Lidl, offensiva in Svizzera

Giovedì 19 marzo Lidl aprirà i suoi primi 13 negozi in Svizzera. Dopo Aldi, presente dal 2005, è il secondo grosso gruppo mondiale dell'hard discount a sbarcare nel nostro paese. Mettendo sotto pressione l'intero settore del commercio al dettaglio. Strategie e prospettive.

Negli ultimi decenni il commercio al dettaglio ha subito nel mondo profonde trasformazioni strutturali. In Svizzera fino a qualche anno fa queste trasformazioni si erano fatte sentire in maniera assai meno dirompente che altrove. Ma al più tardi dal 2005, da quando cioè l'hard discounter tedesco Aldi ha aperto i suoi primi punti vendita nel nostro Paese, l'intero settore della vendita, a partire dal personale, è sempre più sotto pressione. Una pressione che, con l'apertura giovedì prossimo dei primi 13 negozi di Lidl, il grande rivale (pure tedesco) di Aldi, diventerà ancora più pesante. Aldi e Lidl operano infatti secondo un concetto simile, basato sulla compressione esasperata dei costi (cfr. riquadrato azzurro).
Le profonde trasformazioni in atto nel commercio al dettaglio a livello mondiale si caratterizzano per una sempre più marcata concentrazione dei punti vendita in poche mani, per una crescente esclusione dal mercato di soggetti che non raggiungono la necessaria massa critica e per un'espansione dei grossi gruppi in nuove regioni, in nuovi continenti e in nuovi campi d'attività. Fra i principali protagonisti e i maggiori beneficiari di questo processo ci sono le grandi catene di negozi hard discount come Aldi e Lidl (cfr. tabella in alto a sinistra). Un processo reso possibile in particolare dall'apertura dei mercati nazionali con le liberalizzazioni orchestrate dal Gatt e dall'Organizzazione mondiale del commercio (Omc) e dalle nuove possibilità nella gestione delle imprese offerte dall'informatica.
Le dimensioni nel frattempo raggiunte dai giganti della grande distribuzione a livello mondiale permettono loro di dettare le condizioni ai rispettivi fornitori. Questo sia che si tratti di fornitori locali (in genere per gli alimentari), sia che si tratti di produttori dislocati in Paesi in via di sviluppo. Quel che interessa alle catene di distribuzione è ridurre i prezzi, sottoscrivre contratti flessibili e accorciare i tempi di fornitura, così da comprimere i costi di magazzino. Maestri in questo genere di operazione sono gli hard discount. Le conseguenze di tali strategie finiscono con il gravare in definitiva sul personale impiegato dai fornitori – sia in Occidente che nei Paesi in via di sviluppo (Paesi che, avendo un Pil spesso inferiore alla cifra d'affari dei giganti mondiali della distribuzione, non hanno alcun argomento per opporvisi). In Bangladesch, in India, in Cina e nello Sri Lanka migliaia e migliaia di donne lavorano sotto pesanti pressioni e in totale precarietà per i fornitori dei grossi gruppi fino a 60 ore la settimana, senza essere pagate per gli straordinari e percependo un salario che non permette loro di vivere. Conseguenza: se un paio di jeans a Londra in un negozio Asda costava 23 euro nel '99, dopo l'acquisto di questa catena di supermecati da parte di Walmart esso nel 2002 era sceso a soli 9 euro.
L'espansione è dunque una strategia vitale per gli hard discount. Se nei Paesi d'origine essa finisce col ridursi ad un'esasperata guerra dei prezzi, nei nuovi mercati essa beneficia spesso di più ampi margini di manovra ma deve tener conto almeno in parte delle caratteristiche locali. Ecco perché Lidl, che contava di sbarcare in Svizzera nel 2005 assieme ad Aldi, ci ha messo quattro anni in più: il fallimento della conquista del mercato norvegese gli ha consigliato di rivedere i suoi piani. Ed ecco perché in Svizzera Aldi propone più prodotti freschi che in Germania. Gli esperti ritengono infatti che la sola strategia dei prezzi stracciati non sia sufficiente per sfondare nel nostro Paese.
Elemento centrale delle trasformazioni in atto nel commercio al dettaglio è d'altro canto l'annullamento dei tradizionali rapporti d'impiego nell'azienda stessa che ancora erano unanimemente riconosciuti e rispettati almeno nei Paesi industrializzati fino agli anni '70. Il personale è così esposto a forti pressioni e minacce, viene dissuaso da qualsiasi attività sindacale ed è tenuto in costante stato di precarietà, sia per le forme di lavoro (su chiamata, temporaneo, ...) che per la sempre minore sicurezza sociale (cfr. articolo sotto). Ciò permette di avere costi per il personale molto bassi: ed è questa la carta vincente degli hard discount (cfr. tabella gialla).
Le ripercussioni in Svizzera dell'arrivo di Aldi e Lidl cominceranno a farsi sentire in maniera importante a partire dalla fine del prossimo anno, quando assieme i due hard discounter gestiranno circa 220 punti vendita raggiungendo una quota di mercato del 5 per cento. Ma già oggi Migros e Coop sono in piena guerra dei prezzi. I suoi costi sono per ora riversati sui fornitori. L'avanzata di Aldi e Lidl nel frattempo è stata favorita dalla Commissione per la concorrenza con le condizioni poste a Coop e Migros per l'acquisto di Carrefour e rispettivamente Denner. Un'avanzata agevolata dall'eccessiva superficie di vendita raggiunta complessivamente dai negozi in Svizzera, caratteristica che spinge verso l'alto i prezzi della concorrenza e vede gli hard discount ben posizionati, con le loro superfici ridotte e l'alta produttività al metro quadrato.
Lidl arriva in Svizzera al termine di una fase in cui l'alta congiuntura aveva rallentato l'attuazione delle trasformazioni del commercio al dettaglio che si registrano a livello mondiale. Ma l'effetto combinato della crisi, dell'interesse per prodotti sempre meno cari anche presso un pubblico che dispone di buone capacità finanziarie, della saturazione di prodotti materiali presso ampie fasce di clientela e dell'espansione di Aldi e Lidl dovrebbe nuovamente accelerarla nei prossimi mesi. Per questo gli esperti consultati dal Crédit Suisse ritengono che saranno gli hard discount i grandi vincitori del 2009 nel mercato svizzero del commercio al dettaglio. A breve termine la guerra scatenata da Aldi e Lidl permetterà di creare alcune migliaia di posti di lavoro, ma già a medio termine il numero complessivo di dipendenti del settore sarà assai inferiore rispetto ad oggi. Mentre dunque non è chiaro se i consumatori ci guadagneranno o ci perderanno, una cosa appare certa: ad uscirne sconfitti saranno i salariati della vendita e delle ditte fornitrici. In Svizzera come nel resto del mondo.

Pubblicato il

06.03.2009 02:30
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