Poca festa per il Gottardo

25 anni e poco o nulla da festeggiare. Parrebbe questo il motto per la galleria autostradale del San Gottardo per quello che, altrimenti, sarebbe un giubileo sottolineato con orgoglio. Ma oggi il quarto di secolo passato dall’apertura al traffico del traforo, avvenuta il 5 settembre 1980, è piuttosto l’occasione per un bilancio a tinte molto contrastate, in cui le zone d’ombra sempre più tendono a cancellare quelle in luce. E questo non soltanto dal punto di vista di chi da sempre è stato molto critico nei confronti dell’opera e delle sue ripercussioni sulla popolazione, sul territorio e sull’ambiente. Certo, di mezzo c’è stata la tragedia del 24 ottobre 2001. Ma non solo: c’è stata anche una presa di coscienza da parte della popolazione svizzera che il modello di sviluppo dominante negli anni ’60 e ’70, quando la galleria fu progettata, finanziata e costruita, non è più sostenibile, e che l’aumento di mobilità, di scambi commerciali e di infrastrutture di per sé non garantisce maggior benessere. Così, a due riprese, il popolo ha detto no al raddoppio del Gottardo stradale, in votazioni il cui esito si può definire clamoroso, in quanto contrario al volere dei potentati economici e delle maggioranze politiche e indice di una volontà di cambiamento nel nostro modello di sviluppo che ancora non è stata recepita da chi governa e legifera. E forse fra altri 25 anni sarà questo, paradossalmente, il merito principale che si riconoscerà al tunnel stradale del Gottardo con i suoi morti, le sue colonne e il suo inquinamento: l’averci dimostrato l’insostenibilità sua e della filosofia di cui è figlio. Oggi però ci tocca ancora convivere con gli effetti collaterali che l’autostrada ha generato lungo il suo percorso. Fra questi i problemi di salute di chi è costretto a viverci accanto, il degrado urbanistico di un territorio diventato enorme periferia di un ipotetico centro, o i problemi di viabilità e di vivibilità che il traffico indotto genera. Eppoi c’è il destino dei 5 mila e più camionisti che ogni giorno passano dal Gottardo, cui è facile non pensare considerandoli corresponsabili del degrado quando in realtà pure loro ne sono vittime: costretti da una concorrenza sempre più spietata a rispettare ritmi di lavoro ormai intollerabili e condannati a condizioni di vita indegne (area ne ha parlato con un ampio dossier il 26 marzo 2004). Anche a loro si dovrebbe pensare specialmente quando, pur con ottime ragioni, ci si oppone ad un’area di sosta per i tir. Un’ultima annotazione: la retorica di 25 anni fa sottolineava quanto il traforo avrebbe avvicinato il Ticino al resto della Svizzera. È vero, quando non ci sono ingorghi persone e merci viaggiano più in fretta, ciò che ha certamente incrementato gli scambi a beneficio in particolare dell’economia ticinese. Ma davvero il Ticino è ora più vicino al resto della Confederazione? Non parrebbe proprio. Il Ticino continua a vivere in un mondo a parte, lontano dai dibattiti che si svolgono oltre Gottardo e tutto ripiegato su di sé. Prova ne sia la parossistica attenzione che i programmi della Rtsi dedicano a questo fazzoletto di terra, con un evidente degrado rispetto a quella che era la loro dimensione nazionale 25 anni fa. Ne tenga conto chi, fra dieci anni, pronuncerà i discorsi per l’apertura della galleria ferroviaria di base.

Pubblicato il

02.09.2005 00:30
Gianfranco Helbling
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