Più sicurezza per uscire dalla crisi

Tre addetti dell'industria su dieci ritengono che il lavoro che svolgono metta in pericolo la loro salute. E sei su dieci sono convinti che le condizioni di lavoro hanno contribuito ad accentuare i loro problemi di salute. È quanto emerge da un'inchiesta condotta dal sindacato Unia fra la manodopera del settore industriale in Ticino.

Sono stati gli stessi lavoratori dell'industria ticinese a chiedere ad Unia di svolgere un'ampia indagine sulla salute e la sicurezza sul posto di lavoro. Un tema indubbiamente sentito dalla manodopera del settore industriale: oltre 600 sono stati infatti i formulari compilati dai diretti interessati. Con alcuni risultati che, osserva il copresidente nazionale di Unia Renzo Ambrosetti, «devono far riflettere e costringerci a intensificare e ridefinire specifiche misure di prevenzione».
Il dato forse più preoccupante è che tre lavoratori su dieci (il 28,8 per cento degli intervistati) ritengono che il mestiere da loro svolto mette in pericolo la loro salute, e addirittura sei su dieci (il 59,6 per cento) affermano che le condizioni di lavoro hanno contribuito ad accentuare i loro problemi di salute. Fra le principali cause, gli intervistati indicano nella misura del 23,2 per cento un'organizzazione del lavoro inadeguata rispetto alle esigenze di sicurezza sul lavoro. E ben un terzo degli intervistati ritiene che anche la prassi di assunzione del personale sia un punto critico.
Che fare dunque? Per gli intervistati il problema non risiede né negli attrezzi di lavoro (l'80,7 per cento li ritiene sicuri), né nell'equipaggiamento di protezione individuale (ritenuto adeguato dal 76 per cento degli interpellati). Molto rimane invece da fare sul fronte dell'informazione e dell'istruzione. Un quarto degli intervistati (24,3 per cento) si considera poco o per nulla informato in tema di sicurazza, e il 43,2 per cento dice di non sapere se c'è un addetto alla sicurezza nella propria impresa. E ben il 70 per cento sottolinea che nella rispettiva azienda non ci sono vie istituzionalizzate per formulare proposte di miglioramento al riguardo.
Come commenta questi dati il responsabile per le questioni di salute e sicurezza del sindacato Unia Dario Mordasini? «I risultati dell'inchiesta ticinese nell'industria confermano quanto è stato osservato in inchieste analoghe svolte in altri settori professionali. In primo luogo che ci sono importanti carenze a livello di organizzazione del lavoro. Poi che, di fronte a queste condizioni quadro difficili, i lavoratori vedono poche possibilità per incidere davvero. Infine», conclude Mordasini, «che molto rimane ancora da fare per rendere sistematica l'informazione e l'istruzione sulle questioni di sicurezza e salute».
Ma intensificare e ridefinire le misure di sicurezza in un periodo di crisi economica è opportuno? «La convinzione di Unia a questo proposito è chiara: non si tutela la salute nonostante la crisi, ma proprio a causa della crisi», osserva Ambrosetti, che aggiunge: «anche perché condizioni di lavoro rispettose della salute delle lavoratrici e dei lavoratori sono un elemento indispensabile anche per rimanere competitivi sui mercati nazionali e internazionali». La sicurezza come fattore di competitività.
Anche per questo Unia intende approfondire i risultati dell'inchiesta con tutti gli interessati. In particolare Unia propone di istituzionalizzare una sistematica collaborazione in materia di tutela della salute nell'industria ticinese coinvolgendo datori di lavoro, sindacati e organi di controllo, ed invita quindi ad istituire un Forum per la sicurezza nell'industria in Ticino.

