Mamma li tedeschi

«Quanti tedeschi può sopportare la Svizzera?» In questa provocatoria domanda del quotidiano popolare "Blick" c'è racchiuso tutto l'astio, tutti i pregiudizi e tutta la paura che gli svizzero-tedeschi provano nei confronti dei tedeschi. Ma anche giornali reputati più seri, come il "Tages-Anzeiger", hanno ipocritamente soffiato sul fuoco con la scusa di informare e riferire opinioni.

Sta di fatto che la pressione esercitata dal ministro delle finanze tedesco, Peer Steinbrück, per ottenere dalla Svizzera l'impegno ad attenuare il segreto bancario, ha suscitato vivaci reazioni antitedesche. Con tutto il corollario di insulti facilmente immaginabili, da una parte e dall'altra. In Germania ci sono stati cittadini che si sono distanziati dalle parole del ministro Steinbrück ed hanno chiesto scusa agli svizzeri, beccandosi per questo l'epiteto di "traditori". In Svizzera c'è stato chi ha denunciato il ministro tedesco, il quale a sua volta s'è lamentato di aver ricevuto lettere minatorie.
Ora, che i tedeschi siano diventati il primo gruppo di stranieri nella regione di Zurigo è sotto gli occhi di tutti. Sono stranieri perfettamente integrati, in genere con un'alta preparazione professionale, efficienti e ben pagati. E proprio per questo, se crescono di numero, fanno paura agli svizzeri. Come impedire che vengano riesumati vecchi pregiudizi, insieme al timore che i tedeschi siano qui a "rubarci il lavoro"? Il passo successivo, quello della xenofobia e dell'aperta ostilità, è breve. Con due conseguenze.
La prima è che a livello politico c'è stato subito chi ha cercato di cavalcare questa ondata di sentimenti antitedeschi per ricavarne un qualche vantaggio. Il consigliere federale Ueli Maurer aveva fatto trapelare, con consapevole provocazione, la sua rinuncia all'uso della berlina ufficiale di marca tedesca. Nel corso del recente dibattito parlamentare sul segreto bancario, il consigliere nazionale Thomas Müller, del Ppd di San Gallo, aveva detto che il ministro Steinbrück «gli ricorda quella generazione di tedeschi scesa nelle strade 60 anni fa vestita con un mantello di cuoio nero, stivali e una fascia al braccio».
Müller (rimproverato poi dalla presidente del Consiglio nazionale, la ticinese Chiara Simoneschi-Cortesi) aveva insomma paragonato Steinbrück ai nazisti. Ma questa del confronto con i nazisti è una vecchia mania anche di certi politici dell'Udc (per Christoph Blocher erano nazisti, dopo la votazione popolare dello scorso 8 febbraio, anche i sostenitori dell'accordo con l'Unione europea sulla libera circolazione della persone). Un confronto certamente condannato dalle altre forze politiche, ma che inevitabilmente attinge a sentimenti profondi antitedeschi ed antieuropei.
La seconda conseguenza di questa ondata di sentimenti antitedeschi è stato l'intervento della Commissione federale contro il razzismo (Cfr). Con un comunicato del 27 marzo, la Cfr ha espresso la sua preoccupazione, constatando «un astio crescente nelle relazioni tra Germania e Svizzera». I tedeschi delle attuali generazioni, ha scritto la Cfr, «hanno il diritto a non essere associati al nazismo». I conflitti per la difesa degli interessi si inaspriscono e gli immigrati tredeschi vengono percepiti come concorrenti indesiderati. «Questa situazione» – ha constatato ancora la Cfr – «si ripercuote negativamente anche nella vita quotidiana (sul posto di lavoro, nel luogo di domicilio, davanti alla cassa nei negozi, sui mezzi di trasporto pubblici, nei ristoranti). Le forme di rifiuto collettivo feriscono le persone che vivono nel nostro Paese e incrinano la convivenza pacifica».
Giusto. Rimane da chiedersi perché la Cfr interviene in questo modo a difesa dei tedeschi e non faccia altrettanto quando ad essere presi di mira sono altri gruppi di stranieri.

"Poca attenzione al Ticino"

Intervista allo storico Georg Kreis, presidente della Commissione federale contro il razzismo (Cfr), per capire come mai la Cfr non reagisca in questo modo anche quando le vittime di xenofobia sono altri gruppi stranieri.

