Lottano per i nostri figli

Gli operai delle Officine Ffs di Bellinzona scesi in sciopero contro gli sciagurati piani di ristrutturazione di Ffs Cargo non lottano "solo" a difesa del loro posto di lavoro. La loro è una lotta esemplare sia per la determinazione e le modalità con cui è condotta, sia per la chiarezza degli obiettivi, che non sono soltanto contingenti. Gli operai di Bellinzona lottano infatti per difendere la dignità e la qualità del lavoro – perché se il lavoro è cattivo, la vita non può essere buona. Essi lottano dunque per il benessere di un'intera regione, oggi e domani. I cittadini ticinesi l'hanno capito e per questo li sostengono.
I dirigenti di Ffs Cargo hanno invece sbagliato i loro calcoli. Pensavano che bastasse l'annuncio del direttore Nicolas Perrin alle 7 del mattino di venerdì 7 marzo per archiviare il dossier Officine di Bellinzona. In realtà quel momento è diventato altamente simbolico: il manager freddo e spietato è stato scacciato dagli operai dalla loro Officina, la sua logica ultraliberista non può e non deve avere diritto di cittadinanza a Bellinzona. Perché Bellinzona è cresciuta in simbiosi con le ferrovie, e ne ha assimilato quella che per oltre un secolo è stata la cultura del lavoro: precisione, affidabilità, puntualità, dedizione, passione. Se alle Officine di Bellinzona c'è una manodopera estremamente capace e che con le ferrovie si identifica totalmente, in città, nella regione e nel resto del cantone ben se ne capisce l'importanza. Per questo non si è disposti a lasciarsi scippare un simile patrimonio – anche perché i sacrifici che il Ticino sopporta come asse di transito sono sempre più gravi e non si vede come vengano compensati.
Non meno grave della decisione di spostare la manutenzione delle locomotive a Yverdon è dunque quella di esternalizzare privatizzandola quella dei carri merci. Perché anche essa significa gettare alle ortiche decenni di cultura del lavoro, tramandata quasi di padre in figlio, esponendola ai rischi di delocalizzazione in paesi dove il lavoro costa molto meno. Non solo. Togliere centinaia di lavoratori dalla tutela di un buon contratto collettivo com'è quello di Ffs Cargo per assoggettarli al contratto dell'industria metalmeccanica (che non prevede nemmeno dei minimi salariali) significa operare una fortissima pressione sui salari e sulle condizioni d'impiego di tutta la regione e dell'intero Cantone. Questo è non solo inaccettabile da parte di un'impresa interamente a capitale pubblico, ma è anche del tutto irresponsabile in un Cantone che come nessun altro è esposto ai rovesci della libera circolazione.
Gli operai di Bellinzona lottano quindi a difesa della dignità del lavoro e delle condizioni di impiego in tutta la Svizzera italiana. Lottano per chi è oggi nel mondo del lavoro, ma soprattutto per chi ci arriverà nei prossimi anni. Perché saranno i nostri figli i primi a soffrire per la facilità con cui a Ffs Cargo e in mille altre aziende si applica il verbo liberista. Per questo gli operai di Bellinzona, le loro famiglie e coloro che li sostengono meritano tutta la nostra riconoscenza, tutto il nostro affetto e tutta la nostra solidarietà.

Pubblicato il

14.03.2008 00:30
Gianfranco Helbling
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