Payerne, la morte danza attorno alla Eternit

Mancano nomi, date, nazionalità, cause di morte; e soprattutto, manca un campione di lavoratori ancora in vita da affiancare a quello dei loro colleghi già morti: insomma, resta parecchio lavoro da fare. Ma sulla scorta dei dati emersi nell’ambito della prima fase di un’indagine condotta tra gli ex lavoratori dello stabilimento Eternit di Payerne, il Comité d’aide et d’orientation des victimes de l’amiante (Caova) trae sin d’ora due conclusioni principali e delinea un’ipotesi che resta però tutta da verificare. Le conclusioni: la probabilità di morte per una malattia provocata dall’amianto tra i lavoratori della Eternit di Payerne è più elevata che nella popolazione in generale; e più gli ex lavoratori sono nati recentemente più sono entrati giovani in fabbrica, più a lungo vi hanno lavorato, meno a lungo sono sopravvissuti dopo aver lasciato il lavoro alla Eternit e più giovani sono morti. L’ipotesi: vi sarebbe una tendenza verso il basso della speranza di vita tra gli ex lavoratori esposti all’amianto nati a partire dagli anni ‘40. Un’ipotesi che suscita inquietanti interrogativi circa la reale portata della mortalità per amianto tra gli ex lavoratori e i lavoratori attuali dello stabilimento della regione della Broye vodese. Ma i militanti di Caova, allo stadio attuale della ricerca, non si spingono oltre e non azzardano altre conclusioni in attesa di ulteriori dati. area nel dossier di questa settimana anticipa i primi, parziali risultati dell’indagine condotta da Caova. Vi si spiega come quest’ultima è nata e si è sviluppata, e quali sono le piste di ricerca che i membri di Caova si propongono di seguire per continuare a dare sostanza al loro impegno a favore delle vittime dell’amianto e dei loro familiari. La Svizzera è stata per quasi un secolo la “culla” dell’amianto-cemento (o fibrocemento), una miscela di cemento, acqua e amianto sulla quale la dinastia Schmidheiny costruì il suo impero a partire dall’inizio del secolo scorso con l’apertura nel 1903 della fabbrica di Niederurnen, nel canton Glarona. I prodotti in fibrocemento (lastre per rivestimenti di facciate, pareti e tetti, vasi da fiori, canali di ventilazione, pannelli di protezione anti-incendio, tubi per canalizzazioni, ecc.) invadono i mercati a partire dagli anni ’30. La Eternit si espande, in Svizzera e all’estero. I mercati della Svizzera occidentale diventano attrattivi. Nel 1934 l’azienda acquista (convertendone la produzione all’amianto-cemento) la concorrente “Lignat” di Grandson. Poi nel 1956-’57 si insedia alla periferia di Payerne, nella regione della Broye vodese, una cinquantina di chilometri a nord di Losanna. La sua produzione nei capannoni disegnati dall’architetto Paul Waltinspühl conosce un notevole sviluppo. Sull’onda del successo, «pochi si preoccupano delle correlazioni stabilite nel 1935 tra certi tipi di cancro dei polmoni e l’esposizione alle fibre di amianto. (...) la macchina economica del “trentennio glorioso” (1945-1975) del dopoguerra è in marcia, del suo successo dipendono praticamente tutti i settori della società. Le messe in guardia incontrano scetticismo e incomprensione». (1) Dalla sua inaugurazione nel 1957, nei vari reparti della fabbrica di Payerne si sono succedute un migliaio di persone secondo Caova. Quando le prime misure di sicurezza anti-amianto sono state adottate, verso la metà degli anni ’70, i collaboratori erano circa 180. Oggi sono un’ottantina. Omettendo di considerare gli studi che a partire dall’inizio degli anni ’60 dimostravano la correlazione tra mesotelioma (tumore alla pleura) e amianto, la Eternit continua a sostenere che «è solo all’inizio degli anni ’70 che le ricerche scientifiche fanno apparire una relazione» tra i due. (2) Da allora nello stabilimento principale di Niederurnen e nella filiale di Payerne vennero adottate «misure preventive importanti» per proteggere i lavoratori. «Prestavamo un’attenzione particolare a un’informazione continua e trasparente destinata alle collaboratrici e ai collaboratori, così come ai loro parenti, sui pericoli conosciuti dell’amianto», afferma l’azienda. «Fino al 1975 circa segavamo, levigavamo e verniciavamo il prodotto Eternit senza protezione. All’epoca ci dicevano che non era una sostanza pericolosa perché lo si trova anche in natura. Ma sono quelli che scaricavano i sacchi che ne hanno inalato di più», ha dichiarato al quotidiano losannese 24 Heures un falegname che ha lavorato