Preoccupa la salute

Stando all'inchiesta condotta da Unia Ticino nell'industria cantonale, i lavoratori avvertono con più preoccupazione i rischi per la salute che i pericoli di infortunio. L'industria in effetti è un settore in cui c'è attenzione ai rischi di infortunio: «per la prevenzione degli infortuni si fa molto di più che per la tutela della salute dei lavoratori», osserva Dario Mordasini, responsabile per Unia della salute e della sicurezza. Così i lavoratori dell'industria hanno l'impressione che contro i rischi d'infortunio si faccia qualcosa e che quindi la situazione sia sotto controllo, per cui si dicono preoccupati per questioni quali l'ergonomicità del posto di lavoro, lo spazio a disposizione, l'illuminazione, la temperatura, le correnti d'aria ecc... Per Mordasini ci sono anche grosse differenze a livello normativo e di controllo: mentre per gli infortuni è competente la Suva, con spazi d'intervento per i partner sociali, negli altri ambiti tocca agli ispettorati del lavoro cantonali, la cui prassi è molto disomogenea.

La schiena, le articolazioni e la vista

Fra i problemi di salute più diffusi lamentati da chi lavora nel settore industriale ticinese, come emerge dall'inchiesta condotta dal sindacato Unia, vi sono le affezioni muscolo-scheletriche: oltre la metà degli intervistati (51,8 per cento) soffre di mal di schiena dovuto alle condizioni di lavoro, una quota che sale al 69,3 per cento per chi è esposto a condizioni climatiche difficili (caldo, freddo, correnti d'aria). Di dolori alle articolazioni quali conseguenze delle condizioni di lavoro si lamenta un lavoratore su tre (il 32,8 per cento), tasso che sale al 44,8 per cento fra chi dichiara di essere sottoposto a ritmi di lavoro elevati. Anche i disturbi alla vista sono assai diffusi: ne soffre il 38,2 per cento degli intervistati, una quota che sale al 47,4 per cento fra coloro che lamentano una cattiva illuminazione del posto di lavoro. E ben un terzo delle lavoratrici e dei lavoratori dell'industria denuncia pressioni psicologiche o mobbing.

I ritmi di lavoro sono sempre più elevati

•    Per 7 lavoratori dell'industria ticinese su 10 i ritmi di lavoro sono quasi sempre o sempre elevati.
•    Per 7 donne su 10 il lavoro svolto ha contribuito ad accentuare i problemi di salute; sono "solo" 6 uomini su 10 a pensarla allo stesso modo.
•    I giovani sono più esposti agli infortuni professionali: ad aver subito un infortunio sul posto di lavoro nell'ultimo anno sono stati il 10,3 per cento dei giovani contro una media complessiva dell'8,5 per cento.
•    Gli anziani sono più integrati nell'ambiente di lavoro: 6 su 10 dicono che c'è la possibilità di modificare l'ordine in cui svolgere gli incarichi, a fronte di una media generale del 42 per cento.
•    Inferiore alla media complessiva (44 per cento) gli straordinari svolti nell'industria metalmeccanica (28 per cento)
•    Un lavoratore su 2 dell'industria orologera si sente poco o per niente informato.

Un programma in cinque punti

Dall'inchiesta sulla salute nell'industria sono emersi cinque ambiti nei quali, secondo Unia, occorre sviluppare delle misure di tutela della salute:
•    Organizzazione del lavoro: formulare per tutti i processi lavorativi le misure che garanti-
scono la tutela della salute.
•    Sollecitazioni muscolo-scheletriche: analizzare tutti i posti di lavoro e definire le misure necessarie, tenendo conto che ad un medesimo posto di lavoro possono alternarsi persone di corporatura diversa.
•    Istruzione del personale: definire un piano dettagliato di istruzione di tutti i dipendenti, compresi gli interinali e gli esterni, prevedendo ripetizioni periodiche.
•    Partecipazione dei lavoratori: coinvolgere i dipendenti prima delle decisioni, permettere ad una delegazione dei dipendenti di partecipare alle ispezioni degli organi di controllo.
•    Collaborazione: istituzionalizzare la collabaorazione fra datori di lavoro, sindacati e organi di controllo.


Pubblicato il

03.07.2009 01:30
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