Non solo Paperoni: la metà delle famiglie svizzere vive con entrate modeste

Fine anno tempo di bilanci. Per i 300 patrimoni più consistenti in Svizzera, il 2001 è stato un anno tragico. Tragico come può esserlo solo per dei miliardari in franchi. È di settimana scorsa la notizia che i 300 paperoni svizzeri sono diventati più «poveri» di circa il 40 per cento rispetto l’anno precedente. Segno che la crisi dei mercati finanziari e della «new economy» hanno mietuto le loro vittime, se di vittime si può parlare. La notizia ci ha comunque dato l’occasione per dare uno sguardo nei portafogli di un’altra parte della popolazione, quella costretta a vivere con entrate decisamente più modeste e che molto di più hanno dovuto pagare, soprattutto in termini di precarietà, le ristrutturazioni in corso e degli anni passati, nell’intera economia. I redditi delle famiglie Diamo un’occhiata alla struttura dei redditi delle famiglie svizzere. Nel 1999, il reddito mediano delle economie domestiche svizzere era di 7’300 franchi al mese. Ciò significa che la metà delle economie domestiche disponeva di un reddito inferiore a 7’300 e l’altra metà di un reddito superiore a quest’importo. Anche se questa cifra può sembrare elevata e di tutto rispetto, va però precisato che essa tiene conto di tutte le componenti del reddito e include tutte le tipologie d’entrata di tutti i membri dell’economia domestica, in media 2,4 persone (famiglia media in Svizzera). Un po’ di dati: le risorse delle economie domestiche svizzere sono costituite per il 72 per cento da redditi da lavoro, per il 22 per cento da redditi derivanti da trasferimenti (Avs, Ai e casse pensioni) e per il 6 per cento da redditi della sostanza. Insomma o si lavora, o si è lavorato in precedenza. I rentiers, quelli che vivono del solo patrimonio accumulato nel corso degli anni o delle generazioni, sono quindi pochi. Questo fa emergere che la disparità nella distribuzione del reddito è notevole: infatti, un quarto delle economie domestiche dispone di un reddito inferiore a 5’000 franchi. Se invece si va a guardare all’interno dei due principali gruppi (dipendenti e beneficiari di rendite), si scopre che ogni gruppo socio economico ha la propria struttura dei redditi e si scopre che per i primi il salario rappresenta l’86 per cento delle entrate, mentre per i secondi rappresenta il 75 per cento. Mentre la quota delle entrate della sostanza è solo del 3 per cento per i primi e del 18 per cento per i secondi. Queste notevoli differenze hanno inevitabilmente delle implicazioni per la politica dei redditi e della sicurezza sociale. Abbiamo rivolto alcune domande all’economista Christian Marazzi, docente presso il Dipartimento di lavoro sociale della Supsi, studioso della realtà nascosta della povertà. Professor Marazzi, al di là del depauperamento dei 300 patrimoni più elevati nel corso dell’ultimo anno, qual è la situazione vera della maggior parte dei redditi in Svizzera e in Ticino? La crisi incipiente, i licenziamenti, la crisi del settore dell’aviazione e il calo della domanda interna fanno prevedere sicuramente un peggioramento della situazione per i redditi delle famiglie svizzere. La diminuzione della consistenza dei 300 patrimoni più elevati in Svizzera è sicuramente indice di un peggioramento della situazione economica generale, anche se non mi preoccuperei di loro visto che saranno poi i primi a beneficiare della ripresa. L’anello debole La mia preoccupazione è rivolta a chi ha già pagato le crisi degli anni scorsi. E cioè ai lavoratori precari che sono l’anello debole della struttura dei redditi in Svizzera. Pensi che in Svizzera deteniamo il record, in Europa, del numero dei lavoratori a tempo parziale (circa il 33 per cento dell’intera forza lavoro). Questi ultimi sono i più esposti alle oscillazioni dell’andamento dell’economia. Si può quindi dire che in Svizzera e in Ticino in particolare, la povertà è aumentata? Più che aumentata, è mutata rispetto ai primi studi che erano stati fatti nella prima metà degli anni ’80. I lavoratori precari, per