Ricominciare dallîntegrazione

La discussione emotiva sugli stranieri che non parlano la nostra lingua e che hanno usanze e costumi diversi dai nostri si è accesa già negli anni 60. Benché allora i lavoratori esteri provenissero prevalentemente dall'Italia e dalla Spagna, il malcontento era ugualmente diffuso, soprattutto nella Svizzera tedesca come emerse nella votazione sull'iniziativa Schwarzenbach, respinta nel 1970 di misura. E se da una parte il Consiglio federale cominciava a parlare della necessità di una migliore integrazione della popolazione straniera, dall'altra concretamente sia a livello federale sia a livello cantonale non si fece nulla. In diverse città, invece, si formarono delle commissioni miste, delle comunità di lavoro, per studiare e promuovere l'integrazione. Nacque l'iniziativa "essere solidali", sviluppata da un'associazione cattolica che propugnava un nuovo approccio: dare agli stranieri uguali possibilità sul mercato del lavoro e rispetto alle assicurazioni sociali, abolendo le discriminazioni nelle rispettive leggi.
L'iniziativa fu affossata dal popolo nel 1980, ma una delle sue proposte-cardine – realizzare un'effettiva parità di opportunità per tutti e far partecipare i migranti al successo economico, sociale e culturale del nostro paese –  è diventata, nel frattempo, l'idea chiave dei programmi d'integrazione di Neuchâtel e Basilea-Città, due cantoni pionieri su questo versante.
Che l'integrazione sia un processo che presuppone l'attiva partecipazione degli stranieri e l'apertura e la disponibilità degli svizzeri è oramai riconosciuto a livello federale come  pure da parecchi cantoni. Eppure ancora oggi un cantone come Argovia vede l'integrazione come adattamento unilaterale degli stranieri alla società svizzera. Senza contare che già 36 anni fa il Consiglio federale nominò la commissione degli stranieri, ciononostante solo dal 2001 la Confederazione sostiene finanziariamente dei progetti d'integrazione. Anche i socialisti, per molto tempo, non si sono occupati molto dell'integrazione e delle difficoltà derivate da una massiccia presenza di stranieri che in parte non parlano la nostra lingua, con evidenti conseguenze negative per i loro figli nelle nostre scuole. La sinistra ha lasciato sia questo campo sia quello riguardante l'asilo all'Udc che ha coniato ad hoc l'immagine dello straniero nemico sfruttando e generalizzando spudoratamente le pecche di singoli stranieri. In questo gioco politico la sinistra si è trovata costretta ad un ruolo "reattivo" assumendo la difesa degli stranieri, un ruolo talvolta scomodo. Di recente il Partito socialista svizzero (Pss) si è finalmente ricreduto e ha presentato, dieci giorni fa, un ampio documento sull'integrazione (vedi area n.45 del 10.11.06). Riprendendo l'insegnamento dei cantoni pionieri il Pss propone, tra l'altro, l'integrazione degli stranieri a partire dal loro arrivo in Svizzera, un sostengo mirato ai giovani problematici perché possano trovare un posto di lavoro chiedendo al contempo un maggiore sforzo agli stranieri nell'apprendimento della lingua. Così, con questi strumenti e dopo lo choc delle votazioni sulle leggi riguardanti l'asilo e gli stranieri, sarà più facile costruire delle alleanze per una vera offensiva in favore dell'integrazione.

Pubblicato il

17.11.2006 12:30
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