Il Partito socialista si è battuto in commissione e in Gran consiglio per introdurre nella nuova Legge sulla Banca dello Stato (in votazione popolare il prossimo 14 settembre) il vincolo del mandato pubblico e la commissione di controllo. Abbiamo ascoltato le ragioni del Sì argomentate da Marina Carobbio, capogruppo socialista nel Parlamento cantonale. I promotori del referendum contro la nuova Legge sulla Banca dello Stato sostengono che si tratta di una privatizzazione occulta. Cosa risponde il Ps che appoggia la riforma con un proprio comitato? Posso comprendere questi timori, ma non sono assolutamente giustificati dai fatti. È chiaro che in un periodo in cui ci si è aperti alla liberalizzazione dei mercati e ci sono stati dei tentativi di privatizzazione di aziende pubbliche le paure sono tante. In realtà la legge che è scaturita dal Gran consiglio ha come obiettivo di far sì che la Banca dello Stato possa essere concorrenziale con le altre banche e garantire l’attività futura. Condizione necessaria quest’ultima per poter investire nell’economia regionale, nei servizi locali, eccetera. Per far questo la banca non può limitarsi a operare nel settore dei prestiti ipotecari e commerciali, deve poter effettuare anche altre operazioni. L’appoggio alla legge da parte nostra era condizionata da alcuni punti fondamentali. Il primo è che non cambiasse lo statuto giuridico della banca; il secondo punto era che non solo fosse ribadito il mandato pubblico della stessa, ma che venisse rafforzato; terzo punto: la non massimizzazione del profitto. Il Movimento per il socialismo sostiene che in realtà questo punto è mascherato. Non si dice massimizzazione del profitto ma si parla di redditività crescente… La Legge approvata dal Parlamento dà, a Banca Stato, la possibilità di perseguire una maggiore redditività, ma stabilisce anche che questa maggiore redditività debba essere re-investita nell’economia cantonale. È chiaro che se il maggior profitto è fine a stesso non ha nessun senso. E noi socialisti saremo, in Parlamento, vigili su questo. Voglio ricordare anche che il primo punto dell’articolo 3 della nuova Legge stabilisce espressamente che la BdS ha come priorità di espletare il mandato pubblico assegnatole e favorire lo sviluppo economico del cantone. Una legge che non includeva questi punti, fermi e chiari, che ho sottolineato non avrebbe avuto il nostro appoggio e avremmo promosso noi il referendum. Finora la BdS ha ottenuto risultati economici interessanti anche se ha operato prevalentemente nel settore dei crediti. Perché, si chiedono gli oppositori, cambiare? È vero. La banca ha una buona redditività. Noi desideriamo che questa redditività sia garantita pure in futuro. Vorrei aggiungere una cosa: le operazioni sui derivati alla base degli scandali del 2001 sono state effettuate con la vecchia Legge. Secondo noi è meglio avere più trasparenza, con un controllo pubblico rafforzato, che lasciare le cose come stanno. La Banca dello Stato è la banca di tutti i cittadini e per non svilire il suo ruolo di servizio pubblico, deve essere concorrenziale. A proposito di servizio pubblico, un conto è il servizio pubblico che deve garantire la Posta e un conto è quello svolto da Banca Stato. Se non ci fosse la BdS non è che i cittadini ticinesi sarebbero privati dell’unico istituto dove investire i propri risparmi e chiedere prestiti… È chiaro a tutti che Banca Stato è inserita in un contesto di concorrenza e maggiori margini di manovra per l’istituto di credito pubblico vogliono solo dire maggiori opportunità. Il Ps ha costituito un comitato a favore della legge che si affianca a quello formato dai presidenti degli altri tre partiti di governo e da Pietro Martinelli. Come mai questa scelta? La motivazione è semplice e si chiama coerenza. Noi crediamo che la Banca dello Stato sia comunque un servizio pubblico che s’inserisce in un discorso ampio di un no alle privatizzazioni. I programmi dei liberali e del Ppd, ancora nel 1999, parlavano di una privatizzazione della BdS. In un primo momento si parlava che anche Marina Masoni, la principale artefice dei tentativi di privatizzazioni in Ticino, avesse fatto parte di questo comitato. E non potevamo proprio entrare in un comitato formato da partiti contro cui ci siamo battuti in Parlamento. Noi crediamo che alla base della difesa di questa riforma ci siano altre motivazioni che sono quelle della difesa in generale del servizio pubblico. Lo stesso discorso che abbiamo portato avanti contro i tentativi di privatizzazioni dell’Azienda elettrica ticinese, lo abbiamo sostenuto con Banca Stato. Siamo quindi coerenti con le nostre scelte e ci tenevamo a differenziarci dagli altri partiti. Per Angelo Zanetti (Mps) sarebbe stato meglio che i socialisti si fossero battuti in Parlamento per trasformare la Banca dello Stato in una vera e propria banca etica. Alternativa alle altre banche… Questo lo abbiamo fatto. Nel maggio del 2002 abbiamo redatto un documento che in parte è stato ripreso dalla commissione della gestione con i famosi emendamenti sul mandato pubblico. Per noi investire nell’economia cantonale vuol dire anche operare come banca etica e a favore del terzo settore. Una banca pubblica che ha una certa redditività deve fare anche operazioni di questo genere. Ciò l’abbiamo ribadito in Parlamento e con il documento sul mandato pubblico faremo che si vada anche in questa direzione. Il voto è comunque un’occasione per confrontarsi e spiegare ai cittadini i motivi dei cambiamenti. Sono convinta che i ticinesi capiranno e appoggeranno la posizione dei socialisti. “Privatizzazione mascherata” Il Movimento per il socialismo (Mps) è l’unica formazione politica che contesta la