alla Eternit di Payerne dal ’64 all’’86, recentemente operato dopo aver contratto una malattia polmonare. (3) La multinazionale ammette una cinquantina di morti per amianto nello stabilimento di Niederurnen, solo un paio tra quelli che hanno lavorato a Payerne. (4) Un paio? Molti di più, anche se non si può dire quanti con esattezza. Così la pensano i militanti di Caova, che al termine della prima fase di un’indagine sullo stabilimento Eternit di Payerne hanno individuato 61 persone (su un totale di 953) decedute (per tumore o altre cause) tra gli ex lavoratori della fabbrica, un terzo delle quali morte a seguito di un tumore o di altre malattie da amianto. Allo stadio attuale, gli autori dello studio affermano due cose: la probabilità di morte per una malattia provocata dall’amianto tra i lavoratori della Eternit di Payerne è più elevata che nella popolazione in generale; e più gli ex lavoratori sono nati recentemente più sono entrati giovani in fabbrica, più a lungo vi hanno lavorato, più giovani sono morti e meno a lungo sono sopravvissuti dopo aver lasciato il lavoro alla Eternit. Caova è in attesa di ulteriori dati per verificare un’ipotesi di lavoro: quella secondo cui la speranza di vita degli ex lavoratori nati a partire dagli anni ‘40 si riduce progressivamente. I militanti di Caova, intanto, continuano a battersi dietro le quinte e contro i mulini a vento per far emergere, una per una, tutte le morti d’amianto avvolte nell’anonimato, a Payerne e altrove. Perché, si legge nel rapporto dell’indagine, «il censimento delle persone a rischio da parte delle istituzioni responsabili della protezione della salute dei lavoratori in generale si è rivelato lacunoso, persino lassista. Ne è risultata una messa in pericolo della vita di migliaia di persone che, non avendo informazioni (...), non beneficiando di controlli medici regolari, di depistaggio precoce e di cure, muoiono prematuramente, lasciando i loro parenti nella sofferenza, nell’indigenza, l’indifferenza dei responsabili e l’ignoranza circa la reale causa dei mali che si sono portati via la persona defunta». È ciò che ha vissuto Martine, che ha perso suo marito nel 2003 a seguito di un enfisema polmonare, malattia sviluppata quando aveva 62 anni e che la Suva – malgrado 27 anni di lavoro alla Eternit di Payerne, a contatto con le fibre d’amianto – riconduce al fumo negandone l’origine professionale, a differenza della prassi seguita in caso di mesotelioma. «Alla fine cogitava [essere assorto in pensieri e riflessioni, ndr] molto. Diceva solo: “Dopo la mia morte forse capiranno, ma sarà troppo tardi”. Oggi vorrei sapere se è morto a causa della Eternit». (5) Quante morti anonime da amianto sin qui a Payerne? Quante devono attendersene le persone esposte e i loro familiari nei prossimi anni? (1)“Eternit en Suisse Romande”, in AAVV, Eternit Suisse: architecture et culture d’entreprise depuis 1903, Zurigo, 2003, p. 69. (2)Vedi le pagine sull’amianto nel sito ufficiale www.eternit.ch. (3)Parallelamente all’adozione delle prime misure di sicurezza, la Eternit lanciò un programma di ricerca che avrebbe gettato le basi per la riconversione dell’intera produzione dall’amianto a fibre sostitutive. A Payerne la produzione in amianto-cemento è cessata verso la fine degli anni ’80, mentre l’uscita definitiva della Eternit dall’amianto – con l’abbandono della fabbricazione di tubi per canalizzazioni – è avvenuta solo nel 1994. (4)“L’amiante d’Eternit Payerne, une ‘bombe à retardement’”, 24 Heures, 7 maggio 2005. Il nome è di fantasia. (5)Ibid. “Chiediamo solo giustizia,niente di più” «Non intendiamo creare sensazione. Ciò che vogliamo è semplicemente questo: che vengano rispettati i diritti acquisiti dei lavoratori. Quelli della Eternit di Payerne, ad esempio, hanno sempre pagato l’assicurazione contro gli infortuni che copre i rischi professionali. Caova non chiede altro che giustizia: se la loro malattia o il loro decesso è dovuto a una causa professionale, questa dev’essere riconosciuta e le persone debitamente indennizzate». François Iselin è un militante di lungo corso nella battaglia contro l’amianto e a favore delle sue vittime e dei loro familiari. Ha partecipato alle lotte degli anni ’80 per la messa al bando del minerale cancerogeno in Svizzera e per il censimento degli edifici contenenti amianto. Poi, man mano, l’attenzione si è spostata sui malati e le loro famiglie. Nel 2002 ha co-fondato il Comité d’aide et d’orientation des victimes de