Roaccutan: il male oscuro

Prendere un medicamento per curare una fastidiosa acne e ritrovarsi in uno stato depressivo tale la cui unica via di uscita sembra essere quella di togliersi la vita. Sembra la trama di un film dell'orrore, ma nella realtà si sta trasformando da dubbio a ipotesi sempre più concreta. Il Roaccutan, medicamento prodotto e immesso nel mercato nel 1982 dalla multinazionale farmaceutica elvetica Roche, è il farmaco più venduto per combattere l'acne. Lentamente però nella comunità scientifica è andato concretizzandosi il dubbio che tra i 152 effetti collaterali negativi del Roaccutan potesse esserci anche la depressione con conseguenze letali tramite il suicidio. Di recente anche il governo cantonale ticinese ha preso posizione sul farmaco Raoccutan e i rischi connessi ad un suo uso, spesso banalizzato, definendo fondati i dubbi sulle sue conseguenze sullo stato psichico. L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha registrato un migliaio di suicidi tra tentati e riusciti. Per le autorità americane questo numero andrebbe moltiplicato per 100, poiché solo l'un per cento dei casi finisce nella banca-dati dell'Oms.

Nella risposta ad una interrogazione parlamentare del deputato Gianrico Corti e cofirmatari, il Dipartimento della sanità e socialità informa di aver avviato qualche mese fa un'indagine conoscitiva sull'impatto del Roaccutan presso i dermatologi, gli psichiatri e i pediatri attivi sul territorio cantonale. Purtroppo come rivela lo stesso governo cantonale, solo il 35 per cento ha risposto al questionario (confronta articolo in basso a destra).
Ma qual è stato il percorso che ha portato alla decisione di monitorare l'ampiezza del nesso causale tra Roaccutan e tendenza al suicidio nel cantone? È perlomeno sorprendente che si nutrano dei dubbi di tale portata su un farmaco tra i più utilizzati e da oltre 20 anni in commercio.
La casa farmaceutica produttrice Roche ha continuato ad affermare che il legame di causalità fra il farmaco e gli effetti indesiderati neuropsichici "non è provato". Ma grazie alla costanza di genitori che hanno perso i propri figli e a ricercatori coraggiosi che hanno intrapreso studi scientifici sul tema, lentamente ma inesorabilmente si è arrivati ad incrinare la certezza scientifica presentata dal produttore farmaceutico.
In Svizzera, l'opinione pubblica è stata informata del lento emergere di una possibile contro-verità sugli effetti del Roaccutan grazie ad una serie di documentari della trasmissione d'inchiesta giornalistica Falò della Televisione della svizzera italiana. Documentari poi ripresi dai canali nazionali in lingua tedesca e francese, dando quindi una valenza nazionale. In "Morire per la pelle" e "Pillole amare" di Falò si scopre la storia di tre padri che hanno visto i loro figli suicidarsi dopo aver curato l'acne con il Roaccutan. Il padre che ha avuto la maggior possibilità di far conoscere la propria triste storia e al contempo rendere noto il problema è stato il deputato al Consiglio degli Stati Uniti Bart Stupak. Assolutamente convinto che suo figlio amasse la vita e gli fosse dunque impossibile pensare di togliersela come invece aveva fatto a diciassette anni, Stupak ha iniziato un'inchiesta per appurare le voci che indicavano nel Roaccutan la causa del desiderio di suicidio in certi soggetti. L'insistenza e la fama di Stupak hanno portato alla luce numerosi casi negli Stati Uniti che indicavano l'esistenza di una correlazione tra il Roaccutan e i comportamenti suicidali. Casi talmente significativi che l'ente federale americano incaricato della vigilanza sui farmaci, la Food and drug administration, ha obbligato la Roche ha scrivere in modo chiaro ed evidente nelle avvertenze i possibili rischi per la psiche conseguenti all'assunzione del farmaco. Un'altra storia raccontata dai documentari di Falò è quella di un altro padre tenace nella ricerca della verità sulla morte del figlio, riguarda il caso dell'irlandese Liam Grant. Quest'ultimo ha fatto causa alla Roche per il suicidio del figlio. La multinazionale farmaceutica ha cercato un accordo, offrendo un milione di dollari a Grant in cambio della rinuncia al proseguimento della vertenza legale. Grant ha rifiutato. Ma vi è anche la storia di un padre di nazionalità svizzera, residente in Ticino, che ha perso il figlio, suicidatosi anni dopo l'assunzione del Roaccutan. Suo figlio lo ha addirittura assunto prima ancora che il Roaccutan fosse messo in commercio, dunque come cavia, anche se non ha mai firmato un documento in tal senso. È solo con il passare degli anni, con le informazioni spicciole che giungevano sui media di un possibile legame tra Roaccutan e suicidio, che il padre ha potuto farsi un'idea delle ragioni della morte di un figlio, che al pari del figlio del deputato Stupak, amava la vita.
Storie di piccoli "Davide" costretti a combattere contro un gigante industriale mondiale, contro un Golia che dalla vendita del farmaco Roaccutan fa grandi affari, tanto che per due decenni il medicamento è stato il campione d'incassi della multinazionale svizzera. Ma sono storie che sembrano aver fatto breccia attraverso un muro del silenzio grazie alla diffusione dei documentari del servizio pubblico televisivo, tanto che anche Swissmedic, il corrispettivo elvetico della Food and drug administration statunitense, ha costretto la Roche a rendere più esplicito il contenuto del foglietto illustrativo del farmaco sul rischio di depressione e suicidio. Un'opinione pubblica giustamente informata che ha dato avvio anche ad iniziative intraprese da autorità come il governo ticinese per una migliore informazione sui pericoli ai medici competenti, avviata in parallelo all'indagine conoscitiva prima citata. Molto rimane ancora da fare, sia a livello di studi scientifici indipendenti da interessi economici e di un'informazione capillare dei rischi vista la banalizzazione della problematica, acuitasi grazie al proliferare di medicamenti generici dal 2002, ossia da quando è scaduto il brevetto che per venti anni ha reso il farmaco di proprietà esclusiva della Roche.

