Non siamo la polizia

Il lavoro nero, inteso come impiego di manodopera al di fuori della legislazione sul lavoro e sulle assicurazioni sociali, è un fenomeno grave e dannoso per l’economia. Esso è infatti all’origine di numerosi problemi: minaccia per la protezione dei lavoratori, distorsione della concorrenza e perdite di entrate per l’amministrazione fiscale e per le assicurazione sociali (Avs, Ai,…). Negli ultimi due anni è stato messo in consultazione, sia presso i Cantoni, sia presso diversi attori economici (padronato e sindacato) un progetto di legge teso a inasprire la lotta contro questo fenomeno. Attualmente esistono già gli strumenti legislativi intesi a vietare il lavoro nero, ma non sono sufficienti e l’applicazione delle norme pone una serie di problemi procedurali. In effetti, la nozione di lavoro nero comprende situazioni disparate (quali l’impiego clandestino di lavoratori stranieri, la non dichiarazione di attività lucrative al fisco o la mancata dichiarazione di lavoratori alle assicurazioni sociali) alle quali corrispondono una pluralità di leggi e di autorità d’esecuzione. In pratica, non tutto ciò che può apparire lavoro nero è lavoro nero puro e semplice. Ne consegue che ogni autorità procede a controlli secondo una sistematica propria e senza alcun coordinamento con le altre autorità. Inoltre, ognuna di esse vigila solo sull’applicazione della «propria» legislazione. Il risultato di questa situazione è, secondo il Consiglio federale, «una dispersione di forze e l’assenza di una visione d’insieme della portata del fenomeno». Allo scopo di colmare queste lacune, il progetto prevede le seguenti quattro categorie di provvedimenti: 1) agevolazioni amministrative nel quadro delle assicurazioni sociali per facilitare la procedura di dichiarazione di attività economiche di portata limitata (servizi prestati nelle economie domestiche, attività saltuarie o molto limitate); 2) obbligo per i Cantoni di designare un servizio cantonale o una commissione di controllo con competenze allargate e possibilità per le parti sociali di partecipare all’applicazione degli strumenti che sono stati predisposti; 3) messa in rete dei dati amministrativi e obbligo di comunicare i risultati dei controlli dei datori di lavoro; 4) inasprimento delle sanzioni nel settore del diritto degli stranieri e delle assicurazioni sociali nonché introduzione di una nuova sanzione che consiste nella possibilità di esclusione dalle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. L’Unione sindacale svizzera (Uss), rappresentante delle maggiori organizzazioni dei lavoratori, ha risposto a più riprese al progetto di legge in consultazione. L’ultima, in ordine di tempo, lo scorso febbraio. Nei documenti dell’Uss si fa notare la volontà del Consiglio federale di far effettuare il lavoro sindacale alla polizia degli stranieri. «In questo modo – sottolinea il documento – si espellono lavoratori clandestini che sono, magari, affiliati a sindacati e che sovente sono rimpiazzati da altri lavoratori ancora meno inclini a difendersi». Anche lo strumento della messa in rete dei dati e la comunicazione dei risultati dei controlli alle autorità di polizia è inviso al fronte sindacale. «Una tale denuncia è in violazione plateale delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali». «Inoltre – secondo l’Uss –, si tratta di un tentativo del Consiglio federale, di dare una base legale alla delazione». Infatti all’articolo 17 si prevede espressamente che le autorità competenti in materia di asilo e di diritto degli stranieri debbano essere informate qualora esistano degli indizi di lavoro nero. «In questo modo, un lavoratore straniero che paga i contributi Avs/Ai e le imposte, come è il caso frequente a Ginevra, verrà denunciato automaticamente alla polizia degli stranieri. Ciò spingerà l’insieme del lavoro “grigio” nella clandestinità», fa notare l’Uss. Il caso del canton Ginevra è comunque emblematico della situazione di tanti lavoratori “grigi”. Lavoratori che non sono in regola con i permessi di polizia, ma lo sono con le autorità fiscali e gli istituti di previdenza sociale. «A Ginevra, la penuria di permessi di lavoro – ci spiega Roberto Gallina, sindacalista del Sindacato edilizia e industria (Sei) –, e la forte richiesta di manodopera, soprattutto nel settore della ristorazione, fanno in modo che non ci siano controlli rigorosi». Si è favorito in questo modo un settore grigio del mercato del lavoro. Anche perché, ci si rende conto che si rischia di mettere in crisi un intero comparto economico. L’entrata in vigore dei trattati bilaterali Svizzera-Unione europea, se non accompagnata da misure adeguate, metterà ancora più in evidenza situazioni analoghe. Per questo motivo l’Uss è convinta che l’istituzione delle commissioni tripartite – previste nell’ambito delle misure d’accompagnamento agli accordi bilaterali – siano lo strumento più idoneo per combattere non solo il dumping salariale ma anche, mediante un’estensione delle loro competenze, contro il lavoro nero in maniera conforme ai diritti fondamentali dell’uomo e dei principi dell’Organizzazione internazionale del lavoro. «Per fare ciò – conclude il documento dell’Uss – basta che il progetto di legge sia modificato in modo da conferire alle commissioni tripartite tutti gli strumenti previsti per gli organi di controllo, con l’eccezione – decisiva – di una sola, quella di informare le autorità di polizia. I soli che dovranno essere informati saranno le assicurazioni sociali e fiscali». «I controlli dei permessi di soggiorno, che non concernono per nulla il movimento sindacale, dovranno essere di competenza della polizia degli stranieri».

Pubblicato il

14.03.2003 01:30
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