la maggior parte donne, sono aumentati. Fra questi lavoratori precari io inserisco anche la figura dei neo indipendenti. Nascono nuove figure professionali Una figura molto particolare che ha conosciuto uno straordinario aumento negli ultimi 10 anni. Molto spesso erano lavoratori dipendenti che per forza di cosa sono diventati «imprenditori» di se stessi, rimanendo legati, con un vincolo di mandato, al proprio vecchio datore di lavoro. Lavoratori che si sono lasciati alle spalle tutta una serie di sicurezze. Sicurezza dell’impiego, del reddito, della copertura assicurativa eccetera. Tutto ciò ha creato incertezza e si è assistito anche ad un aumento delle richieste di rendite d’invalidità come conseguenza dalla sindrome dell’insicurezza e dello stress. Tutte queste persone percepiscono un reddito basso… Certamente. In Svizzera circa il 20 percento dei salariati percepisce bassi salari. E per bassi salari intendo sotto i 3000 franchi. Se poi si tiene conto che in Svizzera il costo della vita è maggiore di circa il 30-35 per cento rispetto a quello dei paesi che ci circondano si capisce che diventa «basso» anche un salario di 5 mila franchi. Per vivere «normalmente», una famiglia di 4 persone (2 adulti e due ragazzi) dovrebbe avere un’entrata non inferiore a 6’500 franchi. La media salariale si discosta comunque molto anche all’interno della categoria dei dipendenti. Dati di alcuni giorni fa mostrano che c’è una disparità notevole fra un settore e l’altro. Si passa dai circa 7 mila franchi del settore bancario ai 3 mila franchi di quello alberghiero. Cosa ne pensa? Che in Svizzera c’è una pessima distribuzione dei redditi. Parlare di medie si sa cosa vuol dire. Il fatto è che c’è una vera polarizzazione tra redditi (ricchi poveri). Si possono avere redditi medio alti anche nel ceto medio, ma per la serie di motivi che ho accennato prima è aumentata l’insicurezza del reddito. Ed è la caratteristica che si sta affermando anche in Svizzera. Il tutto è dovuto alle nuove forme contrattuali del lavoro e alla formazione di un mondo del lavoro satellitare che ruota intorno alle imprese. La formula che si sta affermando è quella detta del 30-70. Cioè del 30 per cento di manodopera fissa e 70 ausiliaria. Anche all’interno di imprese quali la Swisscom e altre imprese pubbliche. Queste sono forme di destabilizzazione del lavoro e quindi della stabilità reddituale. Il fenomeno dei nuovi lavoratori autonomi è in crescita in Ticino? L’economista Yves Flückiger dell’osservatorio economico di Ginevra, ha evidenziato la crescita anche per il Ticino, questa svolta nel rapporto tra lavoratori neo indipendenti e popolazione attiva. In Ticino siamo intorno al 19 per cento. Sono neo indipendenti perché sono una figura nuova rispetto ai classici lavoratori autonomi (avvocati, ingegneri, medici ecc..). Sono ex dipendenti con un rapporto di forte relazione con i vecchi datori di lavori. Sono diventati fornitori di servizi che fatturano le prestazioni, ma che in realtà si sono addossati tutti i rischi del committente. Sono i primi a subire le oscillazioni, anche minime, della congiuntura economica. Se prima avevano determinate coperture, assicurative o previdenziali, ora si devono assumere tutti i rischi e oneri sociali. E non sempre la loro situazione reddituale è migliorata. Queste trasformazioni non sempre sono negative. O meglio non sarebbero negative se fossero accompagnate da salari elevati, eliminazione di alcune storture del mercato (cartelli) e da politiche sociali e formative adeguate. Siccome tutto ciò è lontano da venire e difficilmente avverrà, sarà sempre di più l’orizzonte prossimo venturo. La stabilità reddituale e lavorativa si può dire tramontata specialmente se non si punterà sulla formazione professionale. Non dimentichiamo che con l’entrata in vigore degli accordi bilaterali, le pressioni sui salari si faranno sempre più forti. I primi segnali si vedono già con l’aggiudicazione degli appalti pubblici.

Pubblicato il

07.12.2001 01:00
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