L'editoriale

“Una buona notizia”, “un annuncio incoraggiante”, “la strada imboccata è quella giusta”. Sono i commenti positivi e in parte autocelebrativi seguiti alla pubblicazione, martedì 24 settembre, dei premi dell’assicurazione malattie per il 2020, che mediamente a livello svizzero subiranno un moderato aumento dello 0,2 per cento (il più contenuto dall’entrata in vigore della LaMal), come peraltro avevano già anticipato tempo fa alcuni assicuratori particolarmente attenti al marketing.


Al di là del fatto che il livello dei premi è già insopportabile e che i cittadini di alcuni cantoni (tra cui il Ticino) subiranno comunque la solita stangata, le valutazioni tendenzialmente ottimistiche dei vari attori della sanità non devono illudere. Per diversi motivi.
Innanzitutto perché le previsioni ci dicono che nei prossimi anni l’aumento dei costi della salute sarà più importante di quanto è stato negli ultimi e questo avrà inevitabilmente ripercussioni sui premi. Gli assicuratori non mancheranno di ricordarcelo.


Si deve poi tener conto che le casse malati dispongono di una montagna di soldi (degli assicurati), sotto forma di riserve di molto superiori rispetto a quanto prescritto dalla legge, con cui “regolano” l’andamento dei premi anche a seconda dei loro interessi particolari. E dovendo annunciare quelli del 2020 a poche settimane dall’elezione delle nuove Camere federali in cui gli assicuratori devono confermare le loro potenti truppe di lobbisti, gli aumenti moderati rappresentano certamente un “aiutino”. Del resto fecero ricorso al medesimo trucco quando si trattò di combattere iniziative per premi proporzionali al reddito e per una cassa malati unica e pubblica. Cioè le sole misure che consentirebbero di superare i problemi principali dell’assicurazione malattie: un sistema di finanziamento fortemente antisociale in cui il miliardario paga come l’operaio, una partecipazione ai costi sempre più esorbitante da parte dei malati, la mancanza di trasparenza degli assicuratori e i loro sperperi.


Trattandosi di proposte che sì sono già state bocciate in votazione ma che acquistano viepiù consenso nell’opinione pubblica ormai confrontata col fenomeno della medicina a due velocità (una per i ricchi e una per tutti gli altri), i difensori dell’attuale sistema iniquo devono in qualche modo dimostrare che in fondo si può andare avanti così: apponendo cerotti qua e là, razionando un po’ le prestazioni e chiamando alla cassa assicurati e malati.


Assai rivelatrice è una frase pronunciata da un candidato di destra al Consiglio nazionale in un recente dibattito televisivo: “Dobbiamo fare di tutto per evitare che l’idea nefasta di una cassa malati unica torni in auge”. Che la tregua concessa per il 2020 rientri in questa logica?

Pubblicato il 

25.09.19
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