Pedalate e moltiplicatevi: parola di Critical mass

«No, non blocchiamo il traffico. Noi siamo il traffico». Sono ormai dappertutto, difficile identificarli e difficile fermarli. Non hanno sedi, non hanno apparati né presidenti ma vanno avanti affermando con la loro visibilità il desiderio di spazi urbani a misura d’uomo. Sono il popolo di Critical mass, un fiume di persone irregolare che s’incontrano unendo in un’armonia disarmonica i loro ritmi. Critical mass è un movimento, un movimento fantasma – qualcuno lo ha definito – che si muove su due ruote. Un argine allo smog, allo stress da traffico, che senza roboanti proclami si materializza periodicamente nelle strade cittadine di numerose città del mondo. Nato nel 1992 a San Francisco – città di difficile percorribilità ciclistica per i suoi dislivelli territoriali –, il movimento ha via via preso piede in numerosi altri paesi (Stati Uniti, India, Inghilterra, Irlanda, Francia, Belgio, Lussemburgo, Svezia, Danimarca, Ucraina, Russia…) raggiungendo l’Italia, la Svizzera e, mesi fa, il Ticino. Senza dimenticare che la fama di Critical mass nel mondo è nata a seguito di uno scontro. Quando nel 1997, il sindaco Brown di San Francisco mandò la polizia contro i ciclisti che imperversavano nella città, rei di non voler seguire il percorso imposto dalle autorità. Critical mass propone «l’uso sovversivo della bicicletta» così come propugnato da uno dei suoi promotori, lo scrittore e designer multimediale Chris Carlsson che, sulla nascita ed evolversi del movimento, ha scritto un libro dall’omonimo titolo: “Critical mass: l’uso sovversivo della bicicletta” (Ed. Feltrinelli. Una sovversione fatta all’insegna della tolleranza. «Fai quello che vuoi ma sii gentile», è infatti uno degli slogan del Critical mass, la cui storia è stata raccontata anche da un regista americano, Ted White, in un film-documentario (Shake Edizioni Underground). Tanto più denso è il traffico automobilistico, tanto più incisivo e visibile è l’impatto del popolo festoso di Critical mass. Curioso però scoprire come il fenomeno italiano sia partito da una cittadina di 100 mila abitanti, Andria (provincia di Bari), grazie all’intrapprendenza di un pittore locale, Francesco Merra, che per ricordare i dieci anni di esistenza di Critical mass, il 27 settembre 2002, è riuscito a dar vita ad un raduno di 150 ciclisti. Movimento spontaneista (il gruppo milanese si è definito “dadaista”), Critical mass ha pedalato e pedala alla ricerca di «un nuovo equilibrio che rimetterà in marcia la città». «Questo è uno dei volti di Critical mass ma non l’unico. Il movimento di per sé non ha una connotazione specifica, un valore identitario, anche se non bisogna dimenticare che all’inizio, almeno qui da noi, ha avuto una spinta propulsiva dai centri sociali. Col tempo poi ha acquisito una forte trasversalità inglobando generazioni diverse e persone provenienti da molteplici ambienti. Il tutto nella più totale libertà. Anche i tragitti e gli obiettivi vengono decisi volta per volta dal gruppo che si muove in una determinata realtà. Mi è capitato di leggere sulla mailing-list che ciascun raduno costituisce un’esperienza di democrazia diretta».. Ci spiega Eugenio Galli, vicepresidente di Ciclobby Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta), che partecipa anche ai raduni di Critical mass. Con lui abbiamo parlato di questo fenomeno sbarcato di recente anche in Ticino. A cosa deve il suo successo Critical mass? Credo che da un lato ci sia la voglia di cambiare uno stato di degrado di talune città, ma anche la voglia di partecipare senza alcun obbligo di appartenenza. Non per niente si dice che a “Critical mass non si aderisce ma si partecipa”. La partecipazione è la sua peculiarità più immediata. Di Critical mass si parla come di un movimento che ha fatto del montare in sella un momento di riscossa sociale. È così? È una componente che gli appartiene. Di solito il ciclista solitario si perde in mezzo al traffico, diventa invisibile. Critical mass vuole ridare visibilità a chi si muove in bici. Durante i raduni succede qualcosa d’inconsueto: