Nuovi compiti ai docenti? No, grazie

Sempre più spesso, di fronte alla complessità crescente della società, la scuola viene investita di nuovi compiti e nuove responsabilità. Sulle spalle dei docenti piovono così richieste continue di interventi molto lontani da quelli che fanno parte dei loro compiti.


Il docente infatti è, a mio parere, chi insegna ai propri allievi, un maestro che trasmette loro le proprie conoscenze, competenze, passione e l’amore per il sapere. Egli ha il duplice compito di insegnare agli allievi le conoscenze previste nei programmi per la crescita del percorso formativo, ma anche di fornir loro gli strumenti affinché continuino ad amare l’apprendimento e la conoscenza terminata la scuola. Il docente deve saper insegnare ai propri allievi, adeguandosi alle capacità e potenzialità degli stessi allievi e parallelamente, far nascere in loro la curiosità, la tenacia e soprattutto l’amore per la conoscenza.


È un lavoro molto impegnativo, basato su scelte didattiche e pedagogiche più appropriate per l’apprendimento dei propri allievi, quotidianamente, per ogni nuovo argomento da affrontare, in ogni singola classe. Per questo sono convinta che ai docenti non possano e non debbano essere affidati compiti di accompagnamento sociale, familiare, sanitario eccetera, come oggi si tende a fare. Certo, conosciamo i nostri allievi e quindi possiamo e dobbiamo essere capaci di star loro vicini e percepire e segnalare il loro malessere, ma la gestione “risolutiva” di questo malessere è un compito di altri. Semplicemente perché non è il nostro mestiere!


Non stupisce dunque più di tanto che il buon Trump, per togliersi l’impiccio delle manifestazioni di proteste dei giovani contro le armi nelle scuole e continuare nel contempo a sostenere la lobby delle armi, proponga di affidare ai docenti il compito di difendere le scuole e gli allievi, con le armi. Una proposta davvero scioccante, capace di negare e distruggere alla base la figura, il ruolo e la “missione” del docente.
C’è allora da chiedersi, anche alla luce di questa raccapricciante sparata e delle reazioni alla stessa tra molti docenti statunitensi, che tipo di società stiamo diventando.


Siamo la società della tecnologia, della digitalizzazione e dell’apprendimento in continua evoluzione (e la scuola deve contribuire a creare le premesse fondanti di questa società) o siamo la società dell’esatta negazione di tutto ciò e dell’improvvisazione, dell’approssimazione, dell’ignoranza e dell’irresponsabilità?
E da questa profonda, lacerante dicotomia, dentro e fuori la scuola, temo ci siano da aspettarsi grandi sofferenze! Certo, gli Stati Uniti sono lontani! Ma siamo sicuri sia davvero così?

Pubblicato il

01.03.2018 10:27
Anna Biscossa
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