Dubbi fondati per il governo
Anche l'autorità cantonale ticinese prende posizione sul farmaco

"Considerata la reiterata presenza, in oltre venti anni di commercializzazione del farmaco, di segnalazioni di effetti secondari anche gravi e delle molte pubblicazioni in letteratura, pur restando la materia controversa, il principio di precauzione si impone. È dunque importante che i medici segnalino al paziente i rischi connessi all'assunzione di questo farmaco e che osservino attentamente le condizioni di salute e psicologiche del paziente stesso." Si conclude così la risposta trasmessa in questi giorni dal Consiglio di stato del Cantone Ticino ad un'interrogazione parlamentare presentata dal granconsigliere Gianrico Corti e cofirmatari dal titolo: "Roaccutan, speranza, rischi e salute pubblica".
Nella sua risposta il governo ricorda che l'organo competente in materia di omologazione dei medicamenti in Svizzera è l'Istituto svizzero degli agenti terapeutici (Swissmedic). Questo ente ha stabilito che solo un medico con comprovata esperienza nel trattamento di gravi forme di acne, e che sia a conoscenza dei rischi, può prescrivere il Roaccutan, ottenibile in farmacia esclusivamente con ricetta. Il governo comunque sottolinea che "le preoccupazioni sono indubbiamente fondate per i pazienti che non presentano forme di acne gravi. Sembra infatti che siano molti i pazienti che ricevono il Roaccutan in prima battuta o come trattamento di forme non gravi". Un comportamento inaccettabile "nell'ambito delle misure di protezione della salute pubblica" afferma il governo cantonale, che sottolinea come qualora un medico lo prescriva per indicazioni diverse da quelle ufficialmente ammesse, ne assume integralmente la responsabilità". Nella sua risposta, il governo informa inoltre sull'evoluzione del mandato al Centro regionale di farmacoviglianza di un'indagine  retroattiva presso i dermatologi e gli psichiatri sulle reazioni psichiatriche legate all'uso del Roaccutan. Annunciando che entro l'estate arriveranno i primi risultati dello studio, la massima autorità cantonale ricorda che lo scopo dell'indagine "è la raccolta di casi per definire l'entità del problema sul territorio e fornire alle autorità sanitarie nuovi elementi di valutazione". Il governo rivela che dei "quasi 300 questionari spediti ne è purtroppo rientrato soltanto il 19 per cento, per cui è stato necessario un secondo invio. Attualmente il tasso di risposta è del 35 per cento". Infine, nella sua risposta il governo rende atto ai lavori giornalistici "di aver saputo portare in modo serio e documentato la questione al vasto pubblico", spingendo Swissmedic "a prestare maggiore attenzione al rischio di depressione e suicidio associata al Roaccutan".

"Fate attenzione"
I parenti delle vittime commentano la risposta

Nei documentari trasmessi dal servizio pubblico televisivo della Svizzera italiana, il padre di un ragazzo ticinese morto suicida dopo una cura con il Roaccutan, lanciava un appello affinché altre presunte vittime si facessero avanti. L'appello non è caduto nel vuoto. Per prima cosa è nata l'Associazione vittime del Roaccutan e Generici (Avrg), composta da un gruppo di persone che si ritengono vittime di questo farmaco e dai loro familiari.
Lo scopo è di informare, documentare e assistere le vittime del Roaccutan e generici.
In secondo luogo, l'appello ha permesso all'associazione di raccogliere 260 segnalazioni e 81 casi ben documentati sono stati trasmessi a Swissmedic, l'autorità svizzera per la sicurezza dei farmaci. Fra questi, rileva l'associazione, «9 suicidi compiuti, 21 casi di pensieri suicidali, 6 tentativi di suicidio, 6 casi in cui la morte è avvenuta per le conseguenze del trattamento (per esempio anoressia). Di questi, 16 casi sono relativi al Ticino". L'Avrg fa notare come la stragrande maggioranza di questi casi non era mai stata segnalata a Swissmedic. L'autorità sanitaria infatti, per poter intervenire a livello di prescrizione presso le case farmaceutiche, necessita di aver un numero di casi significativo. Il connubio tra la pubblicità di un possibile legame tra Roaccutan e suicidi tramite i documentari televisivi e la creazione di un'associazione a tutela di chi si sente vittima, hanno dunque reso un importante servizio nel campo della salute pubblica.
Swissmedic ha chiesto sei mesi di tempo per analizzare i dossier ed in seguito valuterà se intervenire o meno presso l'industria farmaceutica. L'Avrg si è inoltre espressa sul contenuto della risposta dell'autorità cantonale all'interrogazione parlamentare (si veda articolo a lato).
In merito allo scarso numero di questionari compilati da dermatologi, psichiatri e pediatri (35 per cento su 300 formulari che richiedo meno di 3 minuti per essere compilati, ndr.): «l'Avrg non nasconde la sua delusione per la scarsa attenzione con cui l'indagine delle autorità è stata accolta e rivolge un caldo appello ai medici interpellati, affinché prestino la loro collaborazione nell'interesse dei pazienti, ma anche degli operatori sanitari interessati. E invita medici, familiari e pazienti a prestare massima attenzione ai rischi di questo farmaco"

Pubblicato il

04.04.2008 01:00
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