trasformazione della Banca dello Stato. In poco tempo ha raccolto le firme necessarie per il referendum sostenendo che con la nuova Legge si apriranno le porte alla privatizzazione dell’istituto cantonale. Abbiamo chiesto a un suo rappresentante, il sindacalista Angelo Zanetti, le ragioni del No. Quali sono le motivazioni che hanno spinto l’Mps a lanciare il referendum contro la nuova legge sulla Banca dello Stato? La motivazione è fondamentalmente una: non siamo d’accordo che BancaStato diventi una banca come tutte le altre, una banca universale. Questo è in sintesi il motivo principale. Ricordo che tutte le trasformazioni d’aziende pubbliche, sia a livello federale sia a livello cantonale, hanno dato cattivi frutti. Un esempio su tutti è quello della Posta. È vero che la proprietà è rimasta in mano allo Stato, ma la gestione non è diversa da qualsiasi azienda privata. Per queste e altre ragioni ci opponiamo alla trasformazione di BancaStato. Per noi la situazione della Posta è emblematica e non vorremmo che succedesse anche alla Banca dello Stato del Cantone Ticino. Il fatto che la proprietà rimanga in mani pubbliche non dà garanzie sufficienti. Sono l’impostazione e l’indirizzo che a questa azienda pubblica vengono dati che snatureranno il suo essere pubblica. A costo di sembrare noioso ripeto la filosofia che sta alla base dell’azienda Posta e che è stata ribadita anche dal suo direttore Gygi: la redditività. La Banca dello Stato è già redditizia oggi. La riforma vuole darle solo nuove opportunità di redditività… Ed è quello che contestiamo ai riformatori. Banca Stato va già bene così com’è. Non c’è nessuna ragione per cambiare qualcosa che già funziona. Contestiamo quindi questa trasformazione in banca universale che metterebbe BancaStato in balia di un mercato bancario che non darà sicuramente il benvenuto a un nuovo concorrente a cuor leggero. Così facendo non rischiate di fare un favore alle banche private? Le privereste di un concorrente sano e competitivo che potrebbe dargli del filo da torcere... Non ci siamo mai posti questa domanda. Noi non vogliamo fare favori a nessuno. Vogliamo evitare che un’azienda pubblica sana e efficiente che garantisce buoni utili al Cantone faccia una brutta fine perché qualcuno ha smanie di mercato. Il nome di Banca dello Stato è un marchio di garanzia di per sé. Inoltre il capitale della banca è garantito dallo Stato. I rischi di un eventuale fallimento, se ci sono, sono molto bassi… Non è affatto un aspetto positivo. È troppo comodo entrare in settori complicati come il mercato dei derivati rischiando i soldi di tutti i cittadini. Pretendiamo che lo Stato usi i soldi pubblici in ambiti ben determinati e non per discutibili e inopportune operazioni finanziarie. Il primo messaggio del Consiglio di Stato andava molto più in là. Lasciava intravedere una possibile partecipazione di azionisti esterni. In pratica si trattava di una vera e propria trasformazione giuridica dell’istituto di credito cantonale. La legge che è scaturita dal Gran Consiglio, con un consenso politico vasto, è molto diversa. Perché allora gridare alla privatizzazione? È vero. Ma che differenza c’è tra privatizzare in senso classico e mettere in atto strumenti dell’economia privata? Secondo noi nessuna. Il Consiglio d’amministrazione della BdS sostiene che operando solo sui crediti commerciali e ipotecari, la banca non crescerà più. Se vorrà svolgere la funzione di traino dell’economia cantonale, Banca Stato dovrà per forza cercare di raccogliere più fondi. I libretti di risparmio e i conti correnti non bastano più… Sono convinto che questi argomenti servano solo a spaventare i cittadini. Ancora quest’anno (2002) la banca ha avuto un utile ragguardevole (70 milioni di franchi). Sono argomenti di terrorismo psicologico. Se faccio un salto indietro nel tempo (1997), anche i sostenitori della separazione della Posta da Swisscom affermavano che la divisione in due aziende indipendenti era l’unica strada percorribile per garantirsi il futuro e posti di lavoro nelle zone periferiche: i risultati sono sotto gli occhi di tutti. C’è però una sostanziale differenza tra Posta e Banca Stato. La prima deve garantire un servizio pubblico a tutti i cittadini e in tutto il territorio della Confederazione; Banca Stato no. Nel solo Ticino esistono decine di banche che fanno ciò che già oggi fa la banca cantonale… La Banca dello Stato deve prima di tutto rimanere limitata all’economia cantonale. Lo afferma anche uno dei primi articoli della Legge: deve favorire lo sviluppo economico del Cantone. Si può discutere di cosa e come farlo. Per noi la Banca dello Stato potrebbe e dovrebbe diventare una vera e propria banca alternativa, magari con finanziamenti nel campo dell’ecologia o nel settore non profit. È questo il “mercato” da privilegiare e non “l’altro”, quello che ricerca la massimizzazione del profitto. C’è un altro aspetto da considerare che potrebbe prestarsi a facile dietrologia: se la legge verrà respinta il numero di membri del consiglio d’amministrazione rimarrebbe invariato (15 invece di 7). Non sarebbe un regalo alla “partitocrazia”? Non credo assolutamente, anche se non è un problema che ci siamo posti. Abbiamo raccolto i timori di migliaia di cittadini che sono stufi di cambiamenti in peggio del mondo del lavoro e dell’economia. La velocità con cui abbiamo raccolto le firme necessarie è stata sbalorditiva e dimostra che questi timori sono diffusissimi. Ricordo che l’Mps è un movimento piccolo, ma comunque ben organizzato, e in pochi giorni, senza difficoltà, ha raccolto migliaia di firme. Questo vorrà pur dire qualcosa, o no?

Pubblicato il 

29.08.03

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