conquistate con anni di esperienza accumulata. Ciò vuol dire che perderà oltre mille franchi al mese. La risposta di Lardi a queste cifre? “Con quattromila franchi si può vivere in Svizzera”. Decisamente parlare di interessi comuni risulta fuori luogo quando si vive su pianeti diversi. La risposta sindacale alla problematica è diametralmente opposta: rafforzare la protezione dei lavoratori anziani contro il licenziamento».


A ben vedere, qualche punto d’interesse in comune tra padronato e operai edili ci sarebbe. Protestare contro i folli tempi di consegna imposti dai committenti, tanto più che il profitto di immobiliaristi e proprietari fondiari è cresciuto esponenzialmente in questi anni (si veda la grafica qui). «Invece di far fronte comune su questa piaga, gli impresari scelgono il silenzio, scaricando il problema sui lavoratori» commenta Cadenazzi.


Stando alla Ssic, l’abolizione dei limiti delle ore di lavoro giornaliere e settimanali consente a un dipendente di suddividere per esempio il proprio carico di lavoro al 100% su una settimana di 6 giorni.
«Iniziamo col dire che la settimana lavorativa deve essere di cinque giorni. Se la portiamo a sei giornate, la vita familiare e sociale degli operai sarebbe ulteriormente penalizzata. Tanto più che far credere che sia l’operaio a scegliere quando lavorare è una colossale bugia. Qualsiasi lavoratore lo sa. Non solo nell’edilizia, ma in tutti gli ambiti lavorativi. Aggiungo un altro fatto. Senza calendario, l’operaio come potrà dimostrare di aver lavorato delle ore supplementari? Non esisterebbe alcuna possibilità di controllo che lo attesti. Non sarebbe possibile dimostrarlo per rivendicare il dovuto».


Da parte padronale si sostiene che grazie al loro modello, la settimana potrebbe essere più corta, concentrando le ore di lavoro nell’arco di quattro giorni. L’operaio potrebbe così praticare sport o altri hobby nel tempo libero, afferma la Ssic. «Sa quante ore settimanali massime rivendica la Ssic col suo modello? 58 ore. Quarantotto sul cantiere e dieci di trasferta che, bontà loro, pagherebbero. Ciò vuol dire delle settimane infernali per gli operai. La proposta padronale, oltre ad essere tecnicamente illegale perché supera le 50 ore massime previste dal Codice delle obbligazioni, vuol far credere che l’operaio possa decidere autonomamente di lavorare quattro giorni, quando più gli aggrada. La verità è che durante la bella stagione l’edile sarebbe spremuto come un limone, costretto a lavorare fino a 58 ore settimanali. Quando invece farà comodo alle imprese, vedi condizioni meteo proibitive, l’operaio sarà lasciato a casa senza preavviso».


Proprio la questione intemperie era risultata la problematica maggiore, in particolare nella Svizzera tedesca, segnalata dalle migliaia di muratori interpellati lo scorso anno. Dalla consultazione sindacale è emersa la necessità di adottare regole chiare per sospendere i lavori in caso d’intemperie. «La Ssic vorrebbe abolire i calendari mensili per esser libera di impiegare i muratori quando le conviene, scaricando il rischio aziendale sugli operai. In altre parole, vorrebbe introdurre il lavoro su chiamata. Per i lavoratori la salute e la sicurezza sono fondamentali. La risposta corretta al problema delle intemperie è avere regole chiare per interrompere i lavori quando la salute e la sicurezza sono in pericolo. Non è di certo la flessibilità oraria invocata dal padronato. Con l’abolizione dei calendari orari, qualcuno pensa seriamente che le aziende interromperebbero i lavori in caso di canicola o di pioggia?».


Alla quinta tornata di trattative, le distanze tra le parti sono ancora abissali. Il padronato ha messo sul tavolo la minaccia del vuoto contrattuale. Quali sarebbero le conseguenze per gli operai edili, chiediamo a Cadenazzi. «Nel breve periodo, la certezza di veder polverizzati i diritti conquistati in settant’anni di contratto oltre a un abbassamento generalizzato dei salari sul medio termine. Senza regole, sarebbe inevitabile in un contesto di guerra dei prezzi tra le imprese. Ci sarebbe una violentissima pressione sulle condizioni di lavoro. Il presidente della Ssic Gianluca Lardi lo ha detto esplicitamente durante l’ultima trattativa: “Agli impresari costruttori piace di più la legge sul lavoro che il Cnm”. Tutti gli aspetti migliorativi contenuti nel contratto nazionale sarebbero spazzati via e sostituiti dalle blande tutele della legge sul lavoro. Ciò vuol dire 50 ore settimanali, nessun minimo salariale, nessun obbligo di tredicesima, nessun supplemento, nessun blocco dei lavori in caso d’intemperie, nessuna indennità in generale. Ed è inutile sperare nell’intervento cantonale per ripristinare delle norme decenti. Quando nel 2007 vi fu un vuoto contrattuale, il Canton Zurigo impose al settore un contratto normale con salari inferiori di oltre 500 franchi. Questa è la realtà delle cose».

 

Per quanto riguarda il Ticino, dove il Ccl cantonale dell’edilizia scadrà pure lui a fine anno, le trattative non sono nemmeno iniziate, malgrado i sindacati abbiano chiesto di intavolare delle discussioni. La locale sezione dell’associazione padronale pare temporeggiare in attesa di vedere come si concluderanno le trattative sul piano nazionale. Sulle prospettive di un eventuale vuoto contrattuale cantonale, Cadenazzi è lapidario: «In Ticino una situazione di vuoto contrattuale sarebbe mortale per tutti, imprese e lavoratori».


Sul piano nazionale, operai e sindacati sono pronti alla mobilitazione per impedire lo scenario del vuoto contrattuale ed evitare dei peggioramenti. Sui cantieri gli operai stanno votando se dare mandato ai sindacati per organizzare delle giornate di mobilitazione. In Ticino la votazione si è già conclusa. «Il responso di diverse migliaia di operai è stato inequivocabile: sì alle giornate di lotta». A livello cantonale la data è già stata fissata: lunedì 17 ottobre.

Pubblicato il 

29.09.22
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