Orari d’apertura e interessi di bottega

La proposta di legge cantonale sugli orari dei negozi avrà vita dura: parola di Unia. Il sindacato ha dato avvio alla campagna per impedire l'introduzione dei nuovi orari, giudicati un attacco ai diritti dei salariati della vendita. Il governo, appoggiato da padronato e da alcuni sindacati, vorrebbe estendere l'apertura dei commerci per quattro domeniche l'anno, quattro festivi infrasettimanali, tutti i sabati fino alle 18, mentre la chiusura in settimana si sposterebbe alle 19 e il giovedì alle 21.

«Una proposta di legge unilaterale che tiene conto solo gli interessi del fronte padronale» scrive Unia nel suo speciale bollettino destinato al personale della vendita che accompagnerà tutta la campagna sindacale. Anzi, specifica il sindacato, a beneficio solo di una parte del fronte padronale: la grande distribuzione. «Sono le grandi catene a spingere per le aperture prolungate. Le stesse che nel 2008 hanno fatto il record di utili della loro storia e ora vorrebbero godere di una liberalizzazione degli orari a costo zero. In cambio non dovranno versare alcuna prestazione al personale: né aumenti salariali, né riduzioni di orari giornalieri, nessuna compensazione» rincara il sindacato nel suo scritto, concludendo: «Una legge che porterebbe un colpo forse definitivo al piccolo commercio».
Nessuna contropartita per le lavoratrici del settore, salvo un accenno all'intenzione di estendere i commerci che hanno sottoscritto il contratto in vigore, ad oggi ratificato da 500 negozi su 4mila. Promesse che non convincono il sindacato Unia.
Per inciso, il salario minimo previsto dal contratto per una venditrice non qualificata è di 2'830 franchi lordi per 42 ore di lavoro settimanali. Sale, se così si può dire, a 3'050 franchi lordi per una venditrice qualificata. Unia non ha mai sottoscritto questo contratto poiché lo ritiene insufficiente per i salariati, così come giudica fondamentale predisporre una «commissione che verifichi il rispetto della norma legale». Nell'ultimo controllo sul rispetto delle norme svolto dall'ispettorato del lavoro cantonale durante le aperture straordinarie del 2006 era stato riscontrato un tasso d'infrazione del 96 per cento dei commerci controllati. E si trattava anche di violazioni non proprio "leggere". 101 infrazioni erano state riscontrate per aver fatto lavorare il dipendente per sei giorni consecutivi, altre 227 infrazioni per aver impiegato più di 2 ore di straordinari in un giorno lo stesso impiegato (cfr. area del 23 novembre 2007).
Se la proposta di legge andrà incontro ad una forte opposizione, anche Unia avrà vita dura nella sua campagna. Oltre ad un fronte padronale che appare compatto nonostante gli interessi divergenti tra i piccoli e i grandi commerci, la proposta di legge è sostenuta anche da altre organizzazioni sindacali (Ocst e Sindacato degli impiegati di commercio), le stesse che hanno sottoscritto il contratto della vendita citato. Si rischia così di fornire informazioni contraddittorie al personale della vendita e ai cittadini-consumatori, i quali potrebbero trovarsi disorientati.  
Per evitare ciò, Unia vuole coinvolgere anche i diretti interessati. «Fino ad ora sulla legge si sono espressi diversi attori: i politici, i rappresentati padronali e sindacalisti. Nessuno però ha interpellato i diretti interessati: i dipendenti» annota il sindacato. Per colmare questa lacuna, Unia ha deciso di promuovere un referendum tra gli addetti al settore, sullo stile di quello intrapreso lo scorso anno a livello nazionale tra i muratori nella battaglia per il contratto nazionale. Oggi Unia chiede alle venditrici e i venditori di esprimersi sulla proposta di legge governativa, con tanto di schede di voto e di urne.
Secondo il sindacato, la modifica degli orari riguarda però la società intera. «Questa legge peggiorerebbe ulteriormente la vita sociale e familiare dei dipendenti, confrontati già oggi con un quadro precario». Ma non solo. Dopo la vendita, prevede Unia, la deregolamentazione oraria toccherà «i postini, i bancari, gli assicuratori, gli impiegati amministrativi dei comuni e del cantone per non fare che alcuni esempi». Se di scelta di società deve essere, la via del voto sul tema non è esclusa dall'organizzazione sindacale. Anche perché, nelle ultime tre volte in cui si è votato sul tema in Ticino, la popolazione ha dato ragione al sindacato. 

Pubblicato il

15.05.2009 03:00
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