Ricordare le vittime di tutti i terrorismi

L’attentato che ha fatto tre morti durante la maratona di Boston ha fatto parlare per più giorni i media di tutto il mondo, con paginate in tutti i giornali ed ore di trasmissioni televisive e radiofoniche. Alla maratona di Londra, che ha avuto luogo la settimana dopo, decine di migliaia di partecipanti hanno portato il lutto. Non ho naturalmente niente da ridire a che si condanni il terrorismo e che ci si ricordi delle vittime.


Purtroppo però tanti, troppi altri morti, anch’essi spesso vittime del terrorismo, soprattutto di quello di Stato, non vengono neanche menzionati. Penso alle stragi regolarmente compiute dai droni americani in Afghanistan e in Pakistan, dove spesso a morire sono soprattutto donne e bambini: morti che vanno a finire nella rubrica “danni collaterali” e che si ritrovano in qualche notizia a piè di pagina nei nostri media. Questo è solo un esempio, e forse neanche il peggiore. Basti pensare che da noi quasi non si è parlato del lavoro scientifico recentemente pubblicato da Lancet il quale certifica che la guerra scatenata da Bush per il possesso del petrolio in Iraq ha provocato perlomeno 150.000 morti civili.


Forse val però la pena di scopare anche davanti alla porta della nostra casa. Se un rifugiato ruba 50 franchi o si rende colpevole di una scorrettezza, per giorni certi nostri media (soprattutto Teleticino) ne parleranno a profusione, incitando eventualmente anche la popolazione a darsi da fare e addirittura ad organizzarsi affinché queste cose non capitino più. Quando però si tratta dei cosiddetti “omicidi bianchi”, cioè di quei morti sul lavoro da sempre dovuti a mancanza di misure di sicurezza o a ritmi lavorativi troppo elevati, poco o niente se ne parla. Non è ancora passato un terzo dell’anno e già abbiamo avuto tre morti sul lavoro nell’edilizia. Parlare sempre solo di fatalità diventa a questo punto un insulto alla ragione, come nel caso dei “danni collaterali” dei bambini afghani. E ancora mi vengono in mente alcune statistiche: quelle che indicano per esempio come l’aspettativa di vita degli operai edili sia qui da noi di una decina di anni inferiore alla media, oppure la famosa frase di quel sindacalista inglese che diceva: «Affinché i lavoratori non qualificati abbiano la stessa aspettativa di vita dei managers, ogni giorno dovrebbe cadere un jumbo pieno di dirigenti d’azienda».


Forse val la pena di ricordarsi di questi fatti ora che i circoli padronali svizzeri stanno preparando una campagna contro “la lotta di classe scatenata dalla sinistra e dai sindacati”, colpevoli di aver lanciato a livello federale diverse iniziative come quella dei salari minimi, quella per un aumento del 10 per cento delle pensioni Avs o la temutissima iniziativa dei giovani socialisti “1:12” che vuole rendere efficace e non lasciare lettera morta quanto il popolo svizzero ha appena accettato a grande maggioranza con l’iniziativa Minder. Ma di tutto ciò avremo occasione di riparlare ben presto.

Pubblicato il

23.05.2013 14:06
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