Non dire che il re è nudo

Siamo sopravvissuti ad un anno di governo di destra. Dal 10 dicembre 2003, giorno in cui la destra liberista ha scaraventato in Consiglio federale Christoph Blocher e Hans Rudolf Merz, le cose dal punto di vista sostanziale non sono andate poi così male come si sarebbe potuto temere. La sinistra politica e sindacale ha vinto alcune importanti votazioni popolari (ma ha accettato un po’ troppo facilmente di perdere quelle sulle naturalizzazioni), mentre nella società e fra i lavoratori va diffondendosi la convinzione che alla deriva a destra della classe politica occorre dare risposte ferme e concrete (il crescente ricorso allo sciopero, anche su questioni di principio, lo dimostra). Quanto all’attività in governo, il solo Blocher (in materia d’asilo e in una anche salutare riorganizzazione dei processi lavorativi nel suo dipartimento) ha saputo imprimere con forza la sua impronta, mentre Merz, dopo la batosta sul pacchetto fiscale, ha tirato i remi in barca. E il governo nel suo insieme finora di poco si è scostato, nelle sue decisioni concrete, dalla politica che attuava prima della virata a destra di un anno fa. Quel che invece è cambiato, e di molto, è il clima politico. Il blocherismo ora è la cultura dominante nel nostro paese. E questo cambiamento, se non ha ancora dato frutti immediati, è destinato ad avere pesanti ripercussioni negli anni a venire. Un esempio su tutti è il dibattito sul futuro dell’Assicurazione invalidità, dominato da quando Blocher è in governo non già da considerazioni sul deterioramento delle condizioni di lavoro, ma da generiche accuse agli “pseudoinvalidi” di approfittare di chi produce ricchezza nel paese. Ma anche il fatto che, per bassi interessi di bottega, in un primo tempo ci sia stata una maggioranza in governo pronta ad abolire l’obbligo di dotare i macchinari da cantiere di filtri contro le polveri fini che tutelano la salute dei lavoratori la dice lunga sullo slittamento di priorità della nostra élite politica. Chi in quest’anno di destra ha pagato più di tutti è stata la cultura. È un dato non casuale e per nulla secondario: si è sparato al dissenso, a chi si è esposto, a chi non ha voluto allinearsi al nuovo autoritarismo. Dapprima ci ha pensato Pascal Couchepin a silurare il capo dell’Ufficio federale della cultura David Streiff, reo di non aver impedito in un film sostenuto dalla Confederazione una battuta a doppio senso su di lui. E martedì il Consiglio degli Stati ha punito Pro Helvetia, decurtandone il budget di un milione per aver promosso a Parigi una mostra provocatoria di uno dei più famosi artisti svizzeri a livello internazionale, Thomas Hirschhorn, sulla nostra democrazia reale: il tutto senza che nessun parlamentare l’avesse vista, ma basandosi unicamente su quanto riportato (in maniera distorta) dal “Blick”. L’epurazione è in corso, ognuno è libero soltanto di applaudire il re – anche se è nudo. Fortuna che nessuno è tornato a parlare di arte degenerata. Per ora.

Pubblicato il

10.12.2004 00:30
Gianfranco Helbling
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