l’amiante (Caova), e negli ultimi anni buona parte dell’energia sua e dei suoi compagni di Caova è stata dedicata a un vero e proprio lavoro da formica: far luce sulle conseguenze dell’utilizzo di amianto nello stabilimento Eternit di Payerne, nella regione della Broye vodese, uno dei due (quello principale è a Niederurnen nel canton Glarona) appartenenti in Svizzera alla multinazionale regina dell’amianto-cemento che fu di proprietà della famiglia Schmidheiny. A François Iselin abbiamo chiesto di spiegarci com’è nata, come si è sviluppata e quale sarà il seguito dell’indagine sulla speranza di vita tra gli ex lavoratori e i lavoratori della fabbrica di Payerne. François Iselin, perché avete condotto quest’inchiesta? L’obiettivo è di identificare e documentare un insieme di lavoratori esposti all’amianto nello stabilimento della Eternit a Payerne al fine di determinare gli eventuali scarti per rapporto all’evoluzione della speranza di vita media della popolazione svizzera. L’indagine ci ha effettivamente permesso di identificare numerosi lavoratori, di informarli dei rischi che corrono affinché essi a loro volta possano rendere attenti i loro medici curanti, favorendo così un’eventuale diagnosi precoce di malattie legate all’amianto. Questo lavoro avrebbe dovuto permetterci infine di accompagnare le vittime o i loro familiari a compiere dei passi nei confronti della Eternit e della Suva, passi volti a esigere un’informazione sulla causa delle malattie o del decesso, il riconoscimento della loro origine professionale e, se del caso, l’ottenimento degli indennizzi corrispondenti. Ed è stato così? Fra mille difficoltà qualcosa siamo riusciti a fare. Ad esempio prossimamente al Tribunale delle assicurazioni del canton Vaud vi sarà un’udienza sul caso di un ex lavoratore di Eternit Payerne che dopo aver lavorato 23 anni a contatto con l’amianto, è deceduto a 70 anni nel dicembre 2003 – al termine di anni di sofferenze indicibili – per un tumore polmonare. Noi sosteniamo che la causa preponderante della sua malattia non è il tabacco (era un fumatore), ma le fibre d’amianto che ha inalato sul posto di lavoro. In numerosi paesi, ad esempio in Francia, quando un fumatore che ha lavorato a contatto con l’amianto si ammala, l’esposizione alla sostanza cancerogena viene considerata come la causa preponderante della sua malattia. E queste persone in Francia vengono indennizzate. La Suva invece sostiene che i tumori polmonari sono dovuti al fumo. E a Payerne molti lavoratori dello stabilimento Eternit – che si trova vicino a una fabbrica di tabacco – fumavano. Quando avete cominciato a lavorare sulla Eternit di Payerne? Nel dicembre del 2003. La moglie di un ex lavoratore ci ha contattati dicendoci che suo marito stava morendo. Pensava che lui non stesse ricevendo le cure adeguate. Abbiamo discusso sia col marito, tre giorni prima della sua morte, sia con la vedova. Ci siamo così resi conto da un lato che la persona era effettivamente mal curata, dall’altro che essa aveva saputo solo tre mesi prima che la malattia che a giorni l’avrebbe portato alla morte poteva anche essere stata provocata da un’esposizione alle fibre di amianto. E sa come l’ha saputo? Leggendo un mio articolo sulle vittime dell’amianto pubblicato da L’Evénement syndical che degli amici avevano passato a sua moglie! Eppure gli effetti cancerogeni dell’amianto sono noti dagli anni ’50. Siamo rimasti a bocca aperta di fronte a tanta ignoranza. E cosa avete fatto poi? Ci siamo detti che bisognava informare tutti i lavoratori dello stabilimento, perlomeno quelli che erano venuti a contatto con l’amianto prima della sua abolizione nel 1990. Così abbiamo telefonato a una cinquantina di ex lavoratori, pensionati, per renderli attenti al fatto che erano stati a contatto con la sostanza. E che pertanto avrebbero dovuto dirlo al loro medico curante e sottoporsi a controlli regolari. Molti ci dicevano: “non rischiamo nulla, perché dal 1985 a Payerne non si usa più l’amianto”. Abbiamo dovuto spiegare loro che, malgrado non lavorassero più da tempo a contatto con le fibre di amianto, queste ultime potevano ancora essere presenti nei loro polmoni. In questo lavoro, che ci ha permesso di ricostruire il percorso di vita di un primo nucleo di ex lavoratori della Eternit di Payerne, siamo entrati in contatto anche con numerose vedove che ci dicevano: “non mi hanno mai detto di cosa è morto mio marito”. Ci siamo accorti che, soprattutto da parte della