Lo Sri Lanka non è un paradiso

Il 2 settembre l’Ufficio federale della migrazione (Ufm) ha annunciato che la Svizzera sospende provvisoriamente i rinvii verso lo Sri Lanka. Un primo passo positivo. Per arrivare a questa decisione, è stato però necessario che alcune settimane fa una famiglia srilankese domiciliata nel Canton San Gallo venisse arrestata appena rientrata a Colombo. Solo dopo questo fatto l’Ufm si è reso conto di quanto siano pericolosi i rinvii verso l’isola.


Il padre è ancora in carcere (al momento della redazione del testo) e le autorità svizzere stanno cercando di chiarire le circostanze del suo arresto. Ma questo non è l’unico caso. Almeno altre due persone respinte dalla Svizzera sono state arrestate e maltrattate al loro arrivo in Sri Lanka. Una decina di situazioni identiche sono state segnalate in seguito al rimpatrio da altri paesi europei. Questo dimostra come il governo srilankese sospetti chiunque abbia cercato rifugio all’estero di essere un potenziale oppositore e lo tratti come tale.
Questo perché quest’isola dell’Asia del sud non è il paradiso che molti immaginano. O almeno non per tutti i suoi abitanti. Dopo la sanguinosa repressione dei ribelli tamil nel 2009 la guerra è finita. I bombardamenti da parte dell’esercito uccisero in poche settimane tra i 40 e i 70mila civili tamil. Ad oggi le autorità continuano a negare questo massacro e rifiutano che sia aperta un’indagine imparziale e indipendente sui crimini di guerra.
Oppositori politici, giornalisti critici o semplicemente persone appartenenti all’etnia tamil: numerose sono le vittime della persecuzione da parte del governo. Tutti loro rischiano tortura, detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate nella più totale impunità.


Lo Sri Lanka rifiuta qualsiasi “ingerenza” internazionale e solo dopo anni di insistenti richieste ha autorizzato la visita di Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, avvenuta a fine agosto. Navi Pillay stessa ha affermato che molte persone che volevano incontrarla durante la sua missione hanno subito minacce da parte delle forze di sicurezza srilankesi.


In questo contesto l’annuncio da parte dell’Ufm di voler sospendere temporaneamente i rinvii è benvenuto, ma non basta. Nessun accordo di riammissione dovrebbe essere negoziato con un paese che viola i diritti umani. Quasi 50'000 persone originarie dello Sri Lanka vivono in Svizzera: il nostro paese ha quindi una responsabilità nei loro confronti. Per questo motivo Amnesty ha lanciato una campagna per chiedere alle autorità svizzere di mettere fine ai rinvii verso lo Sri Lanka e di far pressione sul governo dell’isola perché rispetti i diritti fondamentali. Non lasciamoci abbagliare dall’immagine idilliaca che il governo e l’industria del turismo ci vogliono mostrare.

 

Per firmare la petizione:
www.campagne-srilanka.ch

 

Pubblicato il

11.09.2013 23:15
Sarah Rusconi
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