Negozi, la carica dei duemila

Se non si pongono dei chiari paletti alla Legge cantonale sul lavoro che regola le aperture festive e domenicali dei negozi, il festival delle deroghe continuerà fino alla deregolamentazione completa. Mobilitato con una vasta campagna di informazione e sensibilizzazione, il sindacato Unia chiede sia fatta finalmente chiarezza intorno alla controversa legge e reagisce con fermezza di fronte alle ultime concessioni delle autorità cantonali fatte alla grande distribuzione, in barba alla «volontà delle lavoratrici e lavoratori del settore». Tre le assi su cui si sviluppa la campagna spiccano il contatto costante con il personale di vendita, ricorso giuridico puntuale al Consiglio di stato sulle ultime deroghe concesse ancora dal Dipartimento finanze ed economia (Dfe) su pressione - riporta Unia - di grossi gruppi commerciali e del sindacato cristianosociale Ocst e sensibilizzazione dell’opinione pubblica ticinese che in più di un’occasione ha espresso la sua avversione alle aperture festive e domenicali e al prolungamento degli orari di vendita. Il tutto in difesa delle venditrici e venditori che nella quasi totalità hanno stigmatizzato la tendenza alla deregolamentazione, come emerge da un’inchiesta condotta dall’Ecap per conto di Unia stesso e i cui risultati verranno presentati a inizio giugno. Una opposizione rinforzata ancora dalle 2000 firme raccolte finora tra i dipendenti della grande distribuzione che sottoscrivono una petizione in cui contestano il prolungamento degli orari fino alle 19 dal 19 giugno al 31 agosto, le aperture festive infrasettimanali del Lunedì di Pentecoste, del Corpus Domini e dei Santi Pietro e Paolo ma rifiutano il proprio consenso a lavorare domenica 24 dicembre. Un personale combattivo dunque alla guida del quale il sindacato Unia promette battaglia. Unia, ha spiegato il segretario regionale del sindacato Saverio Lurati nel corso di una conferenza stampa tenutasi lo scorso mercoledì a Massagno, «sta cercando di trovare un terreno d’intesa anche con la Disti (associazione dei Distributori ticinesi, ndr) e con la Camera di commercio che confluisca in un contratto collettivo di cui poi venga decretata l’obbligatorietà generale e ne venga verificata l’effettiva applicazione. È tempo inoltre che venga fatta una riflessione seria su tutta la modifica della Legge del lavoro cantonale che disciplina gli orari d’apertura, non fosse altro perché questa legge risulta di difficile comprensione e quindi di difficile interpretazione anche per gli addetti ai lavori». Solo su questi essenziali presupposti Unia accetta di continuare le trattative dicendosi pronta a discutere su una regolamentazione degli orari d’apertura e delle eventuali deroghe per i giorni festivi infrasettimanali o per le domeniche. «Questo non significa – ha precisato Lurati – che con un solido contratto collettivo siamo disposti a cedere sulle aperture tout court. Significa piuttosto che siamo sensibili alle esigenze puntuali di un centro turistico e dei piccoli negozietti che invece con la prassi attuale si ritrovano stritolati dalla insostenibile concorrenza dei grossi centri commerciali». Resta dunque l’urgenza di chiarimento che si fa sempre più pressante di fronte ai continui decreti e deroghe che non aiutano, ha affermato il sindacalista, a mettere in atto «una discussione costruttiva con la controparte e non ci aiutano nei confronti dei nostri associati lavoratrici e lavoratori che, vedendosi scavalcati dalle decisioni del Dfe, chiedono si arrivi al muro contro muro col rischio di rinunciare ad una discussione che potrebbe portare a dei risultati concreti». Che il personale si senta scavalcato, lo conferma anche il sondaggio che Unia ha commissionato all’Ecap (i cui risultati – come detto in precedenza – verranno resi noti a inizio giugno). «Rispetto agli anni precedenti, tra il 2005 e il 2006 c’è stata un’ulteriore estensione di deroghe – ha precisato Enrico Borelli, segretario sindacale di Unia – senza che vi sia mai stato un evento che le giustificasse. Il pubblico ticinese è contrario come ha dimostrato un sondaggio del domenicale “ilCaffé” e la stessa votazione dello scorso novembre in cui il Cantone ha dato chiare indicazioni in questo senso. Il personale, composto in maggioranza da donne, ha espresso in più di un’occasione di essere contro le deroghe di aperture festive e infrasettimanali perché estremamente penalizzanti per la vita familiare e sociale. Senza contare che i grossi centri di distribuzione che fanno pressione da un profilo economico vanno bene e non stanno subendo alcuna contrazione della loro cifra d’affari. Anzi, dal 2002 in poi sono stati favoriti dall’introduzione dell’euro in Italia in virtù del quale ora i centri commerciali ticinesi riescono ad esercitare una certa attrattività anche presso la clientela italiana». Le deroghe, per Unia, rispecchiano dunque una posizione «prettamente ideologica che non tiene conto del comune sentire e degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori». Per questo la frustrazione presso il personale del settore sta montando. «Il sentimento di essere assolutamente ignorati – fa notare Lurati – nella discussione è forte. Sempre più appare evidente infatti che l’unica preoccupazione che anima i grossi centri di distribuzione è quella della cifra d’affari a fine mese». E qui Lurati ha posto l’accento sulla necessità di un’inversione di tendenza che guardi ad una crescita economica sopportabile e rispettosa delle esigenze della qualità di vita di chi ne è il motore principale, le lavoratrici e i lavoratori. Resta viva la battaglia anche sul versante giuridico. «Abbiamo presentato ricorso – ha precisato Borelli – al Consiglio di Stato contro l’apertura di domenica 24 dicembre e delle tre aperture festive infrasettimanali, lunedì di Pentecoste, Corpus Domini e Ss. Pietro e Paolo, concesse dal Dfe su pressione del padronato e, incredibile a dirsi, del sindacato Ocst che ha tralasciato di farsi interprete della volontà dei dipendenti del settore, chiaramente contrari alle deroghe e concessioni varie in materia». Riguardo al successo concreto di un possibile freno sulle aperture a gogo, Lurati ha dato una risposta chiara. «Non mi sento – afferma – in ogni caso un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento. Anzi, sono persuaso che se Unia non avesse intrapreso questa battaglia già sette anni fa, a quest’ora le aperture sarebbero probabilmente deregolamentate completamente. Il risultato è che oggi la popolazione ticinese è dalla parte del personale della vendita ed ha una sempre maggiore consapevolezza che un freno alle aperture selvagge vada posto. Tutti segnali che indicano come il sindacato si sia mosso con efficacia. È chiaro che nel nostro carnet di battaglie ci portiamo dietro anche qualche sconfitta ma finora possiamo dire che la lotta l’abbiamo vinta noi».

Pubblicato il

05.05.2006 02:30
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