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Lavoro e dignità

"Perché il mio lavoro vale meno che in Svizzera?"

di

Francesco Bonsaver

«Perché il mio lavoro in Ticino vale meno che in Svizzera?». La domanda posta da Angela* riassume la problematica della mancata inclusione dei salari minimi per gli shop delle stazioni di servizio nel cantone. Fiera di essere svizzera, Angela non riesce a capacitarsi della decisione del Consiglio federale di aver escluso il Ticino. «Se ritengono giusto che in Ticino le persone siano pagate meno, allora dovrebbero ridurre ai ticinesi la Billag, le casse malati o tutti i costi federali obbligatori. E anche i prodotti dei supermercati Migros o Coop dovrebbero costare meno in Ticino, visto che ci pagano meno».


Il ragionamento della signora è il seguente: perché siamo svizzeri quando si tratta di pagare, mentre diventiamo non svizzeri nel ricevere i salari? Ha ragione da vendere la signora. Ci permettiamo comunque di farle notare che la mancata entrata in vigore dei salari minimi è soprattutto opera di ticinesi (famiglia Cattaneo, famiglia Centonze e famiglia Baumgartner), Angela risponde altrettanto indignata: «A questi signori vorrei chiedere se non provano vergogna per quello che stanno facendo ai ticinesi. E anche il Consiglio federale dovrebbe vergognarsi, per aver avallato la loro richiesta». Perché la signora è certa che queste famiglie ticinesi guadagnino bene dalle stazioni di servizio.

 

Angela sa bene di cosa parla. Sulle sue spalle ha una ventina di anni di esperienza professionale, prima da Piccadilly e poi da City Carburoil. «In tutti questi anni, non ho mai visto gli incassi diminuire. Per contro, le mansioni affidate e dunque la mole di lavoro, sono sempre cresciute. È un lavoro pesante. I clienti non se ne accorgono, ci vedono sorridenti ma non sanno quel che facciamo tutto il giorno». Avendo gli orari d’apertura prolungati, la giornata di lavoro inizia presto, verso le 5.30 col primo turno. Oppure finisce tardi, quando si chiudono le porte alle 22 e poi bisogna riordinare o far la cassa prima di poter andare a casa. A dipendenza dei negozi, le mansioni possono essere molteplici. «Se hai un negozio con un grande assortimento, c’è da scaricare la merce e posizionarla sugli scaffali. E devi interromperti ogni volta per scaldare il pane, servire dei clienti al bar, incassare la merce o la benzina, stando ben attenta che nessuno scappi senza pagare. E tante volte sei da sola nel turno». Tutto questo al prezzo di una misera paga. Eppure i prodotti in vendita sono ben più cari dei normali negozi.


Il cliente, ingenuamente, potrebbe pensare che i prezzi siano maggiorati perché il negoziante ha un costo maggiore nel dover retribuire il personale. Falso. Se già la paga base è bassa, il personale non riceve nulla per i turni o per lavorare di notte fino alle 22. Le domeniche sono compensate con un’indennità del 5% sulla paga oraria. Su 16 franchi orari, l’indennità domenicale corrisponde a 80 centesimi.


Angela, madre di numerosi figli, si dice schifata del disastrato mondo del lavoro in Ticino. «Ai miei figli consiglio di emigrare in altri cantoni. Sono certa che avrebbero maggiori soddisfazioni professionali e un giusto riconoscimento economico per il loro lavoro».

* nome noto alla redazione
 

Pubblicato

Lunedì 4 Giugno 2018

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Lavoro e dignità
03.06.2018

di 

Francesco Bonsaver

Sonderfall Ticino, ossia il caso particolare del cantone a sud delle Alpi, dove i salari legali nel resto della Svizzera qui non hanno invece validità. È il caso del contratto collettivo di lavoro per il personale dei negozi delle stazioni di servizio di carburante, decretato dal primo febbraio di obbligatorietà generale sul territorio nazionale dal Consiglio federale. Il contratto, negoziato tra le parti sociali a livello svizzero, prevede un salario minimo per il personale non qualificato di 3.700 franchi per tredici mensilità, ridotto a 3.600 in alcuni cantoni di frontiera.
In Ticino no, vige la libertà di mercato che consente al datore di approfittare della necessità di lavoro della manodopera d’oltreconfine per imporre salari coi quali i residenti non possono vivere, se non ricorrendo ad aiuti finanziati dalla collettività.


Il commento
06.06.2018

di 

Francesco Bonsaver

Una parte importante della ricchezza accumulata dalle famiglie Cattaneo, Centonze e Baumgartner è quella prodotta dalle loro dipendenti delle stazioni di servizio, rispettivamente City, Ecsa-Pt Easy Stop e Piccadilly.
È con il lavoro di queste donne (e qualche uomo), che inizia all’alba e si chiude a notte tarda, festivi e domeniche comprese, che queste famiglie ticinesi possono accumulare anno dopo anno i guadagni incassati dalla vendita di prodotti a prezzi maggiorati senza alcun costo supplementare della forza lavoro.

Lavoro e dignità
06.06.2018

di 

Francesco Bonsaver
Lavoro
08.02.2017

di 

Francesco Bonsaver

Uno stipendio di 3.600 franchi lordi al mese è appena sufficiente per vivere in Ticino. Non la pensano così la famiglia Centonze e Cattaneo, rispettivamente Ecsa e City Carburoil, che hanno fondato un’associazione per evitare che quel salario minimo entri in vigore. «Fronteggiare il Ccl nazionale dei negozi delle stazioni di servizio in Svizzera». Chiaro e diretto lo scopo dell’Associazione ticinese dei gestori delle stazioni di servizio. Impedire l’obbligo di pagare stipendi di 3.600 franchi lordi mensili in Ticino, scaturiti dal recente accordo tra partner sociali a livello nazionale. L’associazione ticinese è composta da diciassette membri, che insieme gestiscono circa la metà delle stazioni di servizio presenti nel cantone. L’altra metà dei gestori ticinesi non vi ha aderito, intuitivamente perché già paga stipendi in linea con il Ccl previsto.

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