Professor Kreis, al di là delle polemiche sul segreto bancario, quali sono secondo lei i veri motivi all'origine di questa esplosione di ostilità nei confronti dei tedeschi? Si può distinguere tra motivazioni storiche e ragioni contingenti legate all'attualità?
Occorre certamente separare il caso particolare dalle cause profonde. Nel ceto sociale più basso c'è una combinazione tra sentimenti di frustrazione, complessi d'inferiorità ed esperienza storica della minaccia politica. A tutto questo si è aggiunta da circa due anni la percezione di una crescita dell'immigrazione tedesca, che dà un senso di insicurezza.
Nell'aizzare i sentimenti anti-tedeschi, quanta responsabilità è da attribuire a uomini politici come Christoph Blocher, che in febbraio aveva paragonato ai nazisti i sostenitori della libera circolazione delle persone?
I paragoni con i nazisti sono generalmente usati come metodo di diffamazione a buon mercato, e già in precedenza "Bruxelles" è stata messa sullo stesso piano di "Berlino" e l'Unione Europea designata come "Quarto Reich". Se a farlo è uno come Blocher, ciò incoraggia anche altri. Ma non me.
Un'associazione dei tedeschi con i nazisti è stata fatta da membri dell'Udc anche dopo le espressioni infelici usate dal ministro tedesco delle finanze Peer Steinbrück. Perché i rappresentanti dell'Udc ricorrono così spesso al confronto con il nazismo?
Vorrei però ricordare che simili paragoni sono venuti anche da rappresentanti del Ppd (Müller, Darbellay). Si potrebbe analizzare psicologicamente: proprio chi è vicino o si accosta ad una certa mentalità, la rinfaccia ad altri. Eviterei di mettere in collegamento diretto l'Udc con il nazionalsocialismo, perché così ci si danneggia da sé. Ci si potrebbe tranquillamente e pubblicamente interrogare anche sui tratti stalinistici di questo partito.
La Commissione federale contro il razzismo ha immediatamente denunciato l'«astio crescente» contro i tedeschi. Perché la Cfr non reagisce con la stessa rapidità e la stessa forza quando, per esempio, "Il Mattino" insulta pesantemente i frontalieri italiani?
Devo riconoscere che la Cfr presta troppo poca attenzione alle cose che accadono a sud del Gottardo. Io mi sono comunque espresso sulle osservazioni razziste di Giuliano Bignasca relative alla nazionale di calcio. Recentemente ho deplorato questa tendenziale carenza di attenzione, che non ci ha fatto reagire quando a Mendrisio si è sparato sui nomadi. E forse ci si ricorderà che in una lettera al "Corriere del Ticino" ho criticato lo sfratto di profughi africani da Via Nassa. D'altra parte, dobbiamo veramente dosare. Qualche volta le situazioni sono tali che dovremmo reagire davvero tutti i giorni. E questo finisce per renderci insensibili.
Si osservano fenomeni di "astio" o di ostilità anche nella Svizzera romanda verso i vicini francesi? Con quali differenze rispetto alla situazione nella Svizzera tedesca e nel Ticino?
Le dissomiglianze sono tante. Rispetto alla Svizzera francese e italiana, la Svizzera tedesca presenta, oltre alla storia, anche una situazione diversa dal profilo linguistico. La differenza tra lingua classica e lingua locale è molto maggiore. Gli svizzero-tedeschi hanno generalmente un rapporto difficile con la lingua letteraria. Negli ultimi tempi qualcuno ha sostenuto che sarebbe una lingua nazista. Ma noto che nessuno direbbe che l'italiano sia una lingua fascista.
Perché stereotipi e cliché negativi sui vicini sono così duri a morire in Svizzera?
La Svizzera è piccola ed ha costruito la sua identità in ampia misura sulla delimitazione dalla "pericolosa"area circostante, e questo ha rigurdato anche il rapporto tra parti del Paese, regioni e cantoni.
Lei vede un rimedio? Potranno gli svizzeri vivere in modo più sereno il confronto con i loro vicini?
È necessario che sia la società civile a discuterne e a difendersi dai pregiudizi, e che non si scarichi  semplicemente tale questione sulla Cfr o sui tribunali.

Pubblicato il

10.04.2009 01:30
Silvano De Pietro
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