No alla violenza sulle donne da chiunque essa provenga...

“No” è il testo, tutto il testo, di quella che credo sia la poesia più breve in lingua italiana mai scritta (il poeta Franco Fortini dedicò l’epigramma al non amico Carlo Bo). Un analogo “No”, assoluto e senza appello, va agli intollerabili atti di sopraffazione che si sono prodotti a Capodanno a Colonia: una notte buia, quella che ha aperto il 2016, dove si è spenta per un momento troppo lungo la bellezza che è intima sorella della poesia e di ogni essere umano.


Se il no è un rifiuto totale, senza se e senza ma, è evidente che non ha diritto di esistenza il distinguo, la relativizzazione: no alla violenza a tutte le donne, da chiunque provenga, a chiunque si indirizzi, e in qualsiasi contesto si produca. E invece pare che questo non sia vero per tutti, perché per alcuni tutto è relativo. Anche la violenza sulle donne dipende: a volte si può, a volte no, e conta molto, se a commetterla sono “gli Altri”.

 

L’8 gennaio 2016, un signore che abita a Mendrisio e che quest’anno compirà 50 anni, libero professionista – dunque un uomo maturo, in grado di intendere e di volere, inserito nel contesto civile in cui si trova a vivere – scrive sulla sua molto vivace pagina Facebook (ebbene sì, di nuovo questa bella opportunità comunicativa e sociale usata come cloaca) questa frase, in reazione alla notizia di uno stupro che sarebbe avvenuto ancora in Germania ad opera di rifugiati siriani: «Quanto vorrei che stuprassero la Sommaruga e socialisti vari + tutta quella merda di politici ospitali».

 

Uno stupro selettivo, dunque. Uno stupro selettivo addirittura auspicato se le vittime sono socialiste (suppongo previa identificazione precedente: come? attribuendo alle medesime un segno distintivo sulle vesti?); uno stupro che invece giustifica la riapertura dei forni – si legge anche questo – se le vittime sono le ‘nostre’ donne (socialiste escluse). L’esternazione del nostro concittadino non è un caso isolato, né è isolato il plauso che moltissime posizioni analoghe, o di analoga violenza, ricevono in centinaia, migliaia di post. Non è isolato nemmeno il silenzio-assenso, perché di questo si tratta, di chi queste vergogne le ospita, spesso su giornali che fanno opinione: guardate qualche pagina, di carta e web, di un noto domenicale ticinese e i commenti dei suoi lettori.

 

Zero reazioni, zero dissociazioni: solo silenzio, silenzio assoluto. Lo stesso silenzio che accompagna sui medesimi media la morte di due svizzeri, sì, ma socialisti, Jean-Noel Rey e Georgie Lamon, caduti per mano degli estremisti islamici. Due socialisti uccisi mentre stavano praticando solidarietà, la grande bandiera della sinistra che dà ancora speranza e senso all’agire comune, tra le bandiere nere dei fascismi di ieri e di oggi. Ci sono stupri accettabili, anzi auspicabili; ci sono morti che non fanno né caldo né freddo, anzi si plaude all’ “uno in meno”.

 

Questo è il fascismo: noi e loro, e la pulsione di morte e di violenza contro l’Altro, primo fra tutti l’altro che vive tra Noi, che è parte di Noi. Questa la nostra malattia, questa l’orrenda bandiera nera, che torna a germinare anche qui, in Ticino: più vicina della terribile bandiera nera della follia dell’Isis.

Pubblicato il

20.01.2016 20:56
Chiara Orelli Vassere
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