il ciclista, che di solito sta in coda alle automobili subendo il gas di scarico, per una volta sta in testa e costringe l’automobilista a dargli la precedenza. Ma come reagiscono gli automobilisti al vostro passaggio in una città trafficatissima come Milano? Vede, in questo campo, l’intelligenza come la stupidità sono assolutamente trasversali. Così fra gli automobilisti c’è quello che la prende con filosofia, buonumore e anche curiosità e interesse e quello che reagisce con insofferenza e collera. Insomma i temperamenti sono tra i più diversi e così le reazioni… Ci sono automobilisti che considerano una provocazione la sola presenza in massa dei ciclisti…. Partecipando ho visto però qualcosa che non mi è piaciuta: l’ostacolare di proposito il passaggio di un mezzo pubblico. Lo trovo insensato perché credo che di fatto non possa mai esserci un antagonismo fra bici e mezzo pubblico. Sarebbe un po’ come tirarsi la zappa sui piedi. Sono convinto che chi sente i problemi e i temi della mobilità come importanti non può trascurare il fatto che in tutto ciò il mezzo pubblico ricopra un ruolo fondamentale. Come vede lei che fa parte anche di un’associazione, Ciclobby-Fiab, lo spontaneismo di questo agire collettivo che è Critical mass? Mi è capitato di parlare di questo tema non solo con persone che fanno parte della mia stessa associazione ma anche con ciclisti, “cani sciolti”, che partecipano regolarmente ai raduni di Critical mass. Credo che una delle possibili risposte sia quella datami da qualcuno che mi ha detto: “che importanza ha se io sono qui (ai raduni) per il mero piacere di esserci come motivazione?” Dunque il piacere e la spontaneità sono elementi agglutinanti e possono acquisire valenza politica… Certo, la forza di Critical mass sta proprio nel dare visibilità alle biciclette in movimento in una città. Questo è già di per sé un fatto politico: rendere visibile soggetti che, nel rispetto delle differenze, desiderano una buona qualità di vita. Il messaggio è tutt’uno col suo mezzo di trasmissione: la bicicletta. Forse il suo limite, a fronte di una grande capacità di aggregazione, può essere la difficoltà di esprimere un concetto che non sia quello transeunte, di “qui e ora”. D’altronde per questo esistono altre associazioni come la nostra e tante altre che si preoccupano di portare le istanze di una mobilità alternativa presso le autorità (parcheggi per bici, trasporti gratuiti in treno, ecc.). Aggiungo inoltre che Milano in questo senso è un laboratorio. Ciclobby, proprio in ragione della difficoltà di rapporti istituzionali con il Comune, si è fatta promotrice di un cartello di associazioni dove confluiscono Legambiente, Arci Ragazzi, Wwf ecc, che hanno trovato come punto di condivisione la convinzione che una seria ed efficiente politica della mobilità in bici serve a tutti in città. Le associazioni e Critical mass sono due cose diverse ed è bene che lo siano. Crede che si tratti di un fenomeno passeggero o qualcosa di più profondo e rivoluzionario? Che continuerà a mettere radici? Ci sono delle contaminazioni che fanno pensare a qualcosa di non effimero. Contaminazioni con i temi della globalizzazione, di stringente attualità, che ci imporranno di riflettere non solo sul nostro presente ma anche sul futuro prossimo. Credo che ci ritroveremo con una Critical mass molto forte e visibile accanto ad associazioni altrettanto radicate, visibili e autorevoli, in un rapporto di reciproche e positive influenze. Si tratta di fenomeni che, nella loro diversità, possono convivere perché hanno a cuore la stessa cosa: un futuro migliore per tutti. Per saperne di più: www.criticalmass.org www.criticalmass.ch/ www.criticalmass.it www.inventati.org/criticalmass/ Critical mass in Ticino Qui in Ticino, il primo raduno era stato promosso dal Centro autogestito il Molino lo scorso 5 aprile 2003. Un’esperienza che sembrava non avere futuro. Invece qualcosa ha continuato a muoversi e presto la “massa critica” si materializzerà di nuovo in Ticino. Il prossimo appuntamento è previsto infatti per sabato 13 settembre, ore 14.15, alla Gerra