Suva, esisteva una volontà di nascondere le cause del decesso e di non accordare all’informazione e alla prevenzione il peso che queste meritano. Come siete riusciti ad andare oltre questo primo nucleo di ex lavoratori, ad ampliare la base della vostra indagine? Telefonando a chiese, comuni, parlando con diverse persone, ecc. E poi spulciando vecchi numeri di “Eternit-Echo”, il bollettino aziendale della Eternit, alla ricerca degli annunci (compresi quelli mortuari), dei nomi dei nuovi assunti e di quelli che se ne erano andati. Su questa base abbiamo stilato una lista di 953 nomi. In realtà sappiamo che le persone che hanno lavorato nello stabilimento Eternit di Payerne dal 1957 a oggi sono molte di più. La cifra di 953 ex lavoratori e lavoratori, ad esempio, tiene conto solo in maniera lacunosa degli stagionali che si fermavano qualche mese e poi rientravano in patria. Come siete stati accolti dalle famiglie che avete avvicinato? In generale direi bene. Erano soprattutto le vedove a sentirsi un po’ sollevate, contente che qualcuno si preoccupasse finalmente di ciò che è successo ai loro mariti. Molte di loro non hanno nemmeno potuto fare il lutto, perché non sanno ancor oggi di cosa è morto il loro sposo. Alcune vedove, piano piano, hanno preso coscienza. E adesso stanno compiendo dei passi per ottenere il riconoscimento dell’origine professionale della malattia dei loro congiunti e i risarcimenti corrispondenti. La paura, l’omertà che avevamo riscontrato in un primo tempo, poco a poco si sta dissipando. Non in tutti, certo. Avete identificato 61 persone decedute tra gli ex lavoratori della Eternit di Payerne, che sia per un tumore o per altre circostanze. Ma cosa sapete dello stato di salute degli ex lavoratori e dei lavoratori esposti che sono ancora in vita? È la grande domanda. Dobbiamo riuscire ad ampliare l’insieme di riferimento dell’indagine in modo che oltre ai morti comprenda anche chi è ancora in vita. Ciò permetterebbe di stabilire se esiste effettivamente una tendenza verso il basso della speranza di vita tra i lavoratori della Eternit di Payerne. Stiamo lavorando per completare dell’indagine, ma è molto difficile. Anche se man mano che avanziamo troviamo un numero crescente di persone che ci danno un aiuto, in un modo o in un altro. I Risultati dell'indagine Questi i principali risultati, parziali, dell’indagine di Caova, ottenuti sulla base dei percorsi di vita (anno di nascita, di inizio e fine dell’attività lavorativa alla fabbrica, anno di morte) dei 61 ex lavoratori della Eternit di Payerne deceduti, raffigurati nel grafico accanto: •La durata del lavoro nella fabbrica si è allungata nel corso degli anni. I primi lavoratori assunti erano contadini che – in molti casi dopo l’età di pensionamento – vi guadagnavano qualche soldo. Benché fortemente esposti all’amianto, lo sono stati a un’età avanzata. Il lungo tempo di latenza delle malattie da amianto (dai 10 ai 40 anni) non ha perciò ridotto la durata della loro vita. •Più gli ex lavoratori sono nati recentemente più sono entrati giovani in fabbrica, più a lungo vi hanno lavorato, meno a lungo sono sopravvissuti dopo aver lasciato il lavoro alla Eternit e più giovani sono morti. • Gli ex lavoratori nati a partire dagli anni ‘40 e deceduti nel frattempo sono morti prima dell’età di pensionamento, senza aver raggiunto tantomeno la speranza di vita media degli uomini in Svizzera nell’anno della loro nascita. •La probabilità di morte per una malattia provocata dall’amianto tra i lavoratori della Eternit di Payerne è più elevata che nella popolazione in generale. Per saperne di più •In Svizzera esistono due associazioni che si battono per informare e difendere le persone esposte all’amianto e i loro famigliari. Il Comité d’aide et d’orientation des victimes de l’amiante (Caova, www.caova.ch) è stato fondato nel 2002. Ha sede a Losanna. Per contattarlo scrivere a Caova, cp 5708, 1002 Lausanne, telefonare allo 0041 (0)21 784 48 35 oppure mandare un mail a info@caova.ch. A Zugo si trova l’Associazione esposti all’amianto e loro familiari (www.asbestopfer.ch). L’indirizzo è Untermüli 6, cp 2555, 6302 Zug (tel.: 0041 41 766 47 77; e-mail: sekretariat@asbestopfer.ch). •area si è occupata a più riprese di amianto e degli ex lavoratori della Eternit. Nel nostro archivio internet (www.area7.ch) potete trovare una selezione degli articoli sul tema.

Pubblicato il

16.12.2005 01:30
Stefano Guerra
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