«Lugano lotta contro i poveri, non contro la povertà»

Il sociologo Jean-Pierre Tabin sulla campagna anti-mendicanti: nessun crimine organizzato

Basta pezzenti! Per carità, chi è nel bisogno va aiutato, ma non foraggiamo le bande malavitose organizzate che si servirebbero di questi poveri disgraziati per ingrassare la propria filiera. È questa la relazione, accattoni e criminalità, su cui si fonda la campagna di “sensibilizzazione” lanciata da Municipio e Polizia comunale di Lugano affiancati nell’operazione da fra Martino Dotta e da un’antenna di Soccorso operaio. Per il sociologo Jean-Pierre Tabin i manifesti utilizzati per il battage veicolano i luoghi comuni sull’accattonaggio con lo scopo di criminalizzarlo, scoraggiando la popolazione a versare denaro, in modo di creare una sorta di monopolio statale.

 

Dal canto suo il Ministero pubblico afferma che in Ticino non esiste una preoccupazione in tal senso. Sia quel che sia, da oggi – 1° luglio 2016 –la vita dei disperati della strada si farà più dura: entra in vigore la riformata Legge sull’ordine pubblico che permette ora di sequestrare l’elemosina raccolta dai mendicanti e pure di multarli...

Sia chiaro: l’accattonaggio in Ticino è illegale; lo vieta una legge del 1941. Ora – su input di Lugano come tiene a sottolineare con soddisfazione il municipale Michele Bertini – con il 1° luglio entra in vigore la riformata Legge sull’ordine pubblico con un’importante novità. Da oggi le istituzioni sono state dotate dal Gran Consiglio di uno strumento giuridico che permette di sanzionare con multe da 100 a 300 franchi i mendicanti, ma soprattutto – e qui sta la raffinatezza per essere più incisivi – la polizia potrà sequestrare, allungando semplicemente la mano, l’elemosina raccolta dagli accattoni. La nuova legge, che è meglio di un manganello, a Lugano è stata sottolineata con la grancassa: da qualche settimana sono stati affissi dei cartelloni che invitano a non donare il denaro ai mendicanti associandoli a organizzazioni criminali. Un manifesto, ci si passerà l’aggettivo, oscuro, riprodotto anche in formato flyer, che qualche diligente agente di quartiere è stato chiamato a distribuire in stazione.


Perché tutto questo can-can? La spiegazione è arrivata in conferenza stampa: per sensibilizzare la popolazione del business che si celerebbe dietro agli accattoni costretti a elemosinare per la criminalità organizzata senza scrupoli. Insomma, in strada uomini, donne, bambini, invalidi e anziani senza pietà. Da qui l’invito – con la campagna ideata dall’agenzia di comunicazione Mazzantini & Associati – a non dare soldi, ma offrire cibo o sostenere quelle associazioni di aiuto che sono attive sul territorio. Il tutto con un manifesto di dubbio gusto a partire dall’uso di un bambino riconoscibile. Ma tant’è. L’idea è piaciuta tanto da coinvolgere Antenna MayDay, il centro d’informazione, consulenza e accompagnamento per persone immigrate con statuto precario o sans-papiers di Soccorso operaio e fra Martino Dotta. «Aderiamo sostenendo il messaggio rivolto ai cittadini e ai commercianti di non donare soldi, ma offrire cibo. Per altri bisogni noi possiamo rispondere con una rete che esiste da otto anni» ha spiegato Monica Marcionetti, operatrice dell’antenna. Sulla stessa lunghezza d’onda – un’onda che è invero particolare – pure il francescano che gestisce la mensa sociale a Cornaredo. «Lo dico sempre a chi è in difficoltà di non chiedere l’elemosina perché la persona che non sa riconoscere la propria dignità non corrisponde alla nostra prospettiva di aiuto» ha evidenziato il religioso. Già.


Il sociologo Jean-Pierre Tabin, professore alla Sup di Losanna, conosce bene il fenomeno dell’accattonaggio essendo un suo tema di ricerca. Con René Knüsel, dell’Unil, ha condotto uno studio sfociato nel libro “Lutter contre les pauvres. Les politiques face à la mendicité dans le canton de Vaud”, ristampato nel 2016 da Editions d’En Bas.


Professor Tabin, qual è la sua prima reazione da studioso di fronte alle immagini della campagna?
Il manifesto raffigura un bambino mendicante i cui tratti inducono a pensare che sia un Rom cui è sovrapposta la foto di una figura mascherata come un terrorista. La prima osservazione è che si tratta di un collage improbabile attraverso con il quale si associano due categorie (il mendicante e il terrorista), che non hanno nulla in comune. Il risultato è che in questo modo si criminalizza l’accattonaggio. Il messaggio del manifesto appare chiaro: quando si afferma che è meglio donare a organizzazioni che si occupano di aiuto sociale, si sottointende che solo i professionisti del settore sono adatti a farlo.


I rappresentanti del Municipio e della Polizia comunale di Lugano durante la presentazione ai media della campagna hanno insistito sul fatto che i mendicanti fossero in sostanza vittime di un racket, visto che ogni questuante incasserebbe 200 franchi di elemosina al giorno. Il vostro lavoro conferma questi dati?
No. Con il collega Knüsel abbiamo dimostrato che fin dal Medioevo il discorso sulla presunta natura criminale nascosta dietro all’accattonaggio mira in realtà a impedire che la popolazione dia loro dei soldi per dare il monopolio e il controllo alle istituzioni. La relazione fra mendicanti e organizzazioni criminali è del resto smentita da tutte le indagini svolte in Europa su questo tema. E il motivo è semplice: il guadagno medio di una giornata di elemosina si colloca fra i 10 e i 20 franchi. Troppo poco per essere redditizio per la criminalità.


Che cosa ne pensa del fatto che sia stato usato, è il caso di dirlo, un bambino?
La foto suggerisce che questo bambino venga sfruttato dai propri genitori, ma l’impiego dei minori nell’accattonaggio è molto limitato, come emerge anche dal nostro studio. I bambini, anche in Romania, non mendicano, ma come gli altri coetanei vanno a scuola. Mi viene da pensare che le autorità di Lugano investano i soldi in questa campagna non per la lotta contro la povertà, ma nella lotta contro i poveri.

Pubblicato il

29.06.2016 23:36
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