in via Trevano (tra il Cimitero e lo Skate Park) a Lugano. A lanciare l’idea questa volta è Nicola Colombo che dopo aver partecipato al primo raduno, ha deciso di riprovarci sperando però che questa volta l’incontro abbia una connotazione festosa. Irriducibile delle battaglie per la mobilità in bicicletta, l’artigiano di Bellinzona che da qualche anno ha dedicato energie e denaro per convincere le Ferrovie federali svizzere a far viaggiare gratuitamente le biciclette onde incrementarne l’uso tra la gente quale mezzo di trasporto quotidiano. Con il sostegno dell’Ata (Associazione traffico e ambiente), la sua battaglia privata è approdata in Parlamento (2 dicembre 2002) sotto forma di interrogazione parlamentare. Colombo lascia trapelare un po’ di delusione per la risposta ricevuta che in sostanza lascia le cose come stanno. Anche se, per certi versi, la sua battaglia un importante effetto l’ha ottenuto: quello di sensibilizzare le persone e di rendere più tolleranti le ferrovie nei confronti di chi viaggia con la bici al seguito. Ora alla vigilia del secondo raduno di Critical mass in Ticino, Nicola Colombo non nasconde le difficoltà. «Speriamo che il raduno sia il primo di una serie. Sono però consapevole che partiamo un po’ svantaggiati – dice ad area – perché il Ticino è come una città di media grandezza, sparpagliata su un territorio vastissimo e, in questo scenario, riuscire a coaugulare un gruppo consistente di ciclisti non è un’impresa da poco. Quando la gente capirà che è un’occasione socializzante, piacevole e distensiva, sono sicuro che parteciperà numerosa». Anche la conformazione territoriale può essere un deterrente. «No, se pensiamo che Critical mass è partita da San Francisco. Piuttosto la dilatazione del territorio può costituire un ostacolo. Per questo credo sia importante proporre, di volta in volta, i raduni in più punti di ritrovo (Lugano, Locarno, Bellinzona, ecc.) che coinvolgano diverse zone del Cantone. Mi auguro, inoltre, che sabato le Ffs siano tolleranti con i partecipanti alla Critical mass permettendo loro di caricare gratuitamente le loro bici sul treno. Per il resto non possiamo che sperare nella voglia dei ticinesi di partecipare ad un evento collettivo che esprime una nuova concezione di vita, rispettosa dell’uomo, dell’ambiente e della diversità». mapi Info: www.ruotalibera.ch Bicistaffetta: in missione cicloturistica Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna. La montagna qui sono le autorità e Maometto tutti coloro che desiderano una mobilità alternativa. Con questo spirito è partita lo scorso 7 settembre dall’Italia, un’iniziativa «che abbina la valorizzazione del territorio e la tutela dell’ambiente attraverso l’uso della bicicletta», organizzata dalla Fiab-onlus (Federazione italiana amici della bicicletta). Denominata “Bicistaffetta Fiab 2003”, la “missione cicloturistica” ha come obiettivo la sensibilizzazione delle autorità cittadine ai problemi della mobilità ciclistica. Suddiviso in dieci tappe, il percorso avrà come inizio Santa Maria di Leuca (Puglia) e come punto d’arrivo Roma (toccherà la Puglia, Basilicata, Campania e Lazio) per un totale di 816 chilometri. «Ad ogni tappa – spiega ad area Lello Sforza della Fiab – incontreremo le autorità del posto, i sindaci e la stampa per chiedere che la mobilità ciclistica e l’integrazione modale bici e mezzi pubblici entrino nell’agenda politica di tutti i livelli di governo». Non solo, la Fiab ha in programma di estendere la sua iniziativa a livello internazionale. E prova ne è la promozione di un progetto, “Bicitalia”, di rete nazionale ciclabile di media e lunga distanza, che interessa la Puglia con 5 itinerari di cui uno addiritura transazionale “Londra-Roma-Brindisi” condiviso con la rete ciclabile europea “Eurovelo” in fase di attuazione. Un obiettivo ambizioso certo ma che Sforza ritiene raggiungibile, se perseguito con determinazione. Basta che si abbia voglia di pedalare, insomma. mapi www.bicitalia.org/staf2002/index.htm www.fiab-onlus.it

Pubblicato il

12.09.2003 04:30
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