"Ora progettiamo il futuro"

«Non mi sento l'esperto. Sono io che devo ringraziare i lavoratori delle Officine per avermi fatto vivere questa esperienza, unica, nella mia vita professionale». Esordisce così Roman Rudel, giudicato invece dagli intellettuali come uno dei migliori conoscitori in Svizzera di politica economica dei trasporti. Docente presso l'Università di Lugano, ricercatore all'Istituto di ricerche economiche del Cantone Ticino, neomunicipale a Massagno e nuovo direttore dell'Istituto di sostenibilità applicata all'ambiente costruito (Isaac) della Supsi. Insieme ad altri esperti, ha messo a disposizione le sue conoscenze al comitato di sciopero delle Officine nel corso della tavola rotonda. Insieme a lui, area ha voluto tracciare un bilancio dell'esperienza e dei risultati ottenuti.


Signor Rudel, come ha vissuto, sul piano umano, l'esperienza del contatto diretto con i lavoratori delle Officine di Bellinzona?
Toccante e coinvolgente. Grazie a questa occasione, ho potuto conoscere delle persone coraggiose che hanno saputo dare un senso a parole come rispetto e dignità. Hanno avuto il coraggio di dire basta collettivamente, e hanno lanciato un grido che tante persone vorrebbero poter fare. Qualche giorno fa, ho letto il resoconto dell'assemblea della società degli impiegati di commercio, dove è stato lanciato un grido molto simile a quello dei lavoratori delle Officine.
E un giudizio sugli altri partecipanti della tavola rotonda?
Quelli che credevo fossero solo dei pregiudizi un po' superficiali, dei luoghi comuni, sui manager, hanno invece trovato conferma. Sono persone che non conoscono la struttura che devono gestire.  Un'ignoranza che in certi momenti rasentava l'arroganza. Dall'altra parte invece c'erano le maestranze, fortemente legate al proprio lavoro e all'azienda, profondi conoscitori del mestiere e seriamente intenzionati a promuovere un futuro alle Officine. Mi ha sorpreso la tranquillità degli operai nell'affrontare la controparte nelle discussioni, la capacità di argomentare le proprie opinioni e, soprattutto, l'importanza data alla decisione collettiva, affinché fosse la più democratica possibile. Riassumendo, uno scontro fra l'intelligenza degli operai e l'ignoranza della materia dei manager.
Dirigenti Ffs piuttosto deludenti quindi…
Le loro strategie aziendali sembrano pianificare nei prossimi 5 anni una decrescita della Cargo, mentre sull'altro fronte c'è la voglia propositiva di far crescere le Officine. C'è uno scontro culturale in atto che sembra paradossale. Da un lato ci sono dei manager che fanno gli amministratori, mentre dall'altra parte degli operai con uno spirito imprenditoriale. Ho detto al comitato di sciopero che ha sbagliato lo slogan. Dovrebbero dire: "mettiamo le mani sull'Officina!", visto che la conoscono così bene e ne hanno a cuore le sorti, al contrario dei manager…
Vi sono anche altre responsabilità nella gestione di Ffs Cargo per le pesanti perdite economiche registrate?
Le strategie non sono imputabili ai soli manager. C'è chi ha un compito di controllare l'operato dei manager, approvandone le decisioni: il Consiglio di amministrazione. Nella composizione dei membri del Cda è carente la competenza nel settore dei trasporti.
C'è però anche una responsabilità dell'azionista, la Confederazione, rappresentata dal Consiglio federale…
Sì, anche perché il cittadino è coinvolto a due livelli nella questione. Il primo come utente del servizio pubblico, in secondo piano come contribuente che lo finanzia. Avere un Cda competente, è nell'interesse dei cittadini.
Nicolas Perrin è direttore di Ffs Cargo e al tempo stesso membro del Cda di Hupac, l'azienda di spedizioni di cui la Confederazione è azionista. Non c'è conflitto d'interesse?
Il signor Perrin è il direttore di Ffs Cargo, quindi il capo delle Officine di Bellinzona. Hupac è il maggior cliente delle Officine. Negare che vi sia una possibile relazione tra i due ruoli che possa essere conflittuale è molto difficile. È ovvio che Hupac può esercitare un'enorme pressione sulle Officine per ridurne i prezzi. La situazione però è paradossale se si pensa che Hupac riceve dei sussidi per il trasferimento del trasporto merci dalla gomma sui binari.
Parliamo un po' del futuro dell'Officina. Come lo vede?
C'è un enorme potenziale di crescita, partendo da una buona situazione competitiva. Naturalmente c'è sempre un margine di miglioramento, ma i presupposti sono buoni. Le Officine devono aprirsi sul mercato, cercando di acquisire nuovi clienti. In questo senso è stata una decisione importante quella presa nella tavola rotonda di lunedì di trasferire da Basilea a Bellinzona il settore vendita e acquisti. Per trovare nuovi clienti è necessario un contatto diretto e una buona conoscenza del prodotto che si offre. Questo implica essere a Bellinzona per andare dai clienti personalmente e frequentare le Officine per capire come si lavora e cosa si può offrire di meglio ai clienti.
Il futuro delle Officine sarà all'interno del gruppo Ffs Cargo?
No, si dovranno staccare. Oggi non possiamo dire con precisione con quale modalità e quale forma assumeranno le nuove Officine. È importante essere aperti a soluzioni diverse, anche se oggi possiamo escludere una privatizzazione completa, poiché sarebbe in contrasto con la filosofia di partecipazione delle maestranze delle Officine, il vero capitale attuale.
Gli operai potrebbero da soli traghettare le Officine verso il futuro?
Tutto da soli non possono fare. Credo sia necessario un sostegno in questa fase. Con la tavola rotonda si è raggiunto il traguardo di poter lavorare in tranquillità per 2 o 3 anni, avendo mantenuto intatta la struttura e il capitale umano, ossia gli ingegneri e gli operai. Questo tempo è però necessario usarlo per immaginare nel dettaglio il futuro delle Officine.
Ritiene che il Cantone possa avere un ruolo in questo senso?
Finora il Cantone ritiene la questione Officine un problema dell'ex regia federale delle ferrovie. Non credo sia un'attitudine vincente per il futuro delle Officine. Se l'interesse cantonale è quello di salvaguardare i posti di lavoro delle Officine, per farlo bisogna immaginare anche nuovi scenari. Fornire gli strumenti a chi vuole lavorare in questo senso, sarebbe dunque un passaggio obbligato.

Pubblicato il

27.